Natura e artigianalità. Ad Altaroma
Al Guido Reni District, durante la manifestazione capitolina dedicata alla moda, il progetto “Artisanal Intelligence”, curato da Clara Tosi Pamphili e Alessio de’ Navasques, mescola arte e scienza partendo dall’erbario poetico di Emily Dickinson. Fino alla sostenibilità etica e ambientale, fra tessuti preziosi, heritage e workshop di tintura dal vivo.
Per Emily Dickinson, nel lontano 1845, l’erbario è già una delle prime forme di studio scientifico. E nel progetto creativo Artisanal Intelligence ‒ A.I. Herbarium, a cura di Clara Tosi Pamphili e Alessio de’ Navasques, in un’atmosfera domestica all’Ex Caserma Guido Reni durante Altaroma, la natura diventa non solo il motore letterario che ha ispirato poesie e parole ma anche la fonte primaria dell’artigianato e della manualità. Al di là della retorica sulle sfide ambientaliste e dei dibattiti sul tema dell’inquinamento, ma cavalcando in modo originale l’attualità, l’esposizione è un invito all’uso consapevole e responsabile di quello che il mondo offre per la creazione di fibre, tessuti e tinture destinati a diventare moda. L’intreccio narrativo e visivo di Herbarium guarda all’amore per i fiori della poetessa statunitense in un luogo interattivo e immersivo volto alla conoscenza, che ha il suo culmine nell’alta rappresentazione della couture con un abito della maison Galitzine, su immagine di Dior, della collezione di autentici custodita dalla storica Sartoria Farani della Capitale. Una piccola casa che sembra un giardino d’inverno con installazioni, fotografie, antichi volumi e capi che strizzano l’occhio all’ethical fashion per la filiera produttiva che sta dietro a ogni singolo manufatto.
IL PROGETTO INTERATTIVO
La scenografia interna con testi d’antan e stampe botaniche si deve a Valentina La Rocca, proprietaria dell’Antica Libreria Cascianelli, e al prestito di tredici teche del Museo dell’Orto Botanico capitolino. “Si parte dall’ispirazione di Dickinson, simbolo femminile che studia la scienza e a 14 anni ha realizzato uno degli erbari più importanti della storia della botanica. La conoscenza intesa come sapere per produrre cose nuove, dai componimenti lirici alla moda. Nello spazio di A.I. ci sono laboratori permanenti per raccontare come ritornare alla natura non vuol dire solo non usare la plastica ma essere consapevoli di ciò che ci circonda. L’idea è quella di usare e riusare dei materiali per non infierire sul mondo. Nella casetta, che fa il verso a quella di William Morris dove le Arts and Crafts producevano tessuti, anche video di arte contemporanea e manufatti, carta da parati, e la storia dell’India quale segno di emancipazione per chi realizza stoffe home made con il telaio e un focus sul design del gioiello creato in Senegal grazie all’utilizzo delle materie prime locali”, spiega la curatrice Clara Tosi Pamphili. Nell’habitat in cui la natura domina con i suoi elementi, aiutando a riconsiderare il rapporto con essa, non mancano le sperimentazioni materiche dei talenti Antonio De Meo dell’Accademia di Belle Arti di Roma, Liselotte Verpoest e Urte Marija Jurkeviciute dell’Accademia di Costume & Moda di via della Rondinella, Liu Qi e Huang Shiyi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Franca Marta Tomaino della Nuova Accademia di Belle Arti (NABA).
ARTE TESSILE E LABORATORI PERMANENTI
Un laboratorio permanente ospita “L’Atelier di osservazione della materia” di Chiara Cavallo, designer del gioiello che concepisce le piante e il territorio come tradizionali strumenti del saper fare e farlo a mano. Dopo la sua partecipazione al progetto Keur Design 2, organizzato a Dakar da Eunic (Eu National Institutes for Culture) con otto artigiani europei e sedici senegalesi, Cavallo racconta l’esperienza in Africa accanto a Serigne Bamba Guye e Ibrahima Diatta, guidati nella realizzazione di una collezione di contemporanei bijoux. “Come sempre in Artisanal Intelligence c’è un humus, una ricetta che mette insieme differenti elementi tra i quali la riscoperta di archivi e oggetti particolari dimenticati. In questo caso, grazie all’Orto botanico, ci sono libri e pezzi che appartengono al nostro heritage, così come l’abito erbario della Sartoria Farani. Importante è la sinergia con la NABA e gli emergenti. Centinaia i Khadi indiani, tessuti e filati prodotti manualmente che identificano il concetto di indipendenza”, sottolinea il co-curatore Alessio de’ Navasques. Nel workshop collettivo di Veronica Raccah si crea in modo spontaneo e libero una pagina di un “Erbario Tessile Immaginario”, ispirato al “Codex Seraphinianus”, facendo ricorso a tecniche diverse. Inoltre, grazie alla preziosa collaborazione del Museo Orto Botanico di Roma, interessanti lezioni sulle specie vegetali, che possiedono sostanze e composti in grado di colorare i tessuti, con Andrea Bonito, curatore del “Giardino dei Semplici, sezione dedicata alle piante tintorie. Mentre Maddalena Marciano spiega le tecniche di tintura naturale per la moda e per il cinema. Poi, l’esperienza di “Natural Color Culture” per colorare le texture con l’antico blu di guado, detto l’oro blu per la laboriosità del processo che sta a monte. La documentarista e cultrice del mondo indiano Gaia Ceriana Franchetti, fondatrice dello spazio di ricerca “Indoroman”, presenta un allestimento fatto di cotone e “seta non violenta”, raccontando “Storia e geografia del Khadi”, lavorazione millenaria con l’arcolaio, simbolo dell’indipendenza e del movimento di Gandhi quale resistenza politica ed economica all’Impero britannico.
VIDEO E INSTALLAZIONI
Ne è il prosieguo il documentario La ruota del Khadi: l’ordito e la trama dell’India, girato in tre anni di viaggi e un montaggio di cinque mesi. Un docufilm di Franchetti, che ha partecipato alla Festa del Cinema di Roma, e che narra la storia delle arti tessili indiane attraverso la voce narrante di Tara Gandhi Battacharjee, nipote del Mahatma. Singolare la visione artistica nella performance del 2019 di Marina Viola Cavadini, già allieva della Nuova Accademia di Belle Arti. Nel video Les Doigts en Fleur, i protagonisti dei tableaux vivants indossano accessori progettati con proprietà multisensoriali. Il corpo umano si proietta nell’universo delle piante e dell’architettura, i performer diventano una cosa sola con la flora circostante in una forma di cross-contaminazione fatta di linguaggi non verbali e relazioni corporee. Tra organico e inorganico, il tatto si trasforma nello strumento principe della narrazione visiva. Una produzione HotHouse Series a cura di Giovanna Repetto con il sostegno di Compagnia di San Paolo e il supporto di Orto Botanico di Torino, Fondazione Piemonte Dal Vivo, Fascination of Plants Day, Consorzio Mercato Ingrosso Fiori del capoluogo piemontese.
‒ Gustavo Marco P. Cipolla
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