Esattamente vent’anni fa una città portuale che poteva apparire sideralmente distante dal fashion system ospitò un concorso destinato poi ad affermarsi come uno dei principali incubatori dei new talent del settore, un osservatorio privilegiato sui fermenti che alimentano il ciclo continuo della moda. Nasceva infatti a Trieste, per volontà di Barbara Franchin, ITS, acronimo di International Talent Support. Recuperando, per certi versi, la tradizione del capoluogo giuliano, l’anima mitteleuropea che l’ha reso un crocevia di etnie, linguaggi e culture, il contest chiamava a raccolta giovani, promettenti designer da ogni parte del mondo, invitandoli a sottoporre le proprie creazioni a giurati d’eccezione, usufruendo così di una prima, importante vetrina per farsi notare ‒e, sperabilmente, apprezzare ‒ da colleghi affermati, giornalisti, buyer e altri addetti ai lavori.
Un obiettivo raggiunto: per rendersene conto è sufficiente scorrere la rosa dei vincitori delle passate edizioni, imbattendosi in nomi di spicco dell’industria fashion, all’epoca sconosciuti ma oltremodo talentuosi: Aitor Throup, ad esempio, sperimentatore e autore di collezioni di nicchia ad alto tasso di avanguardismo, che nel tempo ha collaborato con brand del calibro di Stone Island, Umbro, G-Star Raw, nonché direttore artistico dei Kasabian, di cui ha curato ogni singolo elemento visivo dell’album For Crying Out Loud, dalla fotografia ai videoclip. Oppure Peter Pilotto, fondatore, col compagno di studi Cristopher De Vos, della griffe eponima che, prima di essere messa in stand by due anni fa, era tra gli hot name della fashion week londinese, indossata da celebrità come la principessa Eugenia di York, che scelse un abito del duo per il suo matrimonio. O, ancora, Yuima Nakazato, dal 2016 nel calendario degli show parigini di haute couture, intenzionato ‒ come dichiarò a Vogue ‒ a “rendere il mondo un posto migliore attraverso i vestiti”, nel suo caso capi altamente scenografici, risultato del connubio tra il miglior artigianato nipponico e la tecnologia più avanzata, applicata a tessuti di recupero, stravolti attraverso tagli e costruzioni portentose, e innovativi materiali artificiali. Impossibile non menzionare, poi, Demna Gvasalia (o semplicemente Demna, come oggi preferisce farsi chiamare), vincitore di ITS Three nel 2004, che ha riportato ai fasti di un tempo Balenciaga, maison di cui ha assunto la guida stilistica nel 2015.
L’EDIZIONE ITS 2022: I VINCITORI E LE NOVITÀ
Proprio Demna, chiudendo idealmente il cerchio apertosi nel 2004 con la vittoria di ITS Three, ha presieduto la giuria della ventesima edizione della rassegna, The Ark of Creativity, andata in scena nella suggestiva cornice del Salone degli Incanti di Trieste. Un board davvero prestigioso che ha incluso, tra gli altri, il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana Carlo Capasa, Stefania Ricci (direttrice del museo e della fondazione Salvatore Ferragamo), Imran Amed (fondatore e Ceo dell’autorevole testata Business of Fashion), Matteo Battiston (chief design officer di Luxottica), Sara Maino (head of Vogue Talents e punto di riferimento per lo scouting dei nuovi talenti) fino alla popstar britannica Róisín Murphy che, insieme al designer georgiano, hanno selezionato i migliori lavori presentati dai 24 finalisti. Nello specifico, i premi sono andati a Charlie Constantinou (che ottiene l’ITS Arcademy Award per il progetto più creativo, innovativo e socialmente responsabile, assicurandosi 15mila euro e una mentorship semestrale da parte della direzione Tutoring & Consulting di Pitti Immagine), Mata Durikovic (vincitrice dell’ITS Media Award, 8mila euro assegnati dalla Media Jury di ITS 2022, che si è dimostrata capace di comunicare al meglio la propria visione, accompagnandola con un messaggio socialmente utile e una sperimentazione sui materiali) e Lucia Chain, autrice di un fashion film che le ha assicurato i 3mila euro corrisposti dall’ITS Video Presentation Award. Nell’elenco dei premiati figurano, inoltre, Zong Bo Jiang & Xiaoling Jin (con l’ITS Digital Fashion Award) e Lili Schreiber con l’OTB Award, riconoscimento istituito dal conglomerato ‒ partner del concorso ‒ di Renzo Rosso, che controlla marchi quali Diesel, Maison Margiela, Marni e Jil Sander.
Conclude Barbara Franchin: “Dopo le due edizioni digitali in epoca Covid, questo ritorno segna un importante traguardo dopo anni di lavoro molto intenso e, grazie al supporto di tanti partner, oggi abbiamo un porto sicuro dove la creatività verrà sempre accolta e valorizzata a prescindere. È nata ITS Arcademy, un progetto che ci terrà impegnati per i prossimi anni e che ha potenzialità enormi”.
ITS ARCADEMY, UNA NUOVA CASA PER LA CREATIVITÀ
Vero colpo di scena di questa edizione è stata la preview della prima mostra organizzata da ITS Arcademy, nuovo progetto voluto e guidato da Barbara Franchin, che si configura come uno spazio polifunzionale, suddiviso in due macro aree, una educativa, con percorsi per le scuole, workshop, eventi mirati per trasmettere alle nuove generazioni le competenze necessarie per una carriera nella moda, l’altra espositiva, per mostrare e valorizzare la creatività delle nuove generazioni. È nato così nel cuore del centro storico di Trieste il Museum of Art in Fashion, che verrà aperto al pubblico a marzo 2023 e intanto accoglie la prima mostra dal titolo paradigmatico, The First Exhibition: 20 years of contemporary fashion evolution. Una prima grande mostra curata da Olivier Saillard, storico della moda, ex direttore del Palais Galliera parigino e già curatore di retrospettive seminali, che ha permesso al pubblico di scoprire ‒ o riscoprire ‒ couturier del livello di Azzedine Alaïa, Christian Lacroix, Jeanne Lanvin, Madame Grès, Sonia Rykiel.
Per l’occasione Olivier Saillard ha potuto attingere da un corpus monumentale, oltre “14.359 portfolio, 1.077 abiti, 160 accessori, 118 gioielli e più di 700 progetti fotografici”, precisa lui, auspicando inoltre che il neonato museo “possa diventare il primo interamente dedicato alle forme e alle espressioni più contemporanee della nostra epoca”. Un progetto decisamente ambizioso, che può contare su un “capitale di contenuti” ‒ per usare le parole della stessa Franchin ‒ raccolto in due decenni di attività, da mettere al servizio di quella creatività che è, da sempre, la stella polare della piattaforma da lei voluta e sapientemente gestita.
E durante l’opening Franchin racconta: “Abbiamo restaurato solo 46 abiti, ma ne restano altri mille, senza contare gli oltre 14mila portfoli. Questo luogo diventerà uno spazio di sperimentazione anche per le nuove materie. Abbiamo capi in silicone e non esistono protocolli di restauro su questo e da qui forse potranno partire delle pratiche innovative per il restauro, oltre ai convegni, workshop. ITS Arcademy ha potenzialità enormi, un luogo di conservazione ma anche condivisione”.
Un progetto visionario che servirà forse da stimolo anche per città come Milano e un segnale interessante del fatto che da città come Trieste, non inserite nei percorsi canonici della moda, possano nascere concept innovativi dove si valorizza la cultura della moda e soprattutto la creatività contemporanea.
‒ Federico Poletti
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