Nato nel 2002, l’International Talent Support è cresciuto fino a diventare uno dei contest tra i più autorevoli a livello mondiale per talenti emergenti del fashion, del design d’accessori e di gioielli. Molti dei suoi 580 finalisti selezionati nel tempo occupano oggi posizioni chiave nei maggiori brand mondiali o hanno lanciato linee personali di successo.
L’anima di ITS è una triestina di corporatura sottile ma con una volontà d’acciaio. Per Barbara Franchin il fatto di essere nata nel capoluogo giuliano non è affatto indifferente: “Trieste possiede un punto di vista privilegiato, proprio perché decentrata rispetto a quelle che sono ritenute le capitali del design. Trieste ti consente di avere uno sguardo puro, non filtrato dalle visioni tradizionali del fashion”.
Nel 2001 Franchin ha dato vita a EVE, un’agenzia costruita intorno a un team appassionato di undici persone. Con EVE sviluppa progetti di concept design e art direction, pianificazione e produzione di eventi, graphic design, audiovisivi, shooting fotografici, design di siti web; ma in particolare si è specializza nel reclutamento di talenti, progettazione di collezioni e gestione di archivi. L’anno successivo Franchin dà vita all’International Talent Support, che il prossimo 12 luglio chiamerà a raccolta per la premiazione dei vincitori oltre 400 ospiti fra giornalisti, blogger, curatori, artisti e imprenditori del mondo della moda. Complici il suo amore – ma c’è pure un briciolo di follia ‒ per quello che lei definisce “creatività” (Franchin trova la parola fashion limitante) e una pulsione irrefrenabile a conservare, catalogare e poi condividere i materiali di cui è entrata in possesso, Franchin ha dato vita all’ITS Creative Archive: una collezione ricca di 18mila portfolio, 220 abiti, 120 accessori, 80 gioielli e oltre 700 progetti di fotografia digitale. Il tutto proveniente da 80 Paesi.
Tra le stanze del suo archivio, a due passi dal porto di Trieste, si sono aggirati in cerca di ispirazione designer di ogni nazionalità, mentre Björk, Kanye West, Rihanna o Tilda Swinton hanno attinto a più riprese da qui per i loro abiti di scena.
Per dar vita all’International Talent Support ogni anno lo staff di EVE si mette alla ricerca delle migliori espressioni creative provenienti da scuole di moda sparse in ogni angolo del globo.
ITS Creative Archive from International Talent Support on Vimeo.
I PROTAGONISTI
Tra le centinaia e centinaia di portfolio in arrivo vengono selezionati 27 finalisti, che passano poi al vaglio di una giuria dove hanno transitato nomi come quelli di Marina Abramović, Oriole Cullen, curatrice del dipartimento di moda del V&A Museum di Londra, Valerie Steele, direttrice del museo del Fashion Institute of Technology, dello scrittore Colin McDowell, dei designer Iris van Herpen e Manish Arora, Nicholas Kirkwood o Demna Gvasalia, fondatore di Vetements e direttore creativo di Balenciaga, che nel 2003, proprio con ITS, si assicurò un premio in denaro che gli permise di dare vita alla sua primissima collezione, come dopo di lui hanno fatto Aitor Throup, Peter Pilotto, Richard Quinn e Yuima Nakazato.
L’ITS non è una scuola, Franchin deliberatamente ha sempre evitato di costruirne una, ma ha saputo collegarsi a 1500 tra quelle sparse sul pianeta. Numeri così alti possono far pensare a un rastrellamento di idee basato più sulla quantità che sulla qualità, tuttavia il palmarès delle sue relazioni dimostra il contrario: così come la severità – un mix di snobismo e candore ‒ con cui Franchin si rapporta al suo lavoro.
L’ITS Creative Archive costituisce però la base sulla quale sta per nascere l’ITS Arcademy, la cui apertura è prevista per il prossimo anno. Nelle intenzioni di Franchin sarà un luogo dove gli ex finalisti, i giurati e il resto del network internazionale di ITS avranno un ruolo attivo; uno spazio dove innovatori, esponenti del fashion business, accademici, semplici artigiani, curiosi e talenti visionari potranno scambiare testimonianze, dialogare sul futuro del design e contribuire a realizzarlo.
L’INTERVISTA
Che cosa significa Arcademy?
La parola “Arcademy” nasce dalla fusione di tre vocaboli: Archivio, Arca e Accademia. L’Archivio è stato progettato per trasmettere alle generazioni future ciò che è stato creato prima di loro. Ma è anche un’Arca in cui tutte le diversità sono accettate, tutto ciò che è puro e innocente qui viene protetto e sopravvive al giudizio contingente. L’Accademia è un luogo di incontro senza distinzione tra insegnanti e studenti, dove scambiarsi conoscenze, fare ricerca e ispirarsi a vicenda.
Nella pratica come sarò strutturata?
L’Arcademy unirà la dimensione espositiva a quella didattica. La parte espositiva includerà i materiali provenienti dall’Archivio esposti a rotazione, mostre parallele temporanee che offriranno uno spazio di dialogo fra il mondo del fashion e quello delle arti, del cinema e del design e una Galleria multisensoriale. La parte didattica è pensata per essere rivolta a due tipi di pubblico: quella pop, con corsi e workshop destinati a scuole elementari, medie e superiori di tutta Italia, ai turisti e a chiunque sia curioso; e quella professional, dove i finalisti delle edizioni passate, tornando a Trieste come professionisti affermati, potranno condividere le loro esperienze raccontando quelle che rifarebbero e cosa invece non farebbero più in una terra che è sempre stata, storicamente, un luogo di scambio e condivisione. La Arcademy sarà per tutti, dai 5 ai 100 anni di età.
La Galleria multisensoriale quale scopo avrà?
Siamo sempre meno abituati a “toccare” e quel che tocchiamo è di una banalità assoluta: per lo più schermi piatti e freddi. Abbiamo quasi perso l’olfatto e ci stiamo avviando a perdere il tatto. Penso a una Gallery dove un percorso audio stimolerà grandi e piccini a riconoscere le superfici di materiali e tessuti. Con una cartellina consegnata alla fine, dove tessuti e materiali potranno essere riconosciuti anche visivamente.
Come ogni altra iniziativa, anche questa necessita di un supporto finanziario. A chi ti rivolgi e ti rivolgerai?
Abbiamo trovato sostegno nella Fondazione CRTrieste, che al terzo piano del Palazzo della Cassa di Risparmio ci ha messo a disposizione 1800 metri quadrati, di cui 650 destinati alla nuova sede dell’Archivio. Ma un progetto di questo tipo prevede anche costi di progettazione e di gestione che dovranno essere coperti al 40 % dalle attività che saremo in grado di mettere in campo, per il resto da donazioni e istituzioni che ci appoggiano, in particolare la Regione Friuli Venezia Giulia
L’ITS è collegato a 1500 scuole di ogni parte del mondo. Quali sono le migliori?
Tutte le scuole di moda sono attualmente in una fase di transizione, perché il mondo a cui fanno riferimento si è trasformato radicalmente. Un tempo il primato spettava a Londra e ad Anversa. Ma attualmente si sono accese luci inaspettate.
Per esempio?
A Helsinki c’è la Aalto University, School of Arts, Design and Architecture, a Taiwan la Shih Chien University, ancora poco conosciuta, ma già fucina di grande creatività.
Cosa pensi di una scuola come il celeberrimo Bunka di Tokyo?
È certamente una grande istituzione, ma 11mila studenti sono troppi da gestire direttamente, tutt’al più si possono “formattare”. A Tokyo però ora c’è la Coconogacco creata dieci anni fa da quattro finalisti dell’ITS: il contatto tra studenti e insegnanti qui è 1 a 1, la scuola è piccola ma proprio per questo molto valida.
E per quanto riguarda le scuole di moda italiane?
Purtroppo tra i finalisti del contest di quest’anno figura uno solo dei loro allievi e non è italiano. Il problema, in Italia come in Francia, sta in un approccio più orientato alla produzione di denaro che a quella di creatività. Alcune di queste scuola, tuttavia, soprattutto le più piccole, negli ultimi anni mostrano di essersi messe sulla buona strada.
‒ Aldo Premoli
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