Il potere della minigonna di Mary Quant. La stilista britannica della Swinging London
“Non avevo il tempo di aspettare la liberazione delle donne, e così ho fatto da sola” diceva la stilista britannica e inventrice della minigonna. Qui la storia dell’indumento - manifesto femminista
Mentre la moda compiange la stilista britannica Mary Quant, scomparsa a 93 anni il 13 aprile 2023, non si può fare a meno di ricordare la minigonna. Quel lembo di tessuto con l’orlo inferiore molto sopra le ginocchia, precisamente a metà coscia, introdotto dalla stessa Quant nella Londra degli anni Sessanta, frequentata dai Beatles e dalla modella androgina Twiggy, che fu la prima a sdoganarla. Eppure le femministe del XIX secolo la richiedevano già da tempo, perché le classiche gonne – costituite da tessuti pesanti, lunghe fino a terra e indossate sopra a scomode sottovesti – non garantivano autonomia di movimento. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu una riduzione della lunghezza, dovuta alla carenza di materiale tessile. Poi riportata alle origini da Christian Dior, caratterizzando il decennio successivo con il celebre “New Look”.
LA STORIA DI MARY QUANT
Dame Barbara Mary Quant nasce nel 1930 a Blackheat, in Inghilterra, da una famiglia di professori universitari. Studia illustrazione presso il Goldsmiths College per poi affiancare un modista di lusso di Mayfair, spinta dalla sua passione per la moda che la conduce a Londra. Dove si fa conoscere aprendo una boutique, Bazaar, perfetta sintesi delle stampe e dei colori che animavano le strade della capitale. È lì che è stata esposta per la prima volta in vetrina la minigonna tanto indossata da Jackie Kennedy e Brigitte Bardot. Anche se la paternità è tutt’oggi dubbiosa: critici, esperti e appassionati infatti non sanno se attribuire la creazione della mini skirt a Quant o al sarto francese André Courrèges, che ha causato l’abbandono della convenzionale struttura dell’abito attraverso un modo di vestire alternativo. Visibile dalla collezione del 1965 di Yves Saint Laurent fino agli orli di Cristobal Balenciaga.
LE ORIGINI DELLA MINIGONNA
Messi da parte i falsi miti, è certo che l’avvento della minigonna non sia tanto casuale. Gli anni Sessanta furono travolti dalla cosiddetta seconda ondata femminista: periodo di attivismo e filosofie femministe iniziato negli Stati Uniti d’America e diffusosi in tutto il mondo occidentale. Le origini furono il baby boom e il ritorno alla vita familiare che relegava nuovamente la donna alla figura della casalinga. Sebbene i canonici quanto obsoleti ruoli si fossero invertiti durante la Prima e Seconda Guerra Mondiale, quando gli uomini erano in guerra e bisognava sostituirli sul posto di lavoro. Così le micro gonne sono diventate manifesto di libertà. Perché non si accettavano più certe imposizioni e si sentiva il bisogno di prendere decisioni in autonomia, sfidando i pregiudizi altrui. In questo il corpo ha giocato un ruolo fondamentale, visto che nei decenni precedenti a quello della Swinging London non era concesso alle comuni figure femminili di mostrare la parte superiore della gamba. Come nella Cina della Rivoluzione Culturale, dove la minigonna era ancora ritenuta una depravazione.
GLI EFFETTI DELLA MINIGONNA OGGI
Se per la moda londinese di fine anni Sessanta poteva essere accettabile una gonna che arrivasse ai 20 cm sopra il ginocchio, nello stesso periodo a New York la lunghezza tipica dell’indumento non arrivava a scoprirne più di 10. Oggi invece il problema non ce lo poniamo neanche, partendo dalle catene fast fashion fino ad arrivare a Miu Miu e Diesel. Gli Ottanta, Novanta e Duemila hanno giocato in mille modi con le lunghezze, seguendo le orme dei creativi modaioli che li avevano preceduti. Liberando la donna, perlomeno in termini di stile, dai limiti imposti da una società patriarcale e ridandole indietro la possibilità di scegliere come esprimere se stessa. Ne è l’esempio il commento di una signora qualunque sui social, che ringrazia Mary Quant per “averci fatto sentire tutte belle e libere”. Eppure “le vere creatrici della minigonna sono le ragazze che si vedono in giro per la strada”, come amava ripetere la rivoluzionaria stilista britannica. Perché loro hanno avuto il coraggio di osare e credere in un’invenzione. Alcune anche di protestare contro le limitanti lunghezze di Christian Dior.
Giulio Solfrizzi
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