Quando la moda è scomoda. Il caso della belt-skirt di Diesel

TikTok è in rivolta contro la B-Berny belt-skirt, nuova creazione dello stilista di Diesel Glenn Martens. Ma perché la moda “scomoda” nel 2022 crea ancora scalpore? La storia del costume sembra ripetersi

Diesel adora far parlare di sé. Fondato alla fine degli anni ‘70 da Renzo Rosso e Adriano Goldschmied, il fashion brand italiano ha da sempre avuto un’attitude provocatoria, audace e anticonformista, che manifestava anche negli spot pubblicitari. Nelle ultime settimane il brand ha spopolato su Internet e social generando non poche critiche dopo la presentazione della collezione FW ’22 firmata dal designer belga Glenn Martens. L’elemento che ha suscitato tanto scalpore? La B-Berny, definita come una “cintura-gonna” composta da un’unica fascia rigida in similpelle, che si chiude sul davanti, dove spicca l’emblematica “D” del brand. Con la sua silhouette curva ma rigida quanto una cintura, il capo s’inserisce tra le nuove tendenze del momento, ricordando la moda anni Duemila e offrendo al tempo stesso un indumento dalla duplice funzione, un po’ come i pantaboots di Balenciaga.

La B-Berny Diesel durante il lancio della collezione

La B-Berny Diesel durante il lancio della collezione

LA GEN Z CRITICA DIESEL SU TIKTOK

Ma è soprattutto la community di TikTok che ha iniziato il processo social alla gonna – cintura in poliestere e velcro dal costo di 795 euro. Contestata inizialmente per il prezzo, anche se l’intento di Martens rimane quello di elevare i tessuti più modesti a veri e propri beni di lusso, poi per la sua estrema scomodità, che rende impossibile ogni seduta o movimento. E infine per l’esclusività del capo, adatto a corpi asciutti e privi di forme pronunciate. Così il capo, sulla bocca di tutti, afferma la filosofia di Glenn Martens e della stessa Diesel tra ironia, audacia, anticonformismo e ribellione.

“Madame de Lamballe, Portant une coupe Fontanges”, Antoine Callet (1776)

“Madame de Lamballe, Portant une coupe Fontanges”, Antoine Callet (1776)

STORIA DEL COSTUME: ABITI SCOMODI DAL SETTECENTO AD OGGI

Ma la storia della moda è ricca di capi e accessori che non hanno reso giustizia al benessere fisico e alla comodità di chi li indossava. Pensiamo ai fascianti e deformanti corsetti oppure ai bustier, fino ad arrivare a scarpe con tacchi vertiginosi pronti a provocare cadute e slogature. Ripercorrendo la storia del costume, come non ricordare un accessorio immancabile nella moda femminile settecentesca: il fontage. Cosa era? La tipica acconciatura in uso presso la corte di Francia (e non solo) creata a partire da un merletto inamidato che sosteneva in verticale i capelli. Con il passare del tempo, le lunghezze del fontage sono state sempre più esasperate, arrivando oltre i cinquanta centimetri, con risvolti scomodi o addirittura pericolosi per chi lo aggiungeva alla propria mise. Una comune conseguenza era che la parrucca (o peggio, i capelli) della malcapitata prendessero fuoco, poiché il fontage sfiorava i candelabri che pendevano dal soffitto.

Esempio di colletto dandy altissimo, inamidato, e decisamente soffocante

Esempio di colletto dandy altissimo, inamidato, e decisamente soffocante

STORIA DEL COSTUME: LA MODA MASCHILE SCOMODA

Non che la moda maschile venisse risparmiata da indumenti altrettanto insidiosi. La parola Vatermörder vi suggerisce qualcosa? Oltre a essere espressa in un idioma decisamente poco rassicurante, il termine significa “parricida”. I simpatici teutonici del tardo ’800 si divertivano a soprannominare così le camicie dei dandy, contraddistinte, nello specifico, da colletti inamidati alti e molto stretti. Questi ultimi potevano addirittura portare alla morte per strangolamento e asfissia chi, per disgrazia, avesse indossato a lungo la camicia, senza aver avuto l’accortezza di allentarli. Meno letali, ma potenzialmente problematici, si aggiungono alla lista i recenti skinny jeans. La loro eccessiva aderenza su tutta la lunghezza della gamba, partendo dalle caviglie, porta ad un effetto comprimente che non favorisce una buona circolazione agli arti inferiori, oltre che limitarne i movimenti e influenzare negativamente la postura.

I VESTITI COME MEZZO COMUNICATIVO

Insomma, le tendenze moda sono state spesso difficili da gestire ed indossare, risultando poco pratiche. Tuttavia si sono via via inserite nella vita quotidiana nonostante la loro scarsa praticità. Siamo abituati ad indossare, e vedere indossati, indumenti scomodi e dolorosi semplicemente perché ci fanno sentire accettati. Ma la motivazione può anche essere la necessità di esprimere la propria identità, raccontando quello che siamo o nascondendo la nostra vera natura per lasciare all’altro un’impressione ben precisa su di noi. Secondo Caleb Warren, docente di marketing alla Colorado State University, “molti prodotti hanno un valore simbolico che permette a chi li sfoggia di comunicare al mondo i suoi interessi”, così come “la capacità di appropriarsi simbolicamente di un oggetto richiede un certo capitale culturale. Ecco perché indossando un abito o acquistando un brand possiamo segnalare l’appartenenza ad un’élite, che può essere sia culturale che sociale”. Sempre essenziale fare una distinzione tra ciò che è abbigliamento e ciò che è moda. Perché se la natura stessa dei capi d’abbigliamento implica una praticità necessaria per chi li indossa, la moda non deve essere così dipendente dalla vita di tutti i giorni. Quando ciò accade, questa si carica di un’intensità diversa, più concreta, ma sarebbe incompleto giudicare le creazioni degli stilisti come esempi di arte tessile in funzione della loro praticità o comodità.

Lara Gastaldi

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Lara Gastaldi

Lara Gastaldi

Laureata in Comunicazione, Media e Pubblicità, ha proseguito i suoi studi in Svizzera, presso l’Università di Berna, specializzandosi in Sociolinguistica e World Literature. Parla inglese, tedesco, francese. Ama viaggiare e immergersi nelle usanze dei luoghi, soprattutto nei paesi di frontiera,…

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