Apre a Palazzo Pitti di Firenze “Il museo effimero della moda”
Inaugurata in concomitanza con la 92esima edizione di Pitti Uomo, la mostra “Il museo effimero della moda” induce a riconsiderare il concetto stesso di esposizione di abiti. Interrogando i visitatori sul destino di abbandono delle creazioni tessili se private della funzione originaria.
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C’è qualcosa di poetico nell’invito a rallentare il passo che si può cogliere nella mostra “Il museo effimero della moda. Appunti per un museo ideale”, nuovo risultato messo a segno all’interno del programma triennale, siglato lo scorso anno, tra le Gallerie degli Uffizi, guidate da Eike Schmidt, e il Centro di Firenze per la Moda Italiana, presieduto da Andrea Cavicchi. Un velo di poesia che sia quanti conoscono – o immaginano – la frenesia delle giornate di Pitti Uomo, sia quanti hanno consapevolezza dei ritmi incessanti della produzione tessile contemporanea non tarderanno a scorgere nel progetto espositivo ideato e curato da Olivier Saillard. Prodotta dalla Fondazione Pitti Immagine Discovery – con Agenzia ICE e MIDE –, la mostra si snoda tra diciotto sale della Galleria del Costume di Palazzo Pitti. Circa 200 tra abiti e accessori, eterogenei per fattura, epoca e atelier di realizzazione e, non da ultimo, stato di conservazione, dimoreranno fino al 22 ottobre prossimo in un’atmosfera di attesa e sospensione, appoggiati su manichini di legno, su sedie, poltrone e altri “simulacri decorativi che il Palazzo ha accumulato nel corso dei decenni”, come ha precisato Saillard. Rispetto alla precedente esperienza con Karl Lagerfeld – Visions of Fashion, emerge con immediatezza emerge il cambio di rotta nell’allestimento, quest’anno incline verso una dimensione di provvisorietà e privo di estensioni nelle altre sale espositive.
LA POESIA DELLA MANCANZA, TRA ABITI IN ATTESA E ALTRI “IN PERICOLO”
Al pari di “naufragi di un museo misterioso, fragile e caduco”, destinati a scomparire o, forse, diretti a nuova vita ma pur sempre tra “mura infedeli”, gli abiti in mostra, selezionati nell’arco che da metà Ottocento si estende fino ai giorni nostri, svelano la persistenza della propria forza creativa e, talvolta, destano l’attenzione per la commovente fragilità. Nel percorso, infatti, accanto a modelli esposti per la prima volta si affiancano esemplari giunti all’ultima chance di “pubblica visibilità”. È questo il caso del vestito avorio appartenuto alla stilista Madeleine Vionnet, avviato alla perenne permanenza in archivio poiché la sua seta sovraccarica, fragilissima, sfugge a qualsiasi restauro. “Presentato in piano, su una gruccia o su un busto fittizio di legno o di vimini, l’abito diventa muto. Per questo motivo ci sono visitatori che disapprovano la pratica dell’esposizione, mentre incensano quella dinamica della sfilata. Alcuni stilisti e creatori sono del medesimo avviso e non si riconoscono nell’installazione statica e fissa, che tuttavia permette di dilatare il tempo di osservazione.” – Ha indicato il curatore Saillard, attuale direttore del Palais Galliera Musée de la Mode de la Ville de Paris e artefice anche della retrospettiva “Balenciaga, l’oeuvre au noir”, appena inaugurata nella capitale di Francia.” Confrontando le collezioni della Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze e quelle del parigino Palais Galliera, abbiamo voluto mettere fianco a fianco creatori anonimi e stilisti celebri, costruire e decostruire una storia libera dell’apparenza.” Il risultato è una narrazione nella quale tanto le opere quanto la potenza evocativa della parola scritta, impressa nelle didascalie, inducono al silenzio e alla contemplazione. Un assaggio in questa gallery fotografica.
– Valentina Silvestrini
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