Negli anni, la moda ha attraversato terreni spinosi non politicamente corretti per arrivare ad un livello di inclusività decisamente migliore rispetto al secolo scorso, anche se i punti critici sono ancora molti e i progressi non escludono una necessità di ulteriore crescita verso una completa apertura alle diversità. Eppure un ruolo della moda è quello di rappresentare il contesto socio-culturale, di catalizzarne gli stili e raccontare la contemporaneità attraverso il costume, e il mondo delle tendenze – capace più di altri di influenzare il pensiero delle masse – può addirittura avvalersi del potere di muovere il progresso. Perciò al termine del mese dell’orgoglio, il Pride Month di giugno, ci chiediamo quanto il fashion system del 2023 sia stato capace di rappresentare le esistenti comunità quanto di fornire dei mezzi per accelerare il progresso culturale.
Le logiche genderfluid nella moda istituzionale
Sono sempre più numerosi i marchi pronti ad abbracciare uno stile genderfluid e abbiamo visto questa tendenza estendersi dai più innovativi stilisti indipendenti fino ai grandi brand. Oggi neanche la moda istituzionale può esimersi dal prendere parte ad una vera e propria rivoluzione concettuale, ed è così che Valentino porta in passerella shorts ultracorti e maxi stampe floreali. Ancora più corti i bermuda avvistati da Prada durante l’ultima sfilata uomo “Fluid Form” per la Primavera Estate 2024. Poi sono arrivati i cristalli e le perle applicati sui tagli sartoriali di Dior, e i drappeggi e le scollature profonde per l’uomo di Saint Laurent. Per quanto riguarda la donna, si sono viste sempre più linee pulite, completi maschili e misure oversize rispetto alle solite codificazioni nelle quali era stata limitata la figura femminile da Jil Sander, Issey Miyake e in buona parte da Margiela. Una considerazione diventa inevitabile: la polverosa divisione uomo e donna ha assunto una connotazione restrittiva e regressista. Questo cambiamento, applicato al sistema moda, suggerisce una necessità di rivoluzione radicale.
Laud End Praud: l’evento tra moda e arte dedicato alle questioni di genere
Tra stilisti indipendenti e i cosiddetti emergenti, il concetto di fluidità è ormai ordinaria amministrazione. Svincolati parzialmente dai limiti creativi e dalle logiche di mercato, questi brand godono di una maggiore libertà espressiva che si manifesta nelle loro creazioni. Lo dimostrano le collezioni completamente genderless di Doublet, Burc Akyol, Jordanluca e Magliano. Ma per celebrare la fine del Pride 2023, il 1 luglio è stata presentata a Milano la collezione PRAUD, un progetto collaborativo dell’artista Vanadio23 con i fashion designer Simon Cracker, Lessico Familiare, Ritarita, Fantabody, Pijama e Sirainer. La nuova scena modaiola di Milano ha unito le forze per creare una collezione diversificata ma accomunata dalla spinta rivoluzionaria verso un futuro più inclusivo. Il processo creativo si è sviluppato attraverso una stampa ispirata alle Metamorfosi di Ovidio e firmata da Vanadio23, a partire dalla quale ogni stilista ha ideato i capi della collezione: i soggetti principali sono sketch che illustrano la sessualità e l’amore in tutte le sue forme, e claim in inglese maccheronico “all’italiana” come il nome della collezione PRAUD. La sfilata è stata accompagnata da un evento complessivo ed inclusivo, LAUD END PRAUD, che ha unito talk, performance e dj set con scopi benefici a sostegno della comunità LGBTQ+. Tra gli highlight della presentazione, le opere bodypainting sui corpi di modelle e modelli, ispirate ai dipinti di Vanadio23 e curate dalle make-up artist Serena Congiu di Blend Management assistita da Martina Porcelli ed Elena Bettanello di Julian Watson. Il messaggio? Abbracciare la propria identità sessuale con ironia e cancellare le etichette in un mix che porta sesso, gioco e provocazione sia nell’abbigliamento sia nell’arte.
Elena Canesso
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