Milano Fashion Week. Arbesser e de Vincenzo: cultura mitteleuropea e scuola romana in passerella
Ultimi scampoli della fashion week milanese. Un designer che arriva dall’Austria e un altro che incarna le sperimentazioni della scena romana. E a dominare sono le ispirazioni visionarie.
COME BAMBOLE IN PASSERELLA, TRA FAVOLE E CABARET
È la poesia di Peter Handke, sullo sguardo del bambino celebrato da una delle scene più belle de “Il cielo sopra Berlino” di Wenders, a ispirare la collezione Fall/Winter 2017/18 di Arthur Arbesser.
Una guida emotiva talmente efficace da portare a una delle più intense collezioni viste a Milano in questi giorni. Anche il giovane designer viennese propone la sua favola, ma le donne che sfilano in passerella hanno una precisa identità romantica, con il look che esalta il punto di vista del bambino: trucco e capelli come segni grafici ai limiti del grottesco, un po’ Grosz, un po’ alla maniera delle bambole.
Il balzo è fino ai fumosi Cabaret di Fassbinder, dove la bellezza fa sempre i conti con un presagio altro, dove tutto è raffinato ma velato di malinconia. La caserma del 1800 di via Vincenzo Monti accoglie il pubblico con una glaciale luce bluastra, proiettata su vecchi muri verniciati di azzurro, ma è soprattutto una serie di forni, dove in tempo di guerra veniva cotto il pane per Milano, a inquietare ed evocare il teatro.
Così Arbesser mette in scena le sue infinite variazioni su tema, raccontando una donna fuori dal comune: a volte bambina, poi androgina, con spettacolari gessati guarniti da file di preziosi cristalli, grazie alla collaborazione con Swarovski; vestita da una maglieria trattata in modo sperimentale, creando pattern e intarsi con inserti quasi invisibili di jacquard geometrico. È un guardaroba aristocratico e contemporaneo, in cui la tradizione eccellente del casentino toscano e del loden austriaco si unisce alla voglia di trasgressione, fra tessuti metallici e plastica rosa. Un’immagine e una sceneggiatura perfettamente risolta. Perfette anche le calzature, con Arbesser che realizza, insieme a Vibram, una capsule di assoluta avanguardia.
UNA STELLA DELLA SCUOLA ROMANA
La collezione di Marco de Vincenzo è il punto di congiunzione fra Gucci e Fendi. La dimostrazione che la Scuola Romana, identificata qualche tempo fa da Maria Luisa Frisa, cresce con determinazione e cammina a testa alta in un contesto internazionale.
De Vincenzo è uno di quei personaggi che si distinguono per la dolcezza e l’attitudine seria al lavoro; di quelli che sanno misurare la realtà con la fantasia. Colori e materiali disegnano outfit in armonia con un messaggio visionario contemporaneo, ma il volo non è mai incosciente, non rischia mai di perdersi.
Femminile e maschile sono riconoscibili, la sua silhouette esalta ancora una figura “normale”: il suo esercizio più complesso lo esprime col tessuto.
Tante giacche e cappotti di pelliccia colorata, abiti e camicette svolazzanti in contrasto con accessori che negano un’immagine antica, proiettandola verso un futuro surreale. Nelle plissettature geometriche e nelle costruzioni di pieghe o ruches, il mix fra artificiale e naturale si compie con la materia. Si tratta di quel tipo di codice che a lui riesce molto bene, da sempre, e che dovrebbe segnare di più le collezioni, garantendogli definitivamente un’identità autonoma, sia nel contesto della scuola romana che altrove.
– Clara Tosi Pamphili
arthurarbesser.com
marcodevincenzo.com
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