Così come Milano è ritenuta la patria della moda, Venezia lo è per il cinema. Nel tempo si sono avvicendati film, scandali e gossip, accompagnati da tanti look sfoggiati dai divi. Quest’anno, però, l’80esima edizione del Festival del Cinema di Venezia si è dovuta scontrare con lo sciopero di attori e sceneggiatori hollywoodiani per l’uso dell’intelligenza artificiale nella stesura dei copioni, e il modello economico di serie tv e film sulle piattaforme di streaming.
Gli effetti dello sciopero di Hollywood sul Festival di Venezia
Lo sciopero sembra essere il più coeso dal 1960, come riporta Login del Corriere della Sera, dimostrando una linea comune da parte di circa 11mila sceneggiatori cinematografici e televisivi aderenti alla Writers Guild of America, il loro principale sindacato, e 65mila attori della Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists (Sag-Aftra). Questo potrebbe non dire nulla a chiunque abbia interesse per abiti e celebrità, ma in realtà ha tanto a che vedere con lo svolgimento del red carpet, potente strumento che rende l’evento davvero popolare e atteso. Un esempio è l’assenza di Challengers di Luca Guadagnino, i cui costumi sono stati curati dallo stilista Jonathan Anderson e che avrebbe dovuto aprire la kermesse. Non solo perché, dopo alcune scene svelate, si è già parlato di tennis-core (trend legato all’estetica del tennis), ma anche perché Zendaya, uno dei personaggi principali, avrebbe dovuto sfilare sul tappeto rosso. E si sa, lei catalizza sempre l’attenzione di un pubblico giovane e internazionale tra abiti di Valentino e Alexander McQueen e collier di Bulgari. Di conseguenza c’è stato meno chiacchiericcio, e una copertura mediatica meno estesa, anche a causa di altri film e attori che sono venuti meno.
I look più famosi delle dive al Festival di Venezia
Da quando esiste il Festival di Venezia, le scelte stilistiche delle attrici hanno attratto e non poco, spesso facendo passare in secondo piano i propri film: dalla britannica Diana Dors che arrivò nel 1955 al Lido con bikini a vista (e su una gondola) all’abito principesco indossato da Sophia Loren nel ’58 e confezionato dal Dior di Marc Bohan, fino al vestito minimalista per cui optò Nicole Kidman nel 1999, quasi a contrastare lo “scandaloso” Eyes Wide Shut. Per gli attori invece è un’altra storia, fatta di completi giacca-pantalone e smoking che nel tempo non cambiano di molto. Per eventi formali come la premiere di un film, la giacca è sicuramente una certezza, quasi un porto sicuro per sentirsi adeguati, ma osare non è una cattiva idea se il messaggio arriva forte e chiaro: l’abbigliamento maschile necessita di maggiore libertà d’espressione, come la versione moderna, tinta di rosso scarlatto e scoprente su tutta la schiena, scelta dal giovane attore Timothée Chalamet sul red carpet di Venezia 79. E no, la cravatta e la camicia non c’erano.
Il potere del red carpet a Venezia (e non solo)
Giunti a questo punto, è chiara la rilevanza del tappeto rosso, per cui grandi marchi della moda investono importanti cifre affinché diventino sponsor o vestano le celebrità di turno. Ed è altrettanto chiaro che non sia superficiale come si dice, poiché riflette gli usi e i costumi contemporanei, i personaggi più in voga del momento e le tendenze future, anche solo nelle capigliature o nella scelta dei colori. Questo accade probabilmente per la fiducia che riponiamo nei personaggi del grande schermo, capaci di mettere in risalto determinati elementi poi oggetto del desiderio o di riflessione. Dunque, se questi non si presentano, il loro posto viene preso da altri che a primo impatto non danno l’“imprinting” del divo o della diva, tipo gli influencer del caso o volti del piccolo schermo che cercano una rivincita, vedi Ilary Blasi in un classicheggiante Dior e gli ex gieffini o isolani di Canale5. Personaggi che non hanno nulla a che fare con il cinema, piuttosto con i marchi che vogliono farsi notare al Festival.
I migliori look degli attori e delle attrici a Venezia 80
Alcuni personaggi erano comunque presenti, vedi Jacob Elordi, l’Elvis di Sofia Coppola, in Bottega Veneta al Lido e Valentino sul red carpet, seguito da Cailee Spaeny, la Priscilla della stessa regista, in Chanel. Poi Patrick Dempsey e Adam Driver per il film Ferrari, Caterina Murino in Fendi prima e Kiton poi, Alice Pagani in Antonio Marras e Isabelle Huppert in un metallico e visionario Balenciaga. Nell’immaginario comune, il red carpet trova un senso se a frequentarlo sono attori e personaggi pubblici strettamente legati al cinema; gli altri possono arricchirlo, renderlo a volte più stuzzicante, ma è il Festival del Cinema di Venezia dove tanti aspettano i membri dei cast sbarcare su quel piccolo ponticello, arrivare alla conferenza stampa e accingersi a entrare in sala attraversando il tappeto rosso. Così il red carpet diventa veramente uno strumento per aiutare i prodotti cinematografici a emergere, facendo appassionare il pubblico anche grazie ai look griffati. Queste riflessioni però non valgono per la stragrande maggioranza dei vestiti stereotipati, tra design fiabeschi e completi neri, che provocano noia e fanno scorrere internet senza prestare attenzione. Ed è proprio in questo che si sente la mancanza di alcuni attori e alcune attrici, come la già citata Zendaya, alleati dell’originalità e non della stravaganza, le cui scelte in termini di stile valgono (quasi) quanto un intero film, senza sminuirlo.
Giulio Solfrizzi
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