Un architetto che costruisce abiti come se progettasse edifici. E alla base di queste strutture tessili, che si aprono in modo inconsueto all’interazione con lo spazio circostante, giocano il ruolo di fulcro portante i bijoux, apparentemente preziosissimi, in realtà frutto di un sapiente mixage di materiali eterogenei, anche poveri: talvolta appariscenti, in altri casi dal fascino un po’smorzato, eppure sempre molto accattivante. Con inversione di ruoli, Gianfranco Ferré (Legnano, 1944 ‒ Milano, 2007), stilista e architetto (si laureò al Politecnico di Milano nel 1969), prima affermatosi come uno dei nomi più luminosi della moda italiana, poi assurto al ruolo di direttore creativo della Maison Dior, fece infatti del bijou non più un accessorio-orpello ‒ che si sovrappone al capo come una virgolettatura sottolinea la forza espressiva di una parola già di per sé significante ‒bensì un elemento imprescindibile nell’ideazione di un abito, se non addirittura l’incipit da cui prendere slancio nella progettazione.
LA MOSTRA
Oggi una mostra allestita da Franco Raggi, che fu a lungo collaboratore dello stilista-architetto, presenta a Palazzo Madama a Torino una selezione di bijoux (più di 200) firmati da Ferré tra il
1980 e il 2007 per le sue collezioni moda, mettendo in luce i vari aspetti della loro natura, anche in relazione ai capi stessi con i quali furono concepiti. Curata dalla critica d’arte Francesca Alfano Miglietti, la mostra Gianfranco Ferré. Sotto un’altra luce: gioielli e ornamenti colpisce sia per l’intrinseco contenuto sia per il dialogo che spontaneamente si instaura tra gli oggetti-gioiello esposti e la fastosa location che legò il suo nome a quello delle regine Maria Cristina di Borbone e Maria Giovanna Battista di Savoia.
TRA PASSATO E SPERIMENTAZIONE
Un omaggio ai fasti del passato? Certamente. Ferré dichiarò: “Pur convinto assertore della sperimentazione, con eguale entusiasmo amo esprimere nei miei gioielli tutto il mio amore e la mia devozione per le forme del lusso appartenenti alla tradizione”. Alfano Miglietti scrive in catalogo: “Che sia ferro, pietre o legno, Ferré entra totalmente in simbiosi con la materia, plasmandola, manipolandola, con un lavoro corporeo…”. Di fatto lo stilista-architetto, alchimista per vocazione, concentrò nel “gioiello” una molteplicità di rimandi: dai tesori delle corti rinascimentali ai segni dello sfarzo di culture lontane – cinese, giapponese, indiana, amazzonica, africana, polinesiana –, trasformando questo oggetto simbolico sia in elemento costruttivo dell’abito che in apparizione onirica. Grazie a inesauribili coup de théâtre che dall’arte attingono forza comunicativa e del corpo fanno luogo scenico per eccellenza.
‒ Alessandra Quattordio
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