C’è una creatività straordinaria nel lavoro dell’artista Isabelle de Borchgrave (Bruxelles, 1946), affascinante artista contemporanea nota per la creazione di abiti scultura in carta, che la rende unica soprattutto per il suo metodo di rappresentazione storicamente perfetto ma magicamente onirico. Le riproduzioni a grandezza naturale del guardaroba di Marie Antoinette o di Madame Pompadour sembrano disegni che hanno preso vita da un libro di favole, in una giusta sintesi fra ricerca e fantasia. A lei è dedicata la mostra della Fondazione Paolo e Carolina Zani per l’arte e la cultura, nella Franciacorta bresciana, evento inserito fra le celebrazioni di Bergamo e Brescia Capitale italiana della Cultura 2023. Il tema che lega i cinque abiti realizzati per la mostra e la Casa Museo è lo stile del Settecento europeo denominato Barocco, e poi Rococò, che coinvolge l’arte, la moda, il teatro, l’architettura, gli studi scientifici e la voglia di celebrare il movimento del corpo e del pensiero, come forse solo il Futurismo arriverà a fare molto tempo dopo. La Casa Museo diventa un contenitore perfetto con opere artistiche e artigianali degne del miglior gusto aristocratico dell’epoca.
IL LEGAME TRA ARREDO E MODA IN EPOCA BAROCCA E ROCOCÒ
È durante il Barocco che nasce il concetto di decorazione d’interni: lo spazio dove si vive è caratterizzato dagli interventi di abili stuccatori o ebanisti che firmano il loro lavoro come gli artisti. Gli arredi ispirano la moda e viceversa; infatti, compare sia il letto à la polonaise che l’abito à la polonaise, entrambi connotati da drappeggi di tessuto che poggiano su colonne o su panier nascosti sotto strati di gonne.
L’altro elemento che emerge in questo periodo è l’esotismo: il tema dell’Oriente, assai caro a tutta la cultura occidentale nel XVIII secolo, è centrale anche nel guardaroba della Casa Museo, in cui una creazione sartoriale in carta della Borchgrave diviene l’assoluta protagonista della scena. Le ante del paravento cinese in lacca Coromandel della metà del XVII secolo, elemento adorato da Coco Chanel che ne aveva molti nel suo atelier, fungono da scenario perfetto per un prezioso e colorato kimono, i cui decori, resi su una carta che sembra seta luccicante, dialogano direttamente con le pagode, le scene di vita e i motivi floreali impressi sul legno delle ante.
LA MOSTRA DI ISABELLE DE BORCHGRAVE
All’interno della prima sala espositiva intitolata a Canaletto, una robe à la française bianca e azzurra e due paia di scarpine. La robe à la française, di ispirazione Pompadour, è accanto a un quadro di François Boucher, il “primo pittore del re” protetto dalla favorita del re Luigi XV, la marchesa di Pompadour. Nella sala delle temporary exhibition la Borchgrave riproduce con semplici fogli di carta una morbidissima seta: una robe à la française con ampi panier laterali, novità del Rococò francese che, come il guardinfante spagnolo, sosteneva l’ingombro di stoffa avvolgendo la silhouette con una struttura ovaliforme di cerchi in vimini e ossi di balena legati da fiocchi e nastri, riempiti con rotoli di seta o lana. Nel salone dell’Ottagono, tra arredi barocchi, coralli trapanesi e una serie di tele del vedutismo lagunare, il visitatore può ammirare una robe à la polonaise, certamente una veste informale da passeggio, priva di panier, ma sostenuta da una tournure posteriore, che gonfia e solleva la figura. Il pattern di questa creazione in carta di Isabelle è ripreso dalla robe à l’anglaise con chinoiserie del 1785 circa, oggi al Kyoto Costume Institute, mentre la foggia (polonaise) è ispirata a Le Bal Paré, incisione del 1774 di Antoine-Jean Duclos da un’invenzione di Augustin de Saint-Aubin.
La mostra diventa così un’occasione di studio che va oltre la conoscenza di un artista o di un luogo. E la didattica diventa codice di lettura del manufatto grazie anche alla tecnica artistica della Borchgrave. Una tecnica lontana dalle riproduzioni digitali, che consiste in una lavorazione di semplici fogli di carta bianca, solitamente di 1 per 1,5 metri, stesi su un grande tavolo ricoperto di lino, poi dipinti e trattati con l’effetto trompe-l’œil, e infine incollati. L’effetto prospettico ottenuto sugli abiti scultura è accentuato da un sapiente uso dei colori ‒ tempere, pastelli e matite colorate.
Clara Tosi
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