Il mese della moda continua con la Paris Fashion Week, in quel turbinio di sfilate ed eventi che a giugno occupano le grandi metropoli per mostrare le collezioni maschili della primavera estate 2024. In questi giorni lo scontro è stato tra Milano e Parigi poiché vantano le fashion week più rilevanti a livello internazionale. Questa stagione, però, sembra che il capoluogo lombardo e la capitale della Francia abbiamo condiviso l’incertezza tipica delle estetiche contrastanti viste in passerella, diventando più simili che mai e abbattendo qualsiasi pregiudizio popolare.
LO STREETWEAR DI LOUIS VUITTON
La rappresentazione francese dell’uomo che verrà nella prossima bella stagione ha deciso di iniziare col debuttante Pharrell Williams nei panni di direttore creativo di Louis Vuitton. Con lui l’abbigliamento formale assume le sembianze dello streetwear per trame, design e accostamenti. Ritornano anche le sneakers, scomparse dalle sfilate milanesi, che si alternano a stivali e Mary Jane. I pixel dei videogiochi e gli scacchi, simili a quelli proposti da Marc Jacobs nel 2012, si impossessano di cappotti, completi e bermuda. Così la sfilata faraonica sul Pont Neuf si è trasformata in un cumulo di riferimenti alla pop e celebrity culture – vedi lo stilista Stefano Pilati come modello e Beyoncé in prima fila insieme ad altri vip. Ma anche in un elogio alla cultura afroamericana grazie alla presenza di un folto coro in passerella e amici dello stesso Pharrell che la rappresentano oggi. Insomma, una sorta di autoritratto del cantautore, che conoscevano già in molti.
GLI ECCESSI MODERATI DI DRIES VAN NOTEN E WALES BONNER
Se Louis Vuitton celebra i colori e le trame contorte, Dries Van Noten lo fa in maniera decisamente più chiara. Trasparenze, linee morbide ed altre fascianti non rinunciano a tonalità come il giallo senape o il viola, piuttosto le esaltano in una collezione che sembra raccontare l’Oriente, pur sempre occidentalizzato, attraverso fantasie camaleontiche. Fantasie che predilige anche il marchio emergente Wales Bonner, seppur confusionario. In un look appare il leopardato, in un altro i tipici scacchi. Poi un’astrazione dello zebrato, il gessato e alcuni fiori impreziositi. Dimostrando la volontà di rappresentare tutti e al contempo nessuno, svelando però una nuova e dimenticabile collaborazione con Adidas.
PICASSO SECONDO PAUL SMITH
C’è anche chi i colori li enfatizza attraverso l’arte. Paul Smith, ad esempio, unisce un aspetto serioso del vestiario come la sartoria con trame che onorano Picasso, anche grazie ad una mostra curata dall’omonimo stilista al Musée National Picasso di Parigi. Lo stesso, ma senza espliciti riferimenti, fa Jonathan Anderson da Loewe, schierandosi ancora una volta a metà tra surrealismo e astrattismo attraverso forme indecifrabili, giochi di (punti) luce, tagli e contorni morbidi ma definiti.
L’ANDROGINIA PARIGINA
Eppure a questi eccessi, imparagonabili in ogni modo al massimalismo, si oppone la “rivoluzione gentile” sostenuta da quei marchi che stanno cercando di scardinare dal vestiario maschile le teorie obsolete secondo cui un uomo debba e possa indossare solo camicia, giacca e pantalone. A Parigi per questa stagione ha iniziato Egonlab con top scultorei e altri scoprenti, spalle in vista e scollature profondissime (anche quando non previste dalla struttura degli abiti, come per le giacche). Il marchio emergente è stato poi seguito dai drappeggi dark e dai capi fascianti di Rick Owens, che sembra sempre rappresentare un guardaroba post apocalittico; dagli scintillii di Dior Homme che ricordano il tweed delle signore dell’alta società; dalle nudità esasperate e ripetitive i Ludovic de Saint Sernin, il quale non crea vestiti piuttosto gli sottrae fino ad arrivare alla pelle.
IL LUSSO ALLA FRANCESE
Immancabile pure il “fatto bene”, ovvero quel lusso che non segue le tendenze del momento tantomeno i cambiamenti sociali. Tra i marchi che riportano il passato in passerella, Hermès è il più noto. Anche se nasce con la pelletteria, si è evoluto in una linea di abbigliamento intergenerazionale, indossabile da chiunque ritenga i colori neutri un porto sicuro. Anche Ami di Alexandre Mattiussi propone una certa semplicità per la Primavera/Estate 2024, finendo per condividere molto con un minimalismo contemporaneo fatto di spacchi, linee nette, tinte unite e qualche eccesso di tessuto. E la stessa scelta cromatica e stilistica è stata attuata da Givenchy, dimostrando che il sistema moda asseconda il volere degli acquirenti: un abbigliamento da tutti i giorni e per tutte le occasioni. Giunti a questo punto, può sembrare che Parigi abbia messo in scena abiti maschili, e non solo, simili a quelli visti sulle passerelle milanesi. Variegati ma simili. In realtà questo è il risultato di una moda che di endemico non ha più (quasi) nulla. La presenza di più tendenze contemporaneamente può illuderci che ci sia diversità, eppure non è così. L’unica speranza è la personalità di ogni singolo creativo, che per ora si coglie – non sempre – nelle collezioni, indistintamente da Francia o Italia. Mettendo in scena una rappresentazione modaiola di “Uno, nessuno e centomila”.
Giulio Solfrizzi
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