L’Italia si contende da sempre il primato di Paese della moda con la Francia. Prima, però, di pensare ai titoli, bisognerebbe comunicare la tradizione degli abiti che l’Italia vanta attraverso mostre e iniziative aperte al pubblico, e non chiuse in posti inaccessibili. Il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti, tra i rari esempi che abbiamo, ci prova e torna a farlo dopo 3 anni di chiusura per manutenzione e restauro, inaugurando 12 nuove sale con una selezione di oltre 50 abiti e costumi delle dive di ieri e di oggi.
Gli abiti del Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti
A quarant’anni di distanza dalla fondazione del Museo all’interno del complesso delle Gallerie degli Uffizi, e dopo aver assunto maggior lustro con la direzione di Eike Schmidt, la collezione permanente si è allargata e alcuni capi sono stati restaurati. Il focus rimane il Novecento, spaziando dal mantello-kimono di Mariano Fortuny per Eleonora Duse alla tunica flipper anni Venti di Coco Chanel, dagli abiti surreali di Elsa Schiaparelli a quello datato anni Ottanta e firmato Gianni Versace per Patty Pravo. Poi ci sono gli abiti del sarto delle dive anni Cinquanta Emilio Schubert, i vestiti barocchi Gianfranco Ferré per Dior e la guaina nera di Jean Paul Gaultier indossata da Madonna. E ancora: creazioni di Miuccia Prada, John Galliano e Giorgio Armani. E in primavera si aggiungeranno altre dieci sale, dove i costumi della nobiltà e dell’aristocrazia dal Cinquecento all’Ottocento saranno in mostra, insieme a una sala dedicata ai gioielli del tesoro dell’ultimo Granduca di Toscana, Ferdinando III di Asburgo Lorena.
Il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti. Il curioso appello del direttore delle Gallerie Eike Schmidt
“Volevo ricordare l’importanza dei donatori per la formazione della inestimabile collezione del museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti”, ha affermato il direttore delle Gallerie Schmidt. “L’appello che ora lancio è di continuare con le donazioni per gli anni a venire; è un appello rivolto a tutti, specialmente a stilisti, attori, cantanti, come in passato ma ora aggiungiamo anche influencer e creators: donate, per rendere sempre più bello questo museo unico nel nostro Paese“. E anche se oggi si storce il naso sentendo parlare di personaggi del web, alcuni di questi possiedono capi d’abbigliamento esplicativi dello stile contemporaneo, quindi di un periodo storico che in un modo o nell’altro verrà analizzato da studiosi e studenti. D’altronde, come potrebbe mai essere l’Italia la culla della moda senza un luogo che la racconti a chi non l’ha potuta ammirare nel corso del tempo?
Giulio Solfrizzi
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