Acquistare online e investire sui social sono parte integrante dei nuovi modelli di business che l’industria della moda ha assorbito, creando figure professionali impensabili fino a pochi anni fa. Oggi assistiamo a scenari differenti anche a causa del forte impatto della pandemia, che ha favorito il web a discapito della realtà.
A dare il via alla ricerca di risorse in grado di riflettere il momento storico, rispettando l’individualità sociale e le aree dedicate a soddisfare le nuove richieste dei consumatori, è stata Valentino. La maison, infatti, ha lanciato il proprio sito destinato a un pubblico internazionale e dedicato alle opportunità di carriera.
Su questa e su altre piattaforme ciò che salta all’occhio sono i profili richiesti, che ruotano attorno al mondo del digitale, Ne sono un esempio il virtual showroom designer e l’e-commerce manager, figure specializzate nel gestire ambizioni e criticità del mercato virtuale, avvicinandosi sempre di più al Web3.
Su un altro fronte, l’attuale attenzione nei confronti della sostenibilità e dell’inclusività richiede esperti in grado di gestirne gli aspetti normativi e l’integrazione di queste istanze all’interno della realtà aziendale.
Così la moda si rivela luogo di opportunità anche per coloro che hanno un background in studi ambientali o sociologici, tanto da ricoprire facilmente i ruoli di sustainability manager o chief diversity officer.
Non mancano, ovviamente, le opportunità nelle grandi aree tradizionali come il retail. Gli store manager, coloro che coordinano le vendite nei negozi al dettaglio, gli account manager, specializzati nella promozione del prodotto e nello sviluppo del network di clienti e buyer, che analizzano i modelli di acquisto, prevedono i trend per il loro mercato di riferimento e sviluppano piani per l’inventario, sono necessari affinché un brand si proietti nel fashion business, specialmente nell’era dei trend.
LA QUESTIONE DEL MADE IN ITALY
Secondo McKinsey & Co., l’Italia contribuisce per oltre il 40% alla produzione di beni di lusso. “Una première a capo di una sartoria può esportare il suo know how e guadagnare da 120mila a 150mila dollari all’anno”, ha spiegato un’ospite della tavola organizzata a Milano da BoF – Business of Fashion e Shopify su Il futuro del Made in Italy. L’incontro ha riunito i dirigenti di Gucci, Valentino, Prada, Bulgari, Massimo Alba, Pitti Immagine, Brunello Cucinelli, CD Network, Camera Nazionale della Moda Italiana e Italian Trade Agency per discutere l’eredità del Made in Italy. “Nessuno vuole più essere un maker; tutti vogliono aprire un marchio, vendere e andare avanti”, sono state le prime osservazioni di un partecipante. “Il futuro dell’industria dipende dalla nostra capacità di abbracciare collettivamente la bellezza del fare le cose e dobbiamo far sì che i giovani tornino a sognare questo genere di lavori”.
Difatti, fashion designer, graphic designer e textile designer sono i profili tecnici indispensabili per la realizzazione del prodotto, mentre il product developer supervisiona la produzione, dall’ideazione del design alla scelta dei materiali, e il technical designer si occupa di tutta la parte ingegneristica (i materiali, le misure dei capi, il modello, i metodi di cucitura), spesso collaborando con i quality assurance manager, responsabili del controllo qualità, e i production manager, che si occupano della produzione. Ma sono gli stylist, professionisti che offrono la propria visione per sfilate, campagne pubblicitarie ed e-commerce, a interpretare una collezione e i visual merchandiser a valorizzarla attraverso vetrine accattivanti. Tutto sempre con l’appoggio del team marketing, fondamentale visto il predominio del digitale.
MODA E TECNOLOGIA NELL’ERA DIGITALE
Il lato tech della moda, invece, viene supportato da ricercatissimi profili prettamente tecnici: sviluppatori web, developer, data scientist che supervisionano la realizzazione e la gestione di siti web e app, lavorando con tecnologie all’avanguardia. E ancora l’innovation manager, che si occupa di strategie di mercato e innovazione del modello di business, l’UX (User Experience) designer, coinvolto nella progettazione di prodotti “on demand”, il digital experience manager, responsabile dello sviluppo del sito web anche sulle applicazioni mobile e il digital product manager, responsabile del supporto al digitale.
Ma qual è la reale chiave d’accesso al mondo della moda? Oltre alla formazione professionalizzante, una forte cultura rispetto a tutto ciò che riguarda la creatività, come la fotografia, l’arte e la comunicazione, ma anche nel marketing, canali omnichannel inclusi. Perciò è imprescindibile un apporto personale che vada oltre lo studio accademico, e passione e personalità sono le prime doti a essere richieste in un mondo in cui lo studio è ormai aperto a tutti o quasi.
Alessia Caliendo
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