Nei primi anni del secondo Dopoguerra, moda, atelier, tessuti preziosi e idee innovative hanno reso Roma “the place to be”, ovvero un punto di riferimento per gli amanti della bellezza, del lusso e del mondo del cinema. Grazie al sostegno finanziario del Piano Marshall, attuato nel 1947, gli studi di Cinecittà diventano un polo attrattivo per l’industria cinematografica hollywoodiana, decretando la fusione dell’alta moda italiana con il cinema americano e la nascita di quella Hollywood sul Tevere che in breve tempo culminerà con La Dolce Vita e consacrerà Roma come culla dell’haute couture. La mostra FIFTIES IN ROME. La couture anni ’50 (RMX), ospitata presso il Museo Boncompagni Ludovisi fino al 14 gennaio 2024, racconta proprio questo, accendendo i riflettori su un periodo a volte poco approfondito della storia della moda e per presentare le innovazioni tecniche e creative che couturier come Carosa, Fernanda Gattinoni, Tiziani, Schubert, Antonelli e Fabiani hanno apportato, intrecciando le proprie radici con il know-how che caratterizza il Made in Italy.
La mostra “FIFTIES IN ROME. La couture anni ’50 (RMX)”
Curata da Stefano Dominella, collezionista a cui appartengono la maggior parte delle opere presentate, la mostra propone un interessante excursus attraverso la storia della moda romana, a partire dalla ricercata selezione di abiti, alcuni mai esposti prima d’ora. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Accademia del Lusso di Roma, ente di alta formazione specializzato nella preparazione di profili creativi e manageriali per la moda e il design. La mostra si sviluppa lungo le riccamente decorate sale del piano terra del prezioso Villino Ludovisi, sede del museo. Situato non lontano da Via Veneto, il villino progettato nel 1901 dall’architetto Giovanni Battista Giovenale su commissione del principe Luigi Boncompagni Ludovisi è un pregevole esempio di uno stile architettonico eclettico, definito anche “barocchetto romano”. Donato dalla principessa Blanceflor de Bildt Boncompagni allo Stato italiano nel 1972, oggi il museo conserva collezioni di quadri e diverse forme di arti decorative che spaziano dallo stile Liberty all’Art Déco.
La mostra “FIFTIES IN ROME”. I couturier protagonisti
Dopo la Sala di Papa Boncompagni, la visita continua con il Salone delle Vedute, che deve il suo nome a una decorazione parietale a tempera realizzata a trompe-l’œil durante i primi anni del XX secolo. Qui sono conservati i pezzi più pregevoli della mostra: sul podio centrale si alternano abiti da gran sera e di fattura pregiata, che permettono anche di riscoprire l’abilità e il talento di tante donne designer attive a Roma. Tra questi, troviamo l’abito verde in taffetà del 1953 di Alberto Fabiani, indossato da Marella Agnelli, ma anche due creazioni sapientemente drappeggiate di Fernanda Gattinoni e un abito del 1958 firmato da Emilio Schubert, decorato con boccioli di rosa. Tra i pezzi già presenti nelle collezioni del museo, troviamo esposto con una nuova collocazione il maestoso abito in crespo di seta bianca con corpino drappeggiato a canestro di Fernanda Gattinoni. L’abito, indossato da Lana Turner nel 1957, è posizionato accanto al ritratto della Principessa Alice Blanceflor Boncompagni Ludovisi de Bilt, firmato dal pittore ungherese Philip de László nel 1925.
La mostra “FIFTIES IN ROME”. Gli abiti delle dive: da Hepburn a Magnani
Con una valenza più intima, si presenta la sala della Culla dei Principi di Savoia. Al centro, vicino alla Culla dei Principi reali realizzata dallo scultore romano Giulio Monteverde, è esposto il costume indossato da Audrey Hepburn nel film Guerra e pace (1956) di King Vidor. L’abito, realizzato in gazar di seta con piccoli cavallini ricamati in velluto blu botte, porta la firma di Fernanda Gattinoni. La stanza successiva, detta la Galleria degli Arazzi, accoglie con tre teche di gioielli e preziosi accessori parte della collezione personale di Palma Bucarelli, storica direttrice della Galleria Nazionale tra il 1942 e il 1975. A seguire, stampe colorate, gonne a ruota e primi modelli chemisier: gli elementi cardine che permisero al “Made in Italy” di distinguersi e di superare la più classica moda francese. Tra questi, ritroviamo il prezioso abito in bianco e nero ricamato a intarsio che la stilista Fernanda Gattinoni immaginò per Anna Magnani in occasione della presentazione del film Bellissima di Luchino Visconti nel 1952.
La mostra “FIFTIES IN ROME”. Il valore culturale della moda romana
Pensata soprattutto per giovani e studenti, FIFTIES IN ROME. La couture anni ’50 (RMX) vuole riportare l’attenzione su un capitolo fondamentale di storia della moda italiana. Per quanto riguarda l’allestimento, però, pesano un’inadeguata illuminazione e la mancanza di pannelli introduttivi, di materiale fotografico e di note biografiche sugli atelier e sugli autori di queste opere che avrebbero potuto dare ai visitatori ulteriori spunti di riflessione e informazioni. Grazie a iniziative del genere, il Museo Boncompagni Ludovisi, custode di tante altre opere, ci ricorda l’importanza del patrimonio della moda e delle arti decorative per la città di Roma. Anche qui, una gestione poco accorta probabilmente non è in grado di rendere giustizia a questo museo, ricco di potenziale, che meriterebbe di essere arricchito di attività, fondi e iniziative. Per questo, oltre a elogiare brand o enti privati che scelgono Roma per la presentazione delle proprie collezioni, la pubblica amministrazione dovrebbe prima di tutti prendere a cuore questo museo e lavorare insieme per rendere il patrimonio della moda romana nuovamente e seriamente protagonista.
Valentina Cognini
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