Effetti collaterali del divorzio tra Gucci e Alessandro Michele

Sapranno l’ex art director di Gucci e il brand fiorentino reinventarsi dopo la separazione? Riflessioni dopo il divorzio più chiacchierato del mondo della moda

La separazione Gucci – Alessandro Michele ha scatenato reazioni da parte di tutti i seguaci della moda e non solo. Grazie ai social è stato possibile leggere la disperazione di fans da ogni luogo del mondo, le promesse di amore e stima eterna di Elton John ma anche la soddisfazione di quegli “esperti” che si augurano un ritorno all’eleganza che non trovavano più nelle sperimentazioni dell’artista romano.

La sfilata di Gucci a Castel del Monte

La sfilata di Gucci a Castel del Monte

LA NUOVA VITA DI ALESSANDRO MICHELE

Non vogliamo aggiungere cose già opportunamente affrontate, ma condividere lo stupore per il suicidio in diretta del brand e la certezza che, tra i due, sia il creativo quello capace di reinventarsi e non il Gruppo Kering. Quel creativo che ha dimostrato di saper tradurre e proporre in “veste” contemporanea la filosofia, la politica, la musica, la giustizia, il teatro… saprà reinventare il suo cosmo, come è avvenuto fino ad oggi. Il suicidio del brand è spiegato con un calo di percentuale di fatturato, comunque in crescita, ma anche con la dichiarazione delle volontà dei vertici di avere un cambiamento commerciale che Michele non ha accettato di seguire. Nell’evidenza dei fatti c’è che il nome di Alessandro Michele aveva offuscato quello del brand, soprattutto nel rapporto con i vip, testimonial come Jared Leto o Harry Styles. Nell’ultimo numero di Vogue è lui a parlare con i Maneskin e non Gucci. Un suicidio comunque inspiegabile soprattutto perché tra i possibili sostituti non emerge nessun jolly, si fanno nomi che porterebbero un cambio di strada ma nessun esploratore colto e coraggioso. Sicuramente non come Demna Gvasalia, chiamato dal Gruppo Kering, nel 2015, al posto di Alexander Wang alla guida creativa di Balenciaga. Un esperimento riuscito che spostò la couture, grazie al designer ucraino capace di trasformare in una borsa “must-have” la bustona blu di Ikea.

Gucci photo by MatteoCanestraro BureauFuture

Gucci photo by MatteoCanestraro BureauFuture

L’AFFAIR BALENCIAGA

Un altro stile performativo rispetto a Michele ma una indole che aveva legato i due designer in The Hacker, la prima collezione ibrida del 2021 con i marchi mischiati: una operazione che aveva aperto una strada nuova per i grandi marchi, possibile soprattutto se parte dello stesso Gruppo, l’unione di forze che genera una terza identità ibrida. Ma il coraggio di sostenere le stranezze oggi crea problemi: Balenciaga in questi giorni si deve scusare per una campagna accusata di pedofilia, aggressiva e inutile che non supporta nessuna tesi di rivoluzione ed evoluzione. Esattamente il contrario di tutto il lavoro fatto come Art Director da Alessandro Michele che, se pur coraggioso e trasgressivo, è sempre stato caratterizzato da una intelligente dolcezza che portava ad una narrazione delle tematiche affrontate senza urla o volgarità. La vicenda non si ferma a queste considerazioni ma apre – se parliam di formazione – un enorme interrogativo sui modelli che i nostri ragazzi vedono scomparire in nome di fatturati e non di reale successo. Le figure come Alessandro Michele sono rare. Ci sono stati Alexander McQueen che diceva che la moda era un pretesto per fare altro, o John Galliano, eliminato con una scusa inconsistente da Dior quando anche lui offusca con la sua forza l’identità del brand. Creativi capaci di coinvolgere una attenzione molto più ampia, modelli di stile che lanciano tendenze che influenzano e coinvolgono la società tutta. Sono miti per i tanti i ragazzi che studiano per diventare designer di moda o art-director, o stylist, soprattutto oggi mentre sono sempre di più le contaminazioni fra arte, moda, cinema che si propongono nelle scuole.

Alessandro Michele - Courtesy Ronan Gallagher for Gucci

Alessandro Michele – Courtesy Ronan Gallagher for Gucci

ALESSANDRO MICHELE E LA VISIONE DEL FUTURO

Hanno imparato da Alessandro Michele che la forza delle immagini e della costruzione di una campagna o di una sfilata derivano dalla capacità di scrivere una sceneggiatura, un racconto ma, soprattutto, di dare fiducia a chi ci guarda reputandolo in grado di capire un messaggio più alto della vendita di una borsa. Ogni campagna o presentazione era l’occasione per aprire un tema e imparare il nome di un filosofo, di un attivista, di un artista e vicino c’era il risultato: tutto appariva possibile. Oggi dobbiamo spiegare soprattutto a loro che il sogno non paga come il fatturato, che quello che sono chiamati a fare è un prodotto e prima di tutto deve rispondere al consenso, non deve educare ma deve piacere senza troppe complicazioni. Alla fine questo è il danno maggiore, il verificarsi di eventi che condizionano i giovani e la loro visione del futuro: oggi ci appaiono come quelli di una delle più belle campagne ideata da Alessandro Michele con le foto ed un video di Glen Luchford. La campagna Cruise “Gucci Gothic” del 2018 dove da un Arca di Noè quei ragazzi ci guardano insieme ad animali in una comunità in fuga che forse è l’ultima capace di salvare il mondo. E la moda.

Clara Tosi Pamphili

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Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili si laurea in Architettura a Roma nel 1987 con Giorgio Muratore con una tesi in Storia delle Arti Industriali. Storica della moda e del costume, ha curato mostre italiane e internazionali, cataloghi e pubblicazioni. Ideatrice e curatrice…

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