Alla base di quel fenomeno di costume tout court, più che di “semplice” moda, che è il Made in Italy c’è un manipolo di designer dal talento eccezionale, che si sono imposti da tempo nell’olimpo fashion; ne ha fatto parte, dall’inizio, una signora bergamasca volitiva, dalla tempra d’acciaio e il caschetto con frangia divenuto il tratto distintivo del suo look personalissimo, ossia Maria Mandelli (Bergamo, 1925 – Milano, 2015), per tutti Mariuccia, fondatrice e anima creativa di Krizia, con cui ha lasciato un segno indelebile nella storia del prêt-à-porter tricolore.
LA STORIA DI KRIZIA
La sua straordinaria carriera inizia nel 1954, quando abbandona l’idea di insegnare (era stata una maestra) e, con la sodale Flora Dolci, lancia un’impresa con pochi mezzi (tavoli, macchine per cucire, cinque o sei sarte al lavoro in un appartamento meneghino) ma tanta inventiva e voglia di fare, prendendo a prestito il nome da Κριτίας dialogo incompiuto di Platone sulla vanità femminile; scelta programmatica, perché lady Mandelli intende rivolgersi alla platea di consumatrici italiane di allora, in costante aumento, con capi che le facciano apparire al meglio, dunque lineari, dai tagli puliti e portabili, in antitesi rispetto allo sfarzo, all’eleganza pomposa dell’Haute Couture che imperava a Parigi.
È lei in persona a girare in lungo e largo tra le boutique per convincere i titolari ad acquistare i suoi abiti. I riscontri non tardano ad arrivare, a tre anni dalla fondazione la prima collezione ufficiale targata Krizia approda al SAMIA (acronimo di Salone mercato internazionale dell’abbigliamento) e, nel 1964, alla prestigiosa Sala Bianca del fiorentino Palazzo Pitti, cornice d’eccezione che nel decennio precedente aveva sancito il battesimo del “fatto in Italia”, ammaliando giornalisti e buyer, provenienti soprattutto da oltreoceano, con l’estro e la qualità sopraffina del savoir-faire nostrano. La sfilata si aggiudica il premio Critica della Moda, lanciandola definitivamente nel nascente fashion system italiano. Da quel momento, continuerà ad affinare il proprio gusto eclettico, fantasioso, colmo di suggestioni e spunti disparati, e al contempo rigorosamente centrato sull’effettiva indossabilità delle mise, pensate per vestire alla perfezione le clienti.
LO STILE KRIZIA E LE INFLUENZE DELL’ARTE
Il suo è un sincretismo stilistico che amalgama costruzioni geometriche e orientalismi, maglieria ‒ declinata nei modi più diversi, dai dress tricottati ai golf patchwork, coloratissimi ‒ e rimandi all’arte in ogni sua forma (tra le ispirazioni la Pop Art, Kandinskij, Mondrian, Calder e Burri), ricerca materica (sperimenta di continuo l’uso e l’accostamento di materiali eterogenei quali sughero, alluminio, gomma, texture metalliche, pellami inconsueti come anguilla o anaconda) e lavorazioni speciali di alto artigianato. Tra queste sono diventati suoi trademark l’impiego quasi architettonico del plissé e le superfici intarsiate con gli animali che popolano il bestiario immaginifico della maison (la pantera simbolo, orsi, tigri, farfalle, volpi, uccelli dai piumaggi variopinti…), gli hot pants (i pantaloncini dalle dimensioni ridottissime, che nel 1971 le permettono di vincere il premio Tiberio d’oro) e i reggiseni scultorei, in netto anticipo su Jean-Paul Gaultier, che giocavano spesso sui contrasti, ad esempio la dicotomia maschile/femminile o quella cromatica tra bianco e nero.
Per molti versi, poi, il brand precorre tempi e dinamiche ormai consolidate dell’industria fashion, ad esempio reclutando tra i collaboratori futuri giganti del settore come Karl Lagerfeld, Walter Albini, in seguito Alber Elbaz o Giambattista Valli.
La creatività rutilante di Mandelli le vale il soprannome, assegnatole dalla stampa americana, di Crazy Krizia, a indicare giocosamente il suo debole per accostamenti all’apparenza azzardati eppure riusciti, immediatamente riconoscibili, non pensati come trovate fini a se stesse, bensì funzionali alla desiderabilità del capo o accessorio di turno.
La miglior definizione della cifra che contraddistingue la moda del marchio la dà, con ogni probabilità, nientemeno che Umberto Eco, quando scrive: “Chi sceglie Krizia, ha scelto un modo di pensare, di presentarsi agli altri, di essere”.
LO SVILUPPO DEL BRAND KRIZIA
Negli Anni Ottanta la griffe espande il proprio universo creativo, allargando la produzione ai profumi (K de Krizia arriva nel 1980), al menswear, a linee più commerciali, inaugurando nel cuore di Milano un luogo polifunzionale unico nel suo genere, lo Spazio Krizia, aperto a mostre, concerti, incontri con scrittori e intellettuali. Nel 1986, infine, la nomina a commendatore della Repubblica, insieme agli illustri colleghi Giorgio Armani, Gianni Versace, Valentino Garavani e Gianfranco Ferré, massimo riconoscimento per una stagione irripetibile della moda nazionale, di cui Krizia è stata tra i protagonisti indiscussi.
Quando viene a mancare, nel 2015, ha venduto già da un anno il brand alla società cinese Shenzhen Marisfrolg, guidata da Zhu Chongyun, scelta dalla stessa Mandelli come suo degno successore. Determinata a riportarla ai fasti degli anni d’oro, l’imprenditrice cinese riunisce un ufficio stile composto da giovani di talento, individuando come head designer Antonio D’Anna; formatosi alla Marangoni, ha coordinato per un lustro le collezioni Uomo e Donna MSGM, prima di passare appunto a Krizia, dove da circa cinque anni è l’artefice di un lavoro di ricerca ed evoluzione dei codici della maison, volto a valorizzarne il DNA.
IL FUTURO DI KRIZIA
Tra i progetti della nuova Krizia, l’apertura di store a livello internazionale e il focus su collezioni che rispecchino appieno la creatività visionaria della fondatrice, come quella presentata durante l’ultima settimana della moda che, a fianco di una speciale capsule, in cui ogni articolo viene consegnato con un bozzetto abbinato (una proposta scevra da logiche puramente commerciali, nonché dalla frenesia che domina le logiche del fashion world, pensata per celebrare i principi fondanti dell’azienda), vede il rilancio della storica etichetta K di Krizia, con l’obiettivo di riprenderne l’estetica ‒ a suo modo ‒classica, rendendola però rilassata e aggiornandone i capisaldi perché siano in linea con i canoni stilistici odierni; viene traslata in abiti che le donne possano apprezzare al punto da conservarli nell’armadio e, magari, tramandarli, in controtendenza rispetto alle numerose griffe blasonate che, oggi, mirano a stravolgere l’immagine originaria.
Le nuove collezioni di Krizia mettono l’heritage al centro, com’è evidente nel ruolo preponderante della maglieria, contraddistinta dalla tecnica degli intarsi bucati, con ampie zone scoperte sulla pelle, a ingentilire le silhouette mascoline, innescando così un clash tra maschile e femminile che, lo si è visto, è fondamentale per il marchio. Vanno nelle medesima direzione “contrastata” le strutture della giacche, confezionate da façonnisti toscani specializzati nel menswear, in contrasto con gli scolli comodi, mentre le camicie da smoking (altro must di Mandelli), in mussola di lana, risultano destrutturate, e il plissé viene usato a mo’ di corsetteria, reso sensuale e accoppiato ad altri materiali per ottenere volumi inediti nei capispalla: il tutto in una palette sospesa tra black&white, cromie mutuate dai materiali grezzi, come cemento o legno, toni neutri e accenti di colore saturo.
Sebbene la lunga pausa dovuta al Covid abbia rallentato il nuovo corso, la collezione dimostra come la direzione intrapresa sia quella giusta; a ribadirlo, il ritorno sulle passerelle, previsto a breve, come la riapertura della boutique milanese.
‒ Federico Poletti
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