Con l’aiuto di Vogue America e del Council of Fashion Designers of America, il plurimiliardario Ceo di Amazon Jeff Bezos è entrato a gamba tesa nel modo del fashion. Giovedì 13 maggio il colosso dell’e-commerce ha annunciato la presentazione di Common Threads: Vogue x Amazon Fashion un nuovo store online dedicato ‒ per ora ‒ a venti creativi indipendenti tra cui Batsheva Hay, Chloe Gosselin, Derek Lam 10 Crosby, Jonathan Cohen, Tabitha Simmons, Alejandra Alonso Rojas e Victor Glemaud, Brock Collection, 3.1 Phillip Lim e Edie Parker. Tutti marchi attualmente a rischio di fallimento dopo che il COVID-19 ha forzato la chiusura dei negozi che li vendono, ma pure a e-tailer come Net-a-Porter.
Bezos, che di certo non è un benefattore, sta approfittando della situazione venutasi a creare. Amazon ha provato in vari modi negli scorsi anni a farsi accettare dal mondo dell’alta moda, ma è stato visto sino a aggi con sospetto, un pretendente discutibile quando non direttamente un nemico. La piattaforma di Bezos non è mai piaciuta al gregge di elitisti – per lo più autoproclamatisi tali – che affollano le fashion week: toppo commerciale, troppo poco glamour. Il lato buffo della vicenda è che il loro “glamour” fa buoni affari però su Zappos o Shopbop, ambedue di proprietà Amazon.
AMAZON E GLI STILISTI
Ora la pandemia spazza via ogni foglia di fico: i designer, soprattutto quelli piccoli, non hanno scelta. Per sopravvivere devono muovere le loro scorte invendute rimaste vittime di ordini annullati e punti vendita inutilizzabili, e per farlo hanno bisogno di un partner all’altezza della situazione. Amazon ha accesso a un’enorme base di consumatori: solo negli Stati Uniti i membri di Amazon Prime sono 112 milioni. La società di Bezos rappresenta da sola quasi il 40% della spesa e-commerce negli Stati Uniti e in contro tendenza assoluta ha registrato un utile netto di 2,5 miliardi di dollari nei primi tre mesi del 2020.
È pur vero che l’estetica di Amazon sinora non è mai corrisposta a quella dei siti di e-commerce di fascia alta; la piattaforma è innanzitutto ottimizzata per essere il più efficiente, automatizzata e vasta possibile. Ma la landing page di Common Threads tenta ora di differenziarsi con editoriali approvati da Vogue, biografie dei designer e altri vezzi che appartengono alle pagine “premium” di Amazon.
DOPO GLI STATI UNITI L’INGHILTERRA
Immediatamente dopo il lancio di Common Threads è stato il British Fashion Council a farsi avanti con Amazon proponendo la sua nuova strategia per aiutare i giovani talenti britannici e ricevendone l’immediata disponibilità. Bezos e i suoi stanno pensando di utilizzare in questo caso Amazon Fashion e Amazon Launchpad. Dal coinvolgimento in Common Threads e dalla partnership con il BFC, Amazon ricava la credibilità necessaria per diventare un riferimento privilegiato anche nell’alta gamma, proprio laddove i margini di guadagno si fanno decisamente maggiori.
‒ Aldo Premoli
https://www.amazon.com/b/?ots=1&tag=vogue0d-20&linkCode=w50&node=21150111011
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati