“E se le donne governassero il mondo?”: Dior e Judy Chicago insieme al Musée Rodin
Negli spazi esterni del Musée Rodin di Parigi si è svolta la sfilata della collezione Dior primavera/estate 2020. Maria Grazia Chiuri, che l’anno scorso aveva collaborato con Tomaso Binga, anche quest’anno sceglie il lessico femminista e invita l’artista Judy Chicago a progettare la scenografia del suo fashion show.
La virata femminista di Dior era stata già chiara dall’anno scorso, quando il set della sfilata autunno/inverno era stato tappezzato dalle lettere antropomorfe dell’artista Tomaso Binga (pseudonimo di Bianca Pucciarelli Menna). Quest’anno la direttrice Maria Grazia Chiuri è tornata su questa tematica, invitando a progettare il layout della sua sfilata primavera-estate 2020 Judy Chicago (1939), ovvero una delle figure storiche più irriverenti e significative del movimento femminista americano a partire dagli anni ’70. Il suo intervento è stato riconoscibile a partire dalla struttura che ha ospitato la sfilata: un grande padiglione bianco caratterizzato da curve morbide, un malcelato riferimento all’utero. Al suo interno, il catwalk è stato allestito con dieci stendardi (sulla falsariga dei vessilli medievali) che portavano un ricamo con una frase chiave, in lingua sia inglese che francese: “E se le donne dominassero il mondo?”. L’uso del ricamo è un elemento non casuale, poiché rappresenta un punto di congiunzione tra la sartorialità dell’alta moda e i linguaggi comuni dell’arte femminista. Gli abiti della collezione, invece, sono stati realizzati prendendo come riferimento figure della mitologia e dell’arte, come la dea Atena, la Nike di Samotracia e la Primavera di Botticelli. La collaborazione tra Dior e Judy Chicago ha rappresentato un punto nodale per il percorso dell’artista, la quale per la prima volta ha compreso che il paradigma della moda (oppressivo per tanti anni nei confronti della donna, relegandola a un ideale “manichino” e imponendole dei canoni estetici innaturali) può invece volgere a suo favore, diventandone anzi la celebrazione.
-Giulia Ronchi
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