LVMH (per intenderci Louis Vuitton) ha acquisito la società londinese Belmond per 3,2 miliardi di dollari. Belmond significa 46 hotel sparsi in 24 paesi al mondo, tra cui il Cipriani di Venezia, il Caruso di Ravello e lo Splendido di Portofino e il Timeo di Taormina. Fanno parte del suo portafoglio anche navi da crociera fluviali, ristoranti esclusivi, nonché servizi ferroviari come il Simplon-Orient-Express di Venezia e il Belmond Royal Scotsman. L’accordo stipulato con Belmond è il più oneroso tra quelli affrontati da LVMH dopo quello da 4,3 miliardi di euro del 2011 per l’acquisizione di Bulgari e quello da 6,5 sborsati nel 2017 per rilevare la quota di minoranza che ancora non possedeva ancora in Christian Dior.
L’ACCORDO SECONDO ARNAULT
L’accordo con Belmond inserisce di forza LVMH tra i nuovi protagonisti del “lusso esperienziale”, un segmento di mercato in rapida ascesa in particolare nel segmento viaggi e ospitalità. Due settori cresciuti negli ultimi 7 anni a un ritmo più sostenuto rispetto a quello dei prodotti moda dove il gruppo capitanato da Bernard Arnault è primo al mondo. Proprio intorno all’abbigliamento e agli accessori di alta gamma è infatti crescente la preoccupazione per una domanda che non sale più a due cifre come accadeva in passato soprattutto sui mercati asiatici. “Il nostro accordo con Belmond è del tutto coerente con la presenza di LVMH nel settore nel lusso” ha dichiarato Arnault Presidente e Ceo di LVMH al Financial Times. Arnault sa con certezza che il suo cliente sta cambiando pelle: la crescita di nuovi “high net worth” nel mondo è continua e lo spostamento verso il lusso esperienziale va di pari passo con il minore interesse per altri prodotti divenuti meno importanti rispetto al passato. Gli high net wort sono un gruppo in parte ben sovrapponibile con i crazy rich asian sino ad oggi vera delizia per ogni griffe moda: un’elite globalista formata soprattutto da giovani: generalmente dotati di istruzione superiore propensi all’acquisto di generi di lusso. Tutti gli analisti concordano sul fatto che il mercato dei beni di lusso tradizionali sta entrando in un nuovo periodo di incertezza, mentre la crescita di categorie come appunto viaggi, ospitalità, cibo e vino costosi rende sempre più interessanti i top performer di queste aziende.
LVMH NEL MONDO DELL’HOTELLERIE
Ecco dunque spiegata la mossa di LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, che tra l’altro non è un esordiente assoluto nell’hotellerie. Acquisendo Bulgari a partire dal 2011 ha continuato a sviluppare i suoi Bulgari Hotel (Milano, Londra, Bali, Beijing, Dubai e Shanghai). Possiede inoltre la catena Cheval Blanc, una collezione di proprietà di lusso: da Courchevel nelle Alpi francesi (la prima aperta nel 2006) alle Maldive e a Saint-Barthélemy. LVMH è certamente interessato a utilizzare questo nuovo potente portafoglio di nuovi “prodotti” anche per sostenere le vendite dei suoi “prodotti” più tradizionali. Primo polo mondiale del lusso LVMH possiede 70 marchi suddivisi in 6 aree merceologiche differenti. Abbigliamento (oltre a Christian Dior, Louis Vuitton, di Dior, Louis Vuitton, Fendi, Kenzo, Berluti Loro Piana…). Orologeria (Tag Hueur e Hublot, Bulgari e Chaumet…). Gioielli (Bulgari, Chaumet) e ancora Cosmetica e Distribuzione. Per niente ultimo c’è poi il settore vinicolo che comprende Hennessy, Glenmorangie, diversi vini d’alta gamma oltre a una leadership impressionante negli champagne (Moet & Chandon, Krug, Veuve Clicquot, Dom Perignon, Mercier, Ruinart …). Di Bernard Arnault e del suo gruppo è nota inoltre la frequentazione del modo dell’arte. Resta un solo dubbio. LVMH è un gigante e questa acquisizione accresce ulteriormente la sua massa critica. Ma proprio mente LVMH prende in carico strutture 5 stelle lusso altri grandi gruppi alberghieri (Mariott con Moxi, Starwood con Aloft, Hilton con Hampton, Radisson con Red, Best Western con Vib…) mostrano di volersi alleggerire diversificano il loro prodotto: propongono l’aria di casa propria della filosofia “Airbnb” disposi a cedere qualche stella per ottenere molti millennial in più.
– Aldo Premoli
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