Moda e attivismo. Si sta andando davvero verso il cambiamento?

In uno scenario di imperante greenwashing e iniziative effimere in nome dell’impegno sociale, alcune aziende di moda scendono in campo con mezzi effettivi per produrre un cambiamento reale

Destreggiarsi tra la quotidiana pioggia mediatica di immagini usa e getta e di informazioni politically correct e vestire i panni di consumatore consapevole non è compito semplice nel 2022. Nello specifico caso del settore della moda, le aziende hanno sviluppato negli ultimi vent’anni una tendenza a dimostrare impegno sociale e ambientale su ogni fronte, spesso con il solo scopo di migliorare l’immagine del brand agli occhi dell’acquirente.
I risultati di queste iniziative sono spesso inconcludenti e nella maggior parte dei casi addirittura mirati ad alimentare i meccanismi di vendita e le abitudini ideologiche all’origine dei problemi che affliggono la società contemporanea.
Campagne di greenwashing, occasionali slogan body-positive e sporadica inclusività di minoranze in campagne e sfilate sono solo alcune delle tecniche adottate dalle realtà che sovente sono fautrici degli stessi problemi di cui si fanno antagoniste apparenti.
Numerosi esempi potrebbero essere elencati soprattutto nel settore della moda rapida; qualsiasi gigante del fast fashion ha nel suo piano editoriale almeno un’iniziativa all’insegna della sostenibilità promossa da termini importanti come “awareness” e “consciousness”, in font color verde salvia su etichette di cartoncino naturale che hanno come unico effetto quello di sommarsi alla già sconfinata ‒ e inutile ‒ quantità di carta applicata su ogni capo.
Sembra un vortice di promesse non mantenute che si nutre della sua stessa inconsistenza, nel quale il consumatore, senza mezzi di difesa, si trova risucchiato e impotente. Cosa rimane, dunque, oltre la mera speranza verso un effettivo cambiamento per un futuro sostenibile?

Evento sponsorizzato da Woolrich Outdoor Foundation e Worldrise Onlus

Evento sponsorizzato da Woolrich Outdoor Foundation e Worldrise Onlus

L’ATTIVISMO NEL FASHION BUSINESS PER IL FUTURO DELLA MODA

Fortunatamente le alternative esistono e gli esempi di aziende di moda che investono tempo e risorse in iniziative concrete sono sempre più numerosi.
Risale al 2009 il documentario HOME di Yann Arthus-Bertrand, finanziato da numerosi brand del gruppo PPR (oggi Kering) come Balenciaga, Gucci, Alexander McQueen, per citarne alcuni. Il documentario venne diffuso simultaneamente in tutto il mondo il 5 giugno in onore della Giornata mondiale dell’ambiente e illustra con riprese aeree lo stato del nostro ecosistema e gli effetti dell’interazione umana con il pianeta e le altre specie che lo abitano, denunciando i danni prodotti fino ad allora e, allo stesso tempo, proponendo opzioni e metodi per frenare il declino.
L’attivismo ambientale e l’attenzione verso una produzione sostenibile che si impegni su tutti i fronti cominciano dalla scelta dei materiali, passando per i metodi di riduzione delle emissioni, fino a giungere al rispetto dei diritti dei lavoratori: tutto ciò oggi è manifesto di diversi brand che portano dati concreti a dimostrazione dei risultati ottenuti e del loro autentico interesse verso la causa. L’icona di ribellione Vivienne Westwood tutt’ora si oppone alle consolidate logiche di mercato, ancora una volta paladina di anticonformismo e iconoclastia, mettendo in campo da anni il suo attivismo con un’ottica a 360 gradi sulle tematiche legate all’ambiente e ai diritti umani. Dal 2010 il brand collabora con Ethical Fashion Initiative (EFI), flagship programme di International Trade Centre, per la produzione delle sue borse, supportando il lavoro di migliaia di micro-realtà produttive condotte da donne nelle comunità marginalizzate dell’Africa. Consapevole della contraddizione che esiste tra fare attivismo e tenere in vita il successo di un global fashion brand, si prodiga per assottigliare questa controversia agendo sui metodi e cambiando la mentalità alla radice. Oltre all’azione sulle metodologie di produzione per la riduzione dell’impatto ambientale e la salvaguardia dei lavoratori, ogni fashion show, campagna e collaborazione diventa occasione per generare consapevolezza.
La più famosa designer vegana Stella McCartney è da anni impegnata sul fronte ambientale e questo ha spinto il brand a un’evoluzione della ricerca sui materiali. Eco-pelle, che di ecologico ha soltanto il prefisso, non è una valida alternativa all’utilizzo di materiali di origine animale in un’ottica di impatto ambientale: il brand ha collaborato con il partner di vecchia data Bolt Threads per lanciare i primi indumenti in Mylo™️, pelle vegana organica generata utilizzando funghi coltivati in laboratorio.

Murales nel quartiere Stadera

Murales nel quartiere Stadera

LA MODA E LA VALORIZZAZIONE DELLA CITTÀ

Stringendo l’obiettivo approdiamo a Milano nel quartiere Stadera, dove Fantastudio, hub creativo nato attorno al brand Fantabody, ha unito le forze con Woolrich Outdoor Foundation e Worldrise Onlus per attivare una serie di iniziative di valorizzazione del territorio e sensibilizzazione sui temi ambientali.
Per tutta la prima metà di ottobre 2022 si sono svolte numerose attività tra le quali un workshop per bambini, la pulizia collettiva delle strade del quartiere e la realizzazione di un murale sul tema dell’inquinamento dei nostri mari. L’opera di street art è stata realizzata dalle ragazze del collettivo A m’l rum da me sulla parete cieca del palazzo popolare di Via G. Savoia al civico 2, utilizzando la pittura naturale fotocatalitica assorbi-smog Airlite.
Un progetto, ideato e finanziato da due realtà del fashion business come Woolrich e Fantabody, che si estende tra gli universi di arte e impegno sociale coinvolgendo gli abitanti del quartiere in modo attivo, portando anche esiti concreti e testimoniando l’impegno reale del settore.
Generare consapevolezza non è sempre sufficiente; produrre, invece, miglioramenti tangibili, anche nel breve e brevissimo termine, contribuisce a creare fiducia nell’utilità delle azioni quotidiane. Le abitudini del singolo sono di certo impattanti, ma le aziende giocano un ruolo fondamentale in questa evoluzione, e il contributo deve essere unanime per essere effettivo. Le forze di ambienti estremamente influenti come quello della moda e dell’arte hanno senso di coesistere se confluiscono in un movimento collettivo, un passo dopo l’altro, verso il futuro.

Elena Canesso

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Elena Canesso

Elena Canesso

Nata e cresciuta in provincia di Padova, mossa dalla curiosità verso il mondo e le sue contraddizioni vola in Cina e vive tra Shanghai e Guangzhou dopo una laurea in Mediazione Linguistica e Culturale a Ca’ Foscari. Nel 2016 la…

Scopri di più