Il progetto è nato nell’ottobre 2021. Maison Valentino lo ha lanciato chiedendo ai proprietari di articoli del brand di rivenderli al marchio in cambio di crediti in negozio. Abiti o accessori prodotti in oltre mezzo secolo, da quando Valentino Garavani fonda nel 1960 a Milano il brand che porta il suo nome.
Pier Paolo Piccioli, direttore artistico della maison oggi di proprietà del fondo di investimento del Qatar Mayhoola, proprio in questi giorni ha attivato la fase 2 del progetto Valentino Vintage. In coincidenza con il Salone del Mobile ha preso il via Valentino Vintage Takeovers, con quattro celebri boutique a ospitarne i capi. Nell’ordine: a Milano Madame Pauline Vintage, a cui seguirà The Vintage Dress a Tokyo, poi senza soluzione di continuità New York Vintage e Resurrection Vintage a Los Angeles. Si tratta di vintage store riconosciuti per aver abbracciato il concetto di circolarità con un approccio che si avvicina parecchio a quello di una galleria d’arte.
LA STRATEGIA DI VALENTINO VINTAGE
“To takeover” letteralmente significa “rilevare”. E difatti Maison Valentino rileva questi quattro spazi rendendoli per qualche giorno dei monomarca. Per dare ulteriore valore all’acquisto un apposito consulting service è stato attivato in collaborazione con l’archivio della maison a Roma: offre all’acquirente un documento che fornisce tutte le informazioni disponibili relative al proprio capo. Anche in questo caso qualcosa di simile al certificato di autenticità rilasciato al momento dell’acquisto di un’opera d’arte, anche se nello specifico non si tratta di un documento legale. Piccioli ha già pronta la fase 3 di Valentino Vintage: prevede infatti di stabilire accordi con le scuole di moda più importanti del pianeta.
MODA E SOSTENIBILITÀ
Sempre più spesso i marchi del lusso attivano direttamente azioni di rivendita: non solo per far circolare i pezzi fuori mercato, ma pure per acquisire nuovi clienti GenZ e Millennial, particolarmente sensibili a queste modalità di acquisto. Altri marchi già operano in tal modo, utilizzando piattaforme di rivendita basate sull’economia circolare come The RealReal e Vestiaire Collective. È un buon segno, anche se non risolutivo per i problemi di sostenibilità che affliggono questo settore. Il rapporto GFA Monitor, lanciato pochi giorno fa al Global Fashion Summit, ribadisce che la moda deve accelerare la sua risposta al cambiamento climatico: restano meno di otto anni per allinearsi con il percorso delle Nazioni Unite al fine di contenere il riscaldamento globale entro il grado centigrado e mezzo. Salari più equi lungo tutta la filiera di produzione e maggiore attenzione alla circolarità. Questi sono gli elementi risolutivi.
E tuttavia iniziative come Valentino Vintage o Gucci Vault sono il segnale che non solo le case di moda, ma pure chi acquista i loro prodotti questo genere di problemi li conoscono bene.
‒ Aldo Premoli
https://valentino-vintage.com/
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