Un brand italiano in testa alla classifica sulla trasparenza dei marchi di moda

Il Fashion Transparency Index 2023 ci rivela un'industria della moda ancora lontana dall'essere sostenibile. Due brand però si distinguono e fanno ben sperare nel futuro

Mentre lo sfruttamento umano e ambientale prospera impunemente, gran parte della catena del valore della moda rimane torbida. Proprio per questo esce annualmente dal 2015 il Fashion Transparency Index.

Cos’è il Fashion Transparency Index

Il report viene elaborato da Fashion Revolution, il più grande movimento di attivismo sui temi della moda che si estende in 75 Paesi per valorizzare un’industria che conservi e ripristini l’ambiente e valorizzi le persone rispetto alla crescita e al profitto.

L’indice analizza 250 dei più grandi marchi e rivenditori di moda al mondo, selezionati sulla base di un fatturato annuo superiore a 400 milioni di dollari, prendendo in considerazione coloro i quali generano un maggiore impatto e li classifica in base alla divulgazione pubblica delle proprie politiche ambientali, dei diritti umani, delle pratiche e impatti eco-sostenibili.

Un riflettore sulla quantità di informazioni che i più grandi marchi di moda del mondo decidono di rivelare, partendo dal presupposto che le aziende impegnate nella transizione sostenibile senz’altro avranno la necessità di raccontarlo e quindi di essere trasparenti nei confronti dei consumatori. L’obiettivo è promuovere una maggiore responsabilità delle aziende e alimentare l’attivismo nel consumatore sempre più consapevole.

Fashion Transparency Index
Fashion Transparency Index 2023

I dati del Fashion Transparency Index 2023

Nel complesso, nonostante la crisi climatica stia crescendo in intensità e urgenza, risulta che l’industria della moda globale ha compiuto progressi insignificanti sulla trasparenza e che i principali marchi di moda continuano a sottrarsi alle proprie responsabilità. Infatti il punteggio medio del 26% è aumentato solo del 2% rispetto all’anno scorso.

Sono ben 258 gli indicatori che vengono utilizzati per classificare le aziende. Il 94% dei principali marchi di moda non rivela ancora quale carburante viene utilizzato nella produzione dei propri vestiti, quindi la necessità di sostituire carbone e combustibili fossili con accesso alle energie rinnovabili di alta qualità, come l’eolico e il solare. La stragrande maggioranza, il 99% dei principali marchi di moda, non rivela ancora il numero di lavoratori che nella loro catena di fornitura ricevono un salario dignitoso.

Nonostante i dati rivelino una percentuale ancora lontanissima dal concetto di trasparenza e quindi ancor di più di sostenibilità, ci sono stati alcuni passi nella giusta direzione. Nel 2023, per la prima volta in 7 anni, due brand hanno raggiunto l’80% dei risultati: l’italiano OVS nuovamente in testa, seguito da Gucci che ha aumentato del 21% la propria posizione rispetto all’anno scorso, il primo brand di lusso a posizionarsi in top alla classifica.

Per anni il settore del lusso ha avuto difficoltà ad essere trasparente, quest’anno i cinque maggiori movimenti sono tutti marchi di lusso: Gucci, Armani, Jil Sander, Miu Miu e Prada. Nonostante tutto, questi ultimi dati ci portano a sperare che, se c’è la volontà, grandi passi avanti nella trasparenza sono realizzabili.

Margherita Cuccia

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Margherita Cuccia

Margherita Cuccia

Responsabile dei Progetti Speciali di Artribune S.r.l. Margherita cura la rubrica sulla sostenibilità della Moda sullo Speciale Moda & Fragranze | Artribune e sulla piattaforma multimediale. Ha insegnato Design del Tessuto, all’Università Iuav di Venezia all’interno del triennio in Moda e Arti Multimediali. Ha…

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