Wearable technology, ovvero tecnologia da indossare. Non stiamo parlando di smartwatch o cuffiette di ultima generazione, ma di veri e propri abiti intelligenti dall’estetica contemporanea, cool e chic, creati al fine di migliorare la nostra vita da un punto di vista funzionale. In Italia, in provincia di Vicenza, esiste una realtà che ancora in pochi conoscono e che sta rivoluzionando il nostro concetto di abbigliamento e di moda. Si chiama D-Air Lab ed è stata fondata nel 2015 da Lino Dainese come start-up innovativa, con l’obiettivo di individuare nuove applicazioni della tecnologia D-air®, il sofisticato airbag per la protezione della persona messo a punto da Dainese anni prima e adottato oggi da atleti e lavoratori a rischio in tutta Europa. Questa start-up “con cinquant’anni di esperienza” – così ama definirla il suo fondatore – ha messo a punto negli anni una serie di dispositivi smart, al fine di proteggere il corpo attraverso capi semplici da indossare che si “attivano” solo in caso di necessità, coprendo esclusivamente le aree del corpo interessate da eventuali pericoli. Con queste premesse è nato ad esempio WorkAir, il primo gilet airbag per la protezione dei lavoratori in altezza certificato come Dispositivo di Protezione Individuale, pronto a gonfiare il sacco in appena 40 millisecondi a partire dal momento del riconoscimento dell’incidente. Per gli sportivi e le persone che rischiano di trovarsi da sole in luoghi isolati, poco illuminati o pericolosi, è stato realizzato E-call, un dispositivo (anche in questo caso simile a un gilet) in grado di lanciare tramite smartphone una chiamata in caso di emergenza, capace oltretutto di rilevare una caduta seguita da immobilità prolungata e inviare la chiamata automaticamente, assieme a un SMS geolocalizzato. C’è poi il progetto Antarctica, un equipaggiamento innovativo fatto di tute e sottotute che garantiscono protezione e isolamento termico senza compromettere la libertà di movimento, destinato a scienziati e ricercatori che operano in condizioni climatiche di freddo estremo.
LA COLLABORAZIONE TRA D-AIR LAB E DIOR
Negli ultimi tempi D-Air Lab ha fatto un passo importante, collaborando con Dior per la messa a punto dei capi della collezione prêt-à-porter AW 22/23, integrando così all’estetica del brand un nuovo concetto di moda funzionale e protettiva. L’operazione ha coinvolto in primis uno dei capi iconici della maison, la Bar Jacket, che per l’occasione è stata reinterpretata con la tecnologia airbag: l’elaborata architettura della giacca è stata mantenuta e valorizzata dalla presenza dell’aria, dando vita a una sorta di armatura protettiva. Le mantelline e le cinture della collezione sono state concepite come strumenti di protezione, sempre grazie alla tecnologia degli airbag. In passerella anche la “tuta con i tubi fotoluminescenti” (frutto di studi sull’equipaggiamento spaziale condotti da D-Air Lab in collaborazione con altri partner) che permettono il passaggio di liquidi che riscaldano o raffreddano il corpo in base alle necessità, aiutandolo a ristabilire la temperatura idonea alla sopravvivenza anche in ambienti con climi poco ospitali.
LA RIVISITAZIONE DEL CORSETTO
Molto interessante lo studio che ha portato alla rivisitazione del corsetto, capo storicamente costrittivo, la cui struttura ingabbiante è stata causa per tante donne di svenimenti, difficoltà respiratorie e malformazioni ossee. È proprio questo elemento controverso che assume un significato diverso nella collaborazione tra Dior e D-Air-Lab.
La funzione costrittiva del corsetto viene sostituita da quella protettiva, grazie a airbag e paraschiena; il risultato finale porta con sé un fortissimo significato simbolico.
Del resto la moda è da sempre una perfetta lente d’ingrandimento del sociale, racconta chi siamo e come cambiano le nostre abitudini, definisce le esigenze e amplifica il pensiero. Per questo è proprio studiando le pratiche vestimentarie che possiamo tracciare il percorso della nostra evoluzione che, a quanto pare, corre verso un futuro in cui l’abbigliamento sarà sempre più funzionale e al servizio della persona.
‒ Valeria Oppenheimer
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