Moda, innovazione e libertà. La mostra a Carpi

La mostra in corso a Carpi, città dall’importante tradizione nel settore dell’abbigliamento, analizza la parabola della moda usando l’innovazione come bussola. Alla luce dei cambiamenti storici e della liberazione del corpo dalle costrizioni fisiche e sociali

Per liberare il corpo “occorre prima aver liberato il pensiero”, come scrive uno dei curatori della mostra, Alberto Caselli Manzini. Un pensiero spesso fortemente influenzato e limitato dalla visione maschile e più in generale sociale della donna come madre e moglie o come oggetto del desiderio.

DALLA RIVOLUZIONE ALLA SCIENZA

La mostra allestita ai Musei di Palazzo dei Pio e parte del programma di Festivalfilosofia 2021 sulla libertà, indaga le conquiste di questi corpi imprigionati in ruoli opprimenti e costrittivi. Il concetto di “Habitus” che dà il titolo alla mostra deriva da una definizione di Pierre Bourdieu risalente agli Anni Settanta e Ottanta del Novecento, che lo descrive come concetto centrale nella riproduzione sociale e culturale, chiave di condizionamento della vita degli individui in relazione alla propria classe di appartenenza. Da qui, la funzione dell’abito di creazione e anticipazione del cambiamento, di cesura.
Se i concetti di egalité e liberté sanciti dalla Rivoluzione francese trovarono applicazione anche nell’abbigliamento, furono più tardi le scoperte scientifiche, il progresso della tecnica e il fiorire di movimenti artistici alla fine dell’Ottocento a spingere l’uomo alla ricerca di un nuovo senso delle cose, alla sfida nei confronti delle convenzioni. In questo secolo avvenne infatti l’affermazione dell’individuo, che trova radice negli ideali della Rivoluzione francese.

Diane indossa un wrap dress nel suo appartamento di fronte al suo primo Warhol, 1977 © Burt Glinn – Magnum Photos

Diane indossa un wrap dress nel suo appartamento di fronte al suo primo Warhol, 1977 © Burt Glinn – Magnum Photos

LE SEZIONI DELLA MOSTRA A CARPI

La mostra si articola in quattro sezioni: Liberare il corpo prende avvio a inizio Novecento e analizza l’allontanamento del corpo delle donne dalle convenzioni che le vogliono chiuse in busti, pizzi e abiti lunghi; Scoprire il corpo accompagna il visitatore nel secondo dopoguerra, quando le donne mostrarono il proprio corpo per affermare la propria libertà attraverso bikini, hot pants e le minigonne diffuse da Mary Quant; Work, sport, cool si concentra sugli Anni Settanta e Ottanta con l’avvento del prêt-à-porter e capi come jeans e t-shirt e lo sportswear. Infine Destrutturare porta l’attenzione su capi privi di imbottitura e controfodera, caratterizzati da una completa rivisitazione delle proporzioni.

GLI ABITI IN MOSTRA

L’esposizione si compone di fotografie e una serie di indumenti iconici che hanno contribuito all’emancipazione femminile, testimonianze della liberazione da canoni e paradigmi sociali: abiti ispirati all’anticorsetto di Paul Poiret, i pantaloni femminili disegnati da Coco Chanel, il power suit di Marcel Rochas, i reggiseni sempre più distanti dai corsetti, gli hot pants, la minigonna, i jeans, i bikini, il wrap dress di Diane von Fürstenberg e le giacche destrutturate di Giorgio Armani. La moda emerge dunque come la forma espressiva che meglio incarna le conquiste sociali e i cambiamenti storici, emblema di libertà e lotta nei confronti delle convenzioni.

Anna Vittoria Zuliani

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