Stare fuori dal mondo. Sull’ultimo spot di Fendi
Scorrazzare per lande desertiche con pelliccia e articoli in pelle: che senso di libertà… Peccato che in scenari simili stiano morendo migliaia di persone. Ecco perché Fendi ha fatto uno spot completamente fuori luogo. È l’analisi di Aldo Premoli.
Mi è già capitato di esprimermi su Artribune circa l’incongruenza dell’ultima campagna pubblicitaria Dior donna autunno/inverno 2017-18. Ma ancora non avevo visto quella uomo di Fendi. Ora mi domando: ma gli art director esistono ancora? La risposta me la do da solo: raramente. Da parecchio tempo il fotografo che affronta una campagna pubblicitaria fa tutto da sé, non sono ammessi dialogo né intromissioni.
LO SPOT
Non so chi abbia costruito per questa collezione uomo di Fendi l’immagine e il filmato che circola sui media di tutto il mondo in questo momento, ma certo lo ha fatto in assenza di gravità.
Mai sentito parlare della spaventosa siccità che mette a repentaglio milioni di vite umane in Sudan?
Un giovanotto in pelliccia con vasta tracolla in preziosa pelle (due pezzi iconici per la maison romana ora di proprietà dei francesi di LVMH) si volge verso la camera mentre è in cammino su uno sterrato sabbioso circondato da pietre rossicce, che non possono non ricordare quelle di molti altri deserti, dal Sahel al New Mexico. In realtà lo shooting si è svolto a Lanzarote, nelle Canarie, le isole spagnole situate di fronte al Marocco. Appena meglio il filmato dove allegri giovanotti griffati saltellano come cerbiatti su un terreno misto di sabbia e roccia che termina a mare.
GREENWASHING IN ASSENZA DI GRAVITÀ
Ora, è vero che ciascuno di noi possiede un tempo limitato per informarsi, e ancor meno per approfondire, ma al fotografo, a tutta la sua troupe di assistenti, stylist, parrucchieri e truccatori, a chi ha costruito la grafica, a chi ha approvato l’immagine e l’ha fatta pubblicare, all’erede della dinastia Silvia Venturini Fendi… proprio a nessuno è passato per la testa che un’ambientazione come questa non può non ricordare che in luoghi molto simili si sta svolgendo una tragedia che coinvolge decine di migliaia di persone ogni anno?
Mai sentito parlare della spaventosa siccità che mette a repentaglio milioni di vite umane in Sudan? Mai sentito parlare di migrazioni epocali dall’Africa sub-sahariana o dal confine messicano? Possibile che nel felpato mondo del fashion nessuno ne abbia percepito qualche lontana eco? Per strizzare l’occhio alla crescente sensibilità verde si sceglie un paesaggio arso e bruciato. Ma cosa c’è di ecologico in una pelliccia e in accessori costruiti con concia inevitabilmente inquinante?
C’è da rimanere senza parole. Avevo intitolato provocatoriamente il mio testo sull’advertising di Dior Trendy o cretino?. Ma qui siamo oltre e la provocazione sarebbe fuori luogo. Prevale lo sconforto.
– Aldo Premoli
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