Paris Haute Couture salvata da Iris van Herpen

Qualche considerazione sulla rassegna fashion andata in scena pochi giorni fa a Parigi. Fra le innumerevoli proposte fuori mercato di tante maison, le collezioni di Iris Van Herpen hanno saputo distinguersi grazie a una volontaria e spiccata tendenza alla sperimentazione.

Nel totale vuoto di senso che accompagna le presentazioni in corso della Haute Couture parigina uno spiraglio di luce lo ha aperto Iris van Herpen. E questo nonostante le modalità della presentazione dei suoi sedici capi rientrino nel quadro più classico della sfilata con tutto il suo caravanserraglio di stilemi: la passerella, la platea disposta a destra e a sinistra, le modelle apparecchiatissime, la musica, le luci, gli applausi e l’uscita finale del “creatore/ice” sempre un po’ commosso/a.
Ormai da decenni la HC è un mero esercizio mediatico per sostenere vendite di profumi e saponi. E insieme un gesto di vanità di stilisti attempati, cui si affianca un sostegno al benchmark dei marchi capofila dei gruppi del lusso.

IPOTETICI DESTINATARI

A chi dovrebbero essere destinati, infatti, questi abiti fuori contesto esibiti come inarrivabili forme d’arte applicata? Basta scorrere la classifica dei primi paperoni del mondo occidentale per rendersi conto che il loro stile (e quello della loro eventuale corte) ha poco, diciamolo, e niente a che fare con le proposte parigine. Bill Gates e Paul Allen? New economy, non è questo che fa per loro. Bernard Arnault, François-Henri Pinault, Armando Ortegas e Stefan Persson?  Sono loro a confezionare abiti per gli altri. Dubito che l’italiana Maria Franca Ferrero si abbandoni a tali mollezze. Quanto ai cinesi e alle cinesi ci ha pesato XI che è pure marito della bella e celebre cantante Peng Liyuan, a dare una bella sferzata a dignitari propensi a lussi poco in sintonia con un partito che ancora si definisce comunista come quello cinese. Restano le mogli degli emiri e magari di qualche big man africano. Di questi tempi, però, a ricordare la moderazione ci sono, per i primi, la diaspora raccolta sotto la sigla Isis, per i secondi le formazioni di Boko Haram.

Paris Haute Couture. Iris van Herpen

Paris Haute Couture. Iris van Herpen

VIA LIBERA ALLA SPERIMENTAZIONE

E dunque? E dunque ben vengano le sperimentazioni di Iris van Herpen, la designer olandese ormai riconosciuta come una punta di diamante della ricerca estetica nel fashion. Between the lines così ha intitolato la presentazione, avvenuta lunedì 23 gennaio, di 16 oggetti da indossare ottenuti lavorando poliuretano precedentemente colorato a mano e ri-dipinto, sempre manualmente, durante il processo di stampaggio a iniezione. Applicato su tulle di seta leggero, questo materiale raggiunge effetti grafici che accompagnano le linee del corpo o lo celano dietro effetti grafici simili a una scomposta cristallizzazione. Si tratta di pezzi (definirli abiti non è sufficiente) da esposizione, eppure alcuni di loro non si allontanano da una portabilità, magari non quotidiana, ma accettabile in alcune (poche) occasioni.
A che servono? Non è questa la domanda da porsi. A che serve l’arte di Esther Stocker cui Iris Van Harper si è ispirata? La ricerca, anche quella effettuata in campo tessile, non è mai fine a se stessa: anche se spesso non si sa dove porta. Purché non si spacci come tale un prêt-à-porter appena un po’ più decorato. Se deve essere ricerca, che ricerca sia!

Aldo Premoli

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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