Tre stilisti che hanno brillato nella Fashion Week di Londra
Gli effetti della scomparsa della regina Elisabetta II si sono fatti sentire anche nella settimana della moda londinese, fra cambiamenti e cancellazioni delle sfilate. Eppure qualcosa di buono c’è stato e Londra resta il fiore all’occhiello del fashion system
“We are devastated to hear of the death of Her Majesty Queen Elizabeth II whose reign will be marked in history as one of empathy, strength and grace”. Queste le prime parole che si leggono sul sito del British Fashion Council, ente organizzatore della London Fashion Week p/e 2023, certamente una delle edizioni più sfortunate della storia di questi show.
Giunta la notizia, Burberry, forse il marchio più vicino all’heritage dei reali inglesi, ha cancellato immediatamente il suo show, seguito a ruota da Raf Simons. Esclusa ogni presentazione domenica 19 settembre, giorno delle esequie, il programma è stato frettolosamente riorganizzato e ha preso forma.
E anche a Londra qualcosa di fuori dal comune si è visto. A partire (in ordine cronologico) dalla collezione di JW Anderson, presentata venerdì 16, per arrivare all’omaggio finale di Richard Quinn lunedì 20. A riprova del fatto che Londra resta una tappa imprescindibile per capire il tipo di orientamento del tessile nel prossimo futuro. Qui tre esempi che lo dimostrano.
‒ Aldo Premoli
https://londonfashionweek.co.uk/
LA COLLEZIONE DI JW ANDERSON
Il nord irlandese JW Anderson aveva da tempo programmato il suo show il in una sala giochi a Soho. Ha presentato una collezione “surreale” che includeva un vestito a specchio concavo capace di riflettere gli scatti dei telefoni cellulari del pubblico presente per terminare con una t-shirt nera stampata con il testo di dei manifesti di cordoglio per la morte della regina che sono stati affissi alle fermate degli autobus di tutta Londra. Scontato? Forse, ma dovuto. Anderson ‒ che disegna anche per LVMH la linea Loewe ‒ è in ogni caso uno dei designer più dotati di talento del momento. Perché definire la sua collezione “surreale” è presto detto: una parte ‒ le stampe di pesci rossi in sacchetti di plastica, una mappa del pianeta, le immagini di spiagge e tramonti orlati di palme ‒ è stata costruita saccheggiando immagini digitali pescate su Internet. Ma Anderson ha disegnato pure lunghe sottovesti bordate di pizzo o un top fatto di USB riciclate. Un mondo sottosopra che però mostra nell’insieme una sua particolarissima coerenza. Esattamente come accade nella vita parecchio confusa che tutti stiamo attraversando.
https://www.jwanderson.com/it/wss23-show
LA COLLEZIONE DI CHRISTOPHER KANE
Lo scozzese Christopher Kane, un altro designer che di talento ne ha da vendere, è tornato in passerella per la prima volta dal 2020 con una collezione ispirata alla biologia. Con un minuto di silenzio all’inizio dello spettacolo ha voluto sottolineare il suo rispetto ai reali. Poi sono apparse le sue immancabili ossessioni, il suo gusto per i materiali trash mescolati a quelli più dolci, il suo schietto elogio della sessualità (sempre al limite del sadomaso). La sua è una cifra tanto originale quanto inquietante: spalline in vinile trasparente e coppe del reggiseno in pizzo, un vestito da infermiera e un twin set trasparente con rose rosa a introdurre una serie di capi in vinile con inserti di fiori ritagliati. “I fiori sono il simbolo dell’amore e della morte. Erano tutte queste cose: festeggiamenti o condoglianze”, ha specificato.
https://www.christopherkane.com/it/
LA COLLEZIONE DI RICHARD QUINN
Il londinese Richard Quinn è senza dubbio il designer che deve di più a Elisabetta II. Fu lei, alla sua sfilata di debutto nel 2018, ad assegnargli il primo premio Queen Elizabeth II per il design, dedicato agli stilisti di moda in Gran Bretagna. Il suo “minuto di silenzio” Quinn lo ha realizzato con ventidue look d’apertura realizzati intorno al colore del lutto. Conosciuto per le sue stampe colorate e floreali o i suoi sontuosi abiti da sposa, Quinn ha re-impostato all’ultimo minuto l’intera collezione: così sono comparsi abiti di pesante pizzo nero, cappotti, mantelle in lurex, tuniche in velluto. I volti delle modelle coperti da veli neri sotto cui era visibile una minuscola corona nera. C’è stato anche altro più consono alla sua cifra tradizionale, ma l’emozione era condensata lì.
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