Le caratteristiche del cosiddetto drop – la distribuzione, in un lasso di tempo ridotto al minimo, di un numero limitato di prodotti, adoperata come modalità anche nel mondo NFT – si sono insinuate da tempo nei reparti marketing delle maison più blasonate. Una conferma di come il modus operandi dello streetwear abbia ormai fatto breccia nelle strategie di aziende teoricamente antitetiche rispetto a, per fare un nome, Supreme, che fin dall’apertura a New York negli anni ‘90 mette in vendita (poche) novità ogni giovedì alle 11, fino ad esaurimento scorte, obbligando i clienti a file chilometriche davanti ai negozi o battaglie disperate di clic sull’e-store ufficiale, generando quella smania ai limiti dell’isterismo che risponde al nome di hype. Attenta da sempre a captare i fermenti che animano il fashion system, Prada si è dimostrata particolarmente ricettiva nei confronti di tali modalità distributive, cogliendone le potenzialità nel solleticare la brama degli aficionados della casa, cui offrire un racconto vestimentario suddiviso in capitoli svelati on cadenza regolare, da collezionare e sfoggiare con l’orgoglio di essersi assicurati una rarità – quasi – introvabile. È questo, in sostanza, l’ubi consistam di Timecapsule, linea di bowling shirt unisex varata nel dicembre di tre anni fa, con appena 50 pezzi disponibili online ogni primo giovedì del mese, contrassegnati da un numero di serie e recapitati al fashionista di turno in un packaging personalizzato, che ne marca ancor più l’esclusività.
L’ULTIMA USCITA DELLA TIMECAPSULE DI PRADA
L’uscita più recente, la 32esima, è arrivata sul sito prada.com il 4 agosto: una voluminosa camicia a pannelli verticali in fantasie e tessuti differenti, opachi e brillanti. Sulla base in popeline scuro, infatti, sono stati innestati, uno di fianco all’altro, un broccato percorso da infiorescenze orientaleggianti, la stampa con un Frankenstein formato cartoon disegnata dall’artista Jeanne Detallante per la collezione Autunno/Inverno 2019, dei segni ondeggianti su base azzurra, un lampasso di seta degli anni ‘20; a siglare il tutto, un badge quadrato in lattice che riporta il nome del brand, opera dello Studio OMA di Rem Koolhaas, sodale di lungo corso della “signora” (come viene chiamata Miuccia Prada dai collaboratori). Obiettivo dichiarato dell’iniziativa, oltre a dare nuova vita a filati d’archivio in un’ottica upcycling, è esplorare, muovendosi nell’universo digitale che fa capo al marchio, inedite forme di interazione con la propria clientela. Ogni articolo di quest’ultimo lancio era accompagnato, pertanto, da un relativo NFT (la griffe, lo si diceva, è assai sensibile alle ossessioni grandi e piccole del contemporaneo, i non fungible token rientrano senz’altro tra queste), per aggiungere un ulteriore gradiente di desiderabilità a una limited edition di per sé elitaria. Riscattabile dall’acquirente, permette di accedere a vantaggi ed esperienze uniche, compreso l’invito al prossimo défilé della maison, nonché un accesso prioritario ai futuri drop.
LO STILE DI PRADA PER LA COLLEZIONE TIMECAPSULE
La scelta del capo-simbolo di Timecapsule, un’ampia blusa a maniche corte dal taglio squadrato, è logica se si considera il debole di Miuccia per quegli indumenti anonimi, quando non di dubbio gusto, che però nelle sue mani di novella alchimista, capace di trasmutare il vile metallo in oro, diventano agognatissimi tormentoni dall’aura intellò. Non per niente, a lanciare urbi et orbi il nome della designer fu la leggendaria sfilata P/E 1996, un assortimento di look – all’apparenza – dimessi, tra pattern fané, golf con scollo a V, gonne, tailleur e vestitini castigati in cromie smorzate, formidabilmente ribattezzata dalla stampa di settore ugly chic. Non deve sorprendere, quindi, che la stilista meneghina sia stata tra le prime a rivalutare un abito guardato sovente con un mix di sprezzo e ironia, appannaggio a lungo di pensionati eccentrici o buontemponi à la Bill Murray, prima di collocarsi stabilmente nei cataloghi dei marchi di ogni ordine e grado, da Louis Vuitton a Zara, dal prêt-à-porter di nicchia agli alfieri dello streetwear (ancora).La serie è stata cadenzata finora da modelli fantasiosi che riprendevano i leitmotiv dell’estetica pradesca, ovvero grafiche da cartolina (basti vedere i primi lanci a cavallo del 2020, un campionario di paesaggi stilizzati, tra montagne innevate e skyline in nuance smaglianti), geometrie nette dai colori saturi, fantasie d’antan (zig-zag ipnotici, quadrettature, disegni pop…). Per inserire un accenno di variatio in un progetto che fa della serialità il suo punto di forza, poi, si è provveduto sporadicamente a sostituire le camicie relaxed fit con pullover dal sapore vintage. In attesa del prossimo drop, chiunque volesse provare ad assicurarsi un esemplare della linea può valutare i memorabilia di piattaforme di rivendita alla StockX, a un prezzo almeno triplicato, certo, ma in fondo i capi della griffe, come disse la stessa Mrs Prada a Vogue UK nel 2018, “riflettono personalità e idee. Più che un trend, sono un concetto”.
– Marco Marini
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