Gualtiero Marchesi era un personaggio italiano di cui andare fieri, di quelli che hanno saputo portare a livelli mondiali la nostra fama, noto e rispettato per il proprio lavoro, una qualità sempre più rara oggi. Ho chiesto di scrivere sulla sua scomparsa perché, più che in altri casi anche a me più vicini culturalmente, ho avuto alla notizia della sua morte una malinconica duplice sensazione, come se fosse mancato un nonno e un grande sarto. Un uomo elegante, sempre in ordine, di quelli con il fazzoletto di cotone vero al taschino, raffinato ma coraggioso, capace di tener testa anche ai francesi “restituendo” le famose stelle Michelin. Marchesi ha usato la tradizione per rivoluzionare la cucina italiana, in maniera semplice, ma con grande stile, creando il famoso risotto allo zafferano con la foglia d’oro, la sua ricetta più famosa, un capolavoro concettuale e trascendente che incanta a prescindere. In questa epoca di spericolate variazioni sul tema culinario, quel piatto è un messaggio chiaro in mezzo a tanti segnali eccessivi e fuorvianti.
LA CASA DI RIPOSO PER CUOCHI ANZIANI
Oggi fare il cuoco è un lavoro affascinante e “cool”, mentre fino a qualche anno fa era una professione di cui non si andava molto fieri. Capisco, pensando alla vita di Marchesi, che un mestiere è sempre nobile se fatto bene ed è capace di cambiare la storia anche con una pentola o altri strumenti semplici. Mi dispiace vedere quanto siamo vittime del presente/futuro e quanto sia pericolosa questa continua gara di talenti proposta dai talent e dai social media, questa sbilanciata proiezione in avanti che ci fa trascurare il passato, nella cucina e in tutto l’artigianato. L’ultima cosa che ha fatto Marchesi è stata la fondazione della Casa di riposo per cuochi anziani, ma aperta ai giovani, un luogo dove poter ascoltare storie di cucina e di vita. Gualtiero era generoso e aveva il fascino dell’imprenditore illuminato e dell’artista, quanto di meglio per definire lo stile italiano che non sbaglia la cravatta e sa cosa va nel bollito. Mi ricorda un grande sarto perché l’Italia e la Francia hanno sempre “combattuto” nella cucina e nella moda, nelle due espressioni artistiche e artigianali che non nascono dal nulla, ma che sono radicate nelle tradizioni dei luoghi: formaggi, champagne e spumanti, vini come tecniche di ricamo e cuciture, tessuti e sete. Vorrei dire che vinciamo noi come vinse Gualtiero Marchesi, The Great Italian, perché l’Italia è un paese unico pieno di ricchezze. Se sai come usarle e trasformarle, puoi solo vincere.
MARCHESI COME DIOR
Guardando le immagini di Marchesi con il grembiule ho pensato a Christian Dior con il camice. Dior adorava l’Italia, è morto a Montecatini nel 1957 e ha scritto un libro di cucina in tiratura limitata, Le ricette cucite, illustrato da René Gruau, nel quale le pietanze abbondano di materie prime italiane come i carciofi o il radicchio. C’è un rapporto strettissimo fra la cucina e la moda, fra lo chef e il couturier. La gerarchia che vige in un atelier e in una cucina contempla rigore e sacrificio, manualità ed inventiva, creatività ed esperienza. Sono i luoghi dove si compie il miracolo della trasformazione, dove si reinventa alla ricerca di sapori ed effetti nuovi che si esprimono nell’impiattamento come in una sfilata. Rivedremo tra poco Gualtiero Marchesi su Sky Arte HD, da gennaio con Francesco Bonami che racconterà le opere di grandi artisti incrociandoli con i capolavori degli ultimi decenni del Maestro dell’Alta Cucina. Una bellissima idea, ma io vorrei che Gualtiero Marchesi fosse un personaggio di quelli che si studiano a scuola nel corso di storia: i grandi condottieri del Made in Italy, figure di cui andare fieri dell’età dei nonni.
– Clara Tosi Pamphili
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