Calato il sipario sulla Milano Fashion Week primavera/estate 2023, è tempo di tirare le somme di un’edizione dal calendario serrato (210 gli appuntamenti, tra cui 68 sfilate e 130 presentazioni) e ad alto tasso di ‘mediaticità’, con la regina delle influencer, Kim Kardashian, che ha addirittura co-firmato, editandola, la collezione di Dolce&Gabbana, pescando a piene mani dagli archivi della griffe, oltre alle numerose celeb che hanno primeggiato nelle prime file dei défilé: dall’attrice premio Oscar Jessica Chastain, ospite di Gucci, alle colleghe Julia Garner, Laura Harrier e Bella Thorne, dalle star del pop alla J Balvin alle teste coronate (Lady Amelia Windsor, le nipoti di Diana Eliza e Amelia Spencer) fino a Cate Blanchett e Lauren Hutton guest da Armani. Milano è tornata ai ritmi di crescita pre-covid, confermando quel mix tra business (grazie al network di showroom e fiere), talent di nuova generazione e grandi nomi storici del made in Italy, che sono oggi in fase di rilancio come Etro, Salvatore Ferragamo e Missoni, ora guidati dalla creatività di – rispettivamente – Marco De Vincenzo, Maximilian Davis, Filippo Grazioli). Una sfida ancora aperta che vedrà traghettare l’heritage di queste aziende verso il futuro.A seguire le collezioni più chiacchierate e ammirate della MFW P/E 2023 e gli eventi che hanno coinvolto la città, lasciando il segno.
– Marco Marini e Federico Poletti
N°21
Con la primavera/estate di N°21 Alessandro Dell’Acqua si conferma capace, come nessun altro, di muoversi sul filo sottile tra perbenismo borghese e sedizione libertina, femminilità frou frou e sexiness sfacciata. Gli outfit delle amanti che danno il titolo allo show esprimono bene l’apparente contraddittorietà da cui muove sempre il designer, «portatrici – specifica lui – di molti stati d’animo: amore, gioia, passione, benessere, erotismo, sesso, delusione, rabbia». In effetti, calcano la passerella con l’aspetto di chi si è rivestito velocemente dopo un rendez-vous clandestino, i capelli scarmigliati che contrastano col rossetto applicato alla perfezione. Le gonne a matita non sono del tutto allacciate, i gambaletti scivolano sulla caviglia, le camicie, abbottonate alla bell’e meglio, sbucano da golf, soprabiti e giacche stropicciate. A farla da padrona, la lingerie dalle cromie decise, rosso fuoco o rosa, che s’intravede attraverso chemisier arricciati, tubini evanescenti, bluse e merletti, oppure viene lasciata direttamente a vista, qua da una scollatura generosa, là dalla spalla scesa della sottoveste color cremisi. Le curve vengono sigillate in lunghi dress rilucenti di paillettes, o comunque evidenziate da tagli affilati, trasparenze e spacchi maliziosi, sul finale spazio al total white con capi in pizzo ottenuti da vecchi abiti da sposa, smontati e rimontati in fogge che si accordino alla raffinata lascivia della femme N°21.
PRADA
Essenziale, austero, quasi brutalista nell’esibizione degli elementi strutturali del guardaroba; il prêt-à-porter Prada P/E 2023 colpisce per la ruvidezza pratica e concettuale dei look, un concetto che d’altra parte ricorre nella spiegazione di Miuccia e Raf Simons, duo al timone creativo del marchio, insieme all’insistenza sulla «semplicità» perché, dichiarano, «ci attrae dal punto di vista politico, teorico ed estetico». Una semplificazione spinta all’estremo dunque, tanto che ogni singola uscita dà un’impressione di non finito, di asperità, vuoi per la moltitudine di pieghe che graffiano le texture, tra gonne squarciate sui lati e orli laceri, vuoi per le colate di giallo, rosso, verde e blu che interrompono la gamma dominante di neri, bianchi e grigi. Le forme risultano rigide, scarnificate, a volte un rettangolo di stoffa è sufficiente per realizzare abitini o slip dress, mentre la camicia maschile, all’occorrenza, può allungarsi e stringersi, a mo’ di calzamaglia. Rose di tessuto, stampe fitomorfe, borse in nuance vitaminiche portate a mano, Mary Jane puntute dalla suola sagomata, il vezzo di chiudere il cappotto tenendone i lembi – alla maniera di Mrs. Prada – rappresentano le uniche concessioni alla leziosità in una partitura che, per il resto, fa tabula rasa del decorativismo imperante altrove, applicando «un sistema di riduzione per generare bellezza».
ETRO
Opta per un reset Marco De Vincenzo, alla sua prima prova da direttore artistico di Etro. Certo, resta salda l’inclinazione all’escapismo, alla mescolanza gioiosa di ispirazioni e ornamenti caratteristica di una maison che ha fatto dell’etno-chic la propria bandiera, lo stilista messinese sceglie però di distaccarsi dall’immagine tutta orientalismi, motivi folk e paisley della griffe, virando su note più personali, legate ai trascorsi recenti della linea che porta il suo nome. Il risultato è un originale assemblage di soluzioni immediatamente riconducibili al passato di Etro (il proliferio di print animali o vegetali su caftani, minidress, gonnelloni e jeans scampanati, il denim jacquard, i ricchi broccati, le vibrazioni boho che risuonano in ogni uscita…) e altre che hanno contrassegnato il percorso in solitaria di De Vincenzo, dai dégradé arcobaleno alle righe, fortemente grafiche, dalle frange sbarazzine alla maglieria a trecce, unite a comporre il vestiario immaginoso di un «eccentrico aristocratico siciliano dell’Ottocento, in pellegrinaggio da Palermo a Santiago di Compostela», per restare al comunicato stampa del brand.
VERSACE
Tengono alto il vessillo della sensualità, fiera, ostentata, imperiosa, le donne superglam della P/E 2023 di Versace. Di nero vestite da capo a piedi (uniche sostitute possibili del non-colore, tonalità comunque notturne quali viola e rosso purpureo, contrappuntate da accenti di giallo e verde evidenziatore), le top model radunate dal brand della Medusa in una Church of Versace dall’atmosfera goticheggiante, tra vetrate dipinte e candele, officiano il culto del corpo in un catwalk che gronda sex appeal in ogni passaggio. A cominciare dalla pelle scoperta il più possibile, in una sequela infinita di lunghezze ridotte al minimo, fenditure, smagliature rivelatrici, spacchi che occhieggiano maliziosi su abiti in jersey liquido, robe bustier, gonne frangiate, vestagliette generosamente sbottonate e top drappeggiati, per proseguire poi con le calzature da dominatrix (pumps con cinturini o zeppe ciclopiche, diventate ormai un trademark di Donatella), coi cappucci à la Grace Jones, con le borchie disseminate ovunque… Fino al gran finale, una parata di spose dall’indiscutibile carica erotica fra trine, giarrettiere, autoreggenti e baby-doll, capitanate da Paris Hilton, in pedana con una mise sbrilluccicante rosa; tanto per ribadire come l’ispirazione principale arrivi dal periodo di massimo splendore dell’estetica da vamp versaciana, quello degli anni 2000.
DOLCE&GABBANA
Come rompere l’internet (per citare una sensazionale copertina del magazine Paper di qualche anno fa, glorificazione del derrière più famoso del pianeta) con un singolo show, generando un buzz tale da mandare in tilt l’intera città nel pieno della fashion week? Arruolando, in qualità di “curatrice” dell’operazione, l’influencer per antonomasia, Kim Kardashian, che Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno invitato a scandagliare l’archivio del marchio, per trarne riedizioni speciali di pezzi identificativi della sua storia. Dolce&Gabbana ha provveduto persino a realizzare #CiaoKim, video che fa il verso ai cliché della mediterraneità, mostrando la megastar dei social, sempre più calata nel ruolo di erede della divina Marilyn (perlomeno nel look, tutto lustrini e paillettes), intenta a gustare un piatto di spaghetti. Scorre sullo schermo del teatro per tutta la durata della sfilata, accompagnando un repertorio di capi e accessori che ci si aspetterebbe di trovare nel mastodontico armadio di casa Kardashian, dagli abiti bodycon ai bustini che strizzano la vita, dai pantaloni tipo leggings al loungewear nei materiali più preziosi, accessoriati – noblesse oblige – da quantità smisurate di orpelli bling bling, vezzo irrinunciabile di una celebrity che, trasformando la propria vita in un red carpet permanente, ha finito per incarnare il prototipo della diva contemporanea.
GUCCI
“Alle mie mamme gemelle che hanno potuto accedere alla comprensione della vita solo attraverso la presenza dell’altra” questa la dedica di Alessandro Michele, che con il suo show Twinsburg ha portato in scena 68 coppie di gemelli, di cui 50 femminili e 18 maschili. Uno show tra i più eclatanti che ha spinto ulteriormente le possibilità espressive del brand verso nuovi territori. Partendo da uno spunto autobiografico torna in modo forte il tema dell’identità che qui diventa anche collettivo e con un senso anche politico. E così i vestiti si trasformano: il completo formale maschile perde i pezzi perché le gambe dei pantaloni vengono tagliate nella parte superiore e rette dalle pinze dei reggicalze, le giacche dei tailleur femminili diventano corazze perché sono abbottonate fino al collo, le paillettes si trasferiscono sui giubbotti maschili dove trionfa la scritta Fuori (un riferimento al Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano del 1971). Un monito a restare uniti, cercando l’unione con i nostri simili e con ciò che è diverso da sé in un momento tra i più complessi della storia. La moda con Gucci si conferma uno strumento potente per veicolare un messaggio ad alto impatto socio-culturale.
DSQUARED2
Lo streetwear del brand strizza l’occhio a una nuova sexyness. Uno show che porta una ventata di leggerezza, giocando su un mix di colori dai toni pastello sbiaditi dal sole, agli effetti brillanti delle paillettes e dei tessuti verniciati, fino ad un’esplosione di motivi a quadri dai toni accesi Gli shorts da mare oversize in nylon stampato sono indossati con micro bikini o trasformati in minigonne e abbinati a crop top a coste. Il tessuto scuba ha una finitura iridescente che varia tra il verde e il viola metallizzato, utilizzato in una gonna stretta e affusolata e in una giacca tagliata in vita. Le giacche e le gonne in PVC trasparente sono caratterizzate da cuciture bianche, mentre la pelle verde a stampa pitone è tagliata e usata per una gonna a vita bassa con doppie fibbie e in una giacca lucida abbinata a contrasto con pantaloni a gamba larga in pizzo azzurro. La caratteristica spugna dei set da spiaggia incontra il mondo del denim. Lo stesso materiale si ritrova negli accessori, tra cui zoccoli con tacco e borse ampie. Le alte décolleté in vernice a punta portano il look sulla cresta dell’onda, insieme ad orecchini tribali, borse a tracolla con il pattern D2 o borse da spiaggia in paglia. Gli occhiali da sole, unisex e avvolgenti, hanno lenti iridescenti, legati alla nuca con un laccio in neoprene in stile surfer, per assicurarsi di non perderli quando le onde si fanno più alte.
MONCLER
Non di sole sfilate viva la settimana della moda meneghina, come spettacolarmente dimostrato da Moncler con lo spettacolo coreografico organizzato di fronte al monumento simbolo di Milano, il Duomo, per il settantesimo anniversario del brand. Una live performance dal forte impatto visivo ed emozionale, tutta giocata sulla ripetizione sincronizzata dei gesti di un cast d’eccezione, formato da 1952 artisti (chiaro rimando all’anno di fondazione dell’etichetta francese), nello specifico 700 ballerini, 200 musicisti, 100 coristi e 952 modelli che, sotto la guida esperta del coreografo Sadeck Waff, danno vita a un happening corale di danza e canto. Indossano tutti lo stesso piumino bianco Maya, e muovendosi all’unisono formano un’enorme marea candida, catturando l’attenzione delle migliaia di persone che affollano la piazza in un piovoso sabato di fine settembre. L’evento dà ufficialmente il via alla celebrazione dei 70 anni di Moncler, una storia in continua evoluzione, mossa oggi come allora «dal desiderio di ricercare lo straordinario».
GIORGIO ARMANI
Re Giorgio resta fedele e coerente, innamorato del suo lavoro al servizio dell’eleganza: la collezione Fil d’Or perché il fil rouge che lega tutta la moda di Armani è diventato così significativo nel tempo da trasformarsi in oro. Una dichiarazione di amore verso le donne e di una moda “fluida” prima che il termine diventasse popolare in cui tutto scorre senza incontrare ostacoli: le giacche, i vestiti, le bluse, le canotte a rete, le gonne a pareo o a foulard, i pantaloni sarong chiusi all’altezza della caviglia, le giacche luminescenti che sembrano brillare di luce propria, i soprabiti indiani tutti perline e paillettes. E poi, quel grèige che si accende come una stella in un cielo buio. Racconta Re Giorgio: “ è una collezione ispirata a un modo di essere, proiettato ad altri mondi che si declinano con il mio mondo. Ci sono gonne e pantaloni che ho disegnato 25-30 anni fa: quindi la formula sono i pantaloni che sembrano gonne e gonne che sembrano pantaloni: mentre qualche anno fa sarebbe stato anacronistico mettere la paillette di giorno. E proprio ad Armani è andato uno dei premi organizzato da Camera Nazionale della Moda, un riconoscimento per la sua capacità visionaria che ha contribuito a rendere grande Milano e il Made in Italy nel mondo.
CNMI Sustainable Fashion Awards 2022
Camera Nazionale della Moda Italiana, in collaborazione con la Ethical Fashion Initiative (EFI) delle Nazioni Unite, un programma dell’International Trade Center, e con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dell’Agenzia ICE e del Comune di Milano, ha organizzato la cerimonia di consegna dei CNMI Sustainable Fashion Awards 2022. E’ stato l’evento che ha ufficialmente chiuso la fashion week milanese. I CNMI Sustainable Fashion Awards 2022 hanno premiato personalità e realtà virtuose che nel mondo della moda italiana e internazionale si sono distinte per l’impegno dedicato alla sostenibilità nella sua accezione più alta, per visione, innovazione, impegno per l’artigianato, riconoscimento delle differenze, economia circolare, diritti umani e giustizia ambientale. Questi i vincitori: Giorgio Armani ha ricevuto da Cate Blanchett il Visionary Award, mentre The Oceans Award è stato assegnato al progetto Sea Beyond del Gruppo Prada, con Kiara Nirghin che ha premiato l’amministratore delegato del Gruppo, Patrizio Bertelli. Ghali ha premiato invece Arianna Alessi e Renzo Rosso con The Philantrophy & Society Award mentre The Climate Action Award è andato a La Soledad x Gucci, con Bethann Hardison che ha premiato il Ceo e presidente di Gucci Marco Bizzarri e Gabriella Bordabehere. A vincere il Biodiversity Conservation Award è stata Oasi Zegna, mentre ad Ara Lumière, il marchio che lavora per sostenere le vittime degli attacchi con l’acido, ha ricevuto il Social Impact Award. Simbolo della manifestazione è il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, che fin dal 2012 rappresenta l’impegno di CNMI in quest’ambito con la stesura del Manifesto della sostenibilità per la moda italiana. Cittadellarte – Fondazione Pistoletto fin dall’inizio ha accompagnato la roadmap sulla sostenibilità di CNMI.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati