La moda come esperienza interdisciplinare. L’intervista al direttore creativo di Issey Miyake
A Parigi si è tenuta la loro sfilata-performance. Coinvolgendo l’artista Yoshihisa Tanaka per la scenografia. Ce ne ha parlato in esclusiva lo stilista Satoshi Kondo, in un dialogo tra moda e arte
Un tempo due giovani promesse, Yves Saint Laurent per Christian Dior e Issey Miyake da Givenchy, muovevano i primi passi negli uffici stile parigini. Circa un decennio dopo, negli anni Settanta, si contendevano le passerelle a suon di visioni diametralmente opposte. Il primo celebrava l’empowerment e la sensualità femminile; il secondo, primo fashion designer giapponese accolto dalla Chambre Syndicale, la camera della moda francese, celebrava la sperimentazione tecnologica nel rispetto della tradizione artigianale delle sue radici. Si narra che il lavoro di Issey Miyake (Hiroshima, 1938 – Tokyo, 2022) sia nato quando le fabbriche di tessitura giapponesi erano in declino e l’unico modo per sopravvivere fosse sviluppare materiali unici.
Lo stilista, nel corso della sua vita professionale, ha impregnato, lavato, stropicciato, bruciato, saldato, esposto alle intemperie, eroso, rimpicciolito, contorto e plissettato i tessuti per ottenere nuove forme espressive che raffigurassero lo spirito collettivo attraverso la scelta di abiti-divisa che consentissero di uniformarsi ma allo stesso tempo distinguersi. Lo stesso Steve Jobs, con cui intratteneva una solida amicizia, gli chiese di disegnare le uniformi dei dipendenti della Apple dopo aver visto quelle da lui ideate per la Sony. Leggere come il vento, le sue creazioni si sono più volte prestate all’arte, al design, alla danza e alla musica attraverso un linguaggio visivo e performativo sempre ben definito. Oggi, a raccogliere l’eredità di Issey Miyake, c’è Satoshi Kondo, sopraggiunto al timone della casa di moda nel 2019, tre anni prima della sua scomparsa. Artribune lo ha incontrato a qualche ora dalla sfilata Primavera Estate 2024 tenutasi nei giorni scorsi a Parigi.
Intervista a Satoshi Kondo, direttore creativo di Issey Miyake
Issey Miyake è il primo marchio che, negli anni ’70, ha valorizzato la dimensione sociale degli abiti per universalizzarli e plasmarli sul corpo. Come ha tradotto questo concetto nel 2024?
Ciò che ho imparato da Miyake è sempre presente in ciò che realizzo. Per questa collezione, in particolare, ho creato AMBIGUOUS, una serie di maglie realizzate con la tecnologia seamless knitting che presenta un drappeggio trasparente sul davanti, formato naturalmente e unicamente dalla matericità del filato di cotone ad alta torsione. Il tessuto a maglia è piuttosto elastico e fluido, e si adatta al corpo di chi lo indossa. A seconda di come li si abbina e li si stratifica (sono disponibili in diversi modelli e lunghezze), si può creare un look unico e personalizzato. Per me, la materialità di AMBIGUOUS si riferisce all’idea di universalità di un capo, mentre il suo design, semplice e sobrio, incarna l’idea di espressione individuale.
Miyake ammise di aver “pensato che gli abiti dovessero essere anonimi”. Nel momento in cui prevale il quiet luxury, un lusso discreto, la filosofia del marchio rimane invariata?
Il design e la realizzazione che pratico derivano dalla filosofia di Miyake e riguardano l’assenza del fashion designer. Sebbene lo stesso svolga un ruolo importante nel processo creativo, l’abbigliamento che ne deriva deve essere progettato e realizzato per facilitare lo stile di vita dei tempi moderni.
Il marchio, fino a poco tempo fa, era riluttante verso qualsiasi forma di marketing online; solo nel 2020 il team giapponese ha aperto una pagina Instagram. Vi preservate ancora dall’effimero?
Come fashion designer, vedo Instagram come un mezzo per esplorare un nuovo modo di comunicare al grande pubblico, oltre a quelli che già utilizziamo per la stampa e la comunicazione, poiché siamo consapevoli che con l’aiuto dei social media possiamo avere un approccio più diretto ed efficace.
Un effimero che, tuttavia, viene catturato anche nella collezione Primavera Estate 2024 “Grasping the Formless”, vista a Parigi. Come?
Questa collezione, compresa la sua fonte d’ispirazione, vuole cogliere gli elementi della natura che non hanno forme definite e che continuano a trasformarsi: sono questi i momenti effimeri che trovo affascinanti e che, essendo transitori, spariscono in un istante. Per la presentazione di questa collezione, ho cercato di fare in modo che il tema della collezione fosse trasmesso nel modo più fedele possibile. A tal fine, tutti gli elementi che abbiamo incorporato hanno completato l’esperienza. Sono molto felice che si sia percepito l’effimero, perché era quello che volevamo.
Avete rinnovato nella Primavera Estate 2024 esperimenti come la serie di stampe LIGHT LEAK realizzate attraverso l’esposizione di un rullino fotografico. Ci dica di più…
LIGHT LEAK è un’iterazione del tema della collezione in quanto cerca di catturare la luce fugace e mutevole. Il nome deriva dall’omonima tecnica fotografica che espone intenzionalmente un’immagine su pellicola aprendo il coperchio della fotocamera per un breve momento, ottenendo strisce di luce dai contorni sfocati sull’immagine. Un membro del nostro team di progettazione ha preso una macchina fotografica e ha creato queste fotografie con esposizione alla luce, che sono state poi ingrandite e trasferite sui tessuti.
Le sfilate di Issey Miyake sono sempre state un’esperienza interdisciplinare, in cui opere d’arte, performance e location dialogano con la moda. Come ha concepito il progetto di questa stagione?
Per la scenografia della presentazione, prima ho avuto l’idea di creare le membrane – pezzi di carta washi pieghettati fatti di fibre naturali al 100% – perché ho trovato la fluidità delle loro forme mutevoli in sinergia con la collezione. Il fatto che le membrane si muovano reagendo ai lievi movimenti e cambiamenti dell’ambiente circostante mi ha ispirato a integrarle come parte della scenografia per consentire una maggiore interazione tra i performer e le modelle. Per la musica ho immaginato qualcosa di contemporaneo che avesse una presenza e potesse interagire con le membrane sotto forma di onde sonore. L’installazione della carta washi è l’opera dell’artista Yoshihisa Tanaka.
Come seleziona gli artisti con cui collabora?
Yoshihisa Tanaka, ad esempio, è un esperto della carta. Spesso scelgo i professionisti con cui lavorare in base al modo in cui il loro lavoro si collega al tema della collezione. Sono sempre entusiasta di lavorare con loro perché portano nuove prospettive e creatività che elevano l’espressione della collezione oltre la mia immaginazione.
Alessia Caliendo
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