Non è la prima volta che Olivier Saillard porta un nuovo capitolo di Moda Povera in Italia. Così come non è la prima volta che Fondation Cartier invita il pubblico per una delle sue Soirée Nomade, la manifestazione nata nel 1994 per mettere in scena interventi artistici che intersecano grandi mostre in corso. Ma qualche giorno fa Saillard alla Triennale di Milano ha dato vita a Carte Blanche, una suite di tre performance agite in parallelo alla mostra di Ron Mueck, particolarmente significativa per essersi svolta a meno di una settimana dalla conclusione della Haute Couture parigina.
Tre performance di Olivier Saillard
Pubblico da grandi occasioni per questo spettacolo (perché di spettacolo si tratta) che ha come riferimento unico questo particolare segmento del fashion. Un pubblico formato da professionisti del settore o semplici appassionati in ogni caso genuinamente interessati alla storia della moda, al teatro o alla letteratura. Facile riconoscerli come tali seduti in circolo su un palco nero di fronte all’unica modella protagonista di una recita muta lunga 45 minuti. Axelle Doué oggi sessantenne (dagli Anni 80 tra le preferite dei gradi fashion designer) si è cimentata in un esercizio sottile dove spogliarsi e rivestirsi risultava una coreografia capace di proporre con grazia un guardaroba personale. Per 45 minuti, coadiuvata sul palco dallo stesso Saillard, ha indossato 22 capi, accompagnata da una voce fuori campo che indicava per ognuno un nome di fantasia accompagnato da una breve didascalia di intonazione proustiana. Eccone un esempio: “N°1. Trittico dei sentimenti. Dalle fodere, dalle semi-gonne/ Di tre toni di sguardi e di incanti/ Trasformate in un abito lungo di giorni andati /Grigio di un tempo, verde tra poco, rosa per sempre”. Poetica, ma mai triste, l’azione scenica di Moda Povera V: les vêtements de Renée è nata lo scorso giugno dalla rielaborazione del guardaroba fatto di pezzi comuni rinvenuto da Saillard dopo la scomparsa della madre. Con Moda Povera VI: les vêtements des autres, la sera precedente Saillard aveva debuttato con un’altra tappa del suo percorso. In questo caso ogni visitatore è stato invitato a consegnare, per un momento, un capo di abbigliamento a lui caro. A dieci modelle Saillard ha poi affidato il compito di indossare il capo fornito del momentaneo donatore. Abiti quotidiani da passeggio o da lavoro, hanno sfilato riprendendo vita dopo che l’atelier di Saillard li ha rianimanti. Sta qui il senso della performance: restituire a ciascuno una parte intima del rapporto con l’indumento prestato, senza proclamarlo. Nell’ultima delle tre performance, Salon de Couture, Saillard ha incastonato tra le sculture di Ron Mueck una sfilata senza abiti recitata da Violeta Sanchez, musa di Yves Saint Laurent e Helmut Newton. Qui la protagonista come facevano un tempo le direttrici di “Salon” descrive con precisione, tessuti, forme, materiali e ricordi di tagli prodigiosi messi in atto da celebri couturier come Gaultier, Alaïa, St. Laurent o Mugler, cuciti nella memoria di chi li ha conosciuti. Sanchez ha sfilato in passerella con sguardi maliziosi e movenze morbide capo dopo capo (che in realtà non c’erano) come era consuetudine nelle maison dei couturier fino agli anni Cinquanta.
Chi è Olivier Saillard
Carte Blanche alla Triennale è solo l’ultima tappa del lavoro creativo di Saillard. Ex direttore di Palais Galliera a Parigi, direttore della Fondazione Azzedine Alaïa, direttore artistico immagine e cultura del brand J.M.Weston Saillard, al suo attivo vanta mostre, installazioni e naturalmente performance: tra queste ultime Impossible Wardrobe con Tilda Swinton e Model Never Talk, una risposta ai canoni più convenzionali delle sfilate di moda. Ma è nel 2018 che nasce Moda povera: progettata con intento pedagogico, dimostra come sia possibile trasformare il più semplice dei capi utilizzando la maestria tecnica dell’alta moda. Davanti alle performance di Saillard è impossibile non tornare col pensiero alle presentazioni Haute Couture terminate solo qualche giorno prima a Parigi. Su tutte ha brillato la “difficile” collezione disegnata da John Galliano per Maison Margiela. Galliano l’ha costruita utilizzando tessuti di riciclo trattati in maniera innovativa, poi assemblati dal suo raro talento in volumi e silhouette straordinarie. Un’imprevedibile consonanza con il lavoro di Saillard che dimostra che cosa sia la vera Couture e quali siano le abilità richieste per tenerla in vita. Sappiamo che per i super brand nel nuovo millennio le collezioni HC sono mirate poco o niente alla vendita delle complicate mise portate in passerella: si tratta piuttosto di marketing utile a sostenere vendite di cosmetici da una parte, di pochi ma costosissimi pezzi di alta gioielleria dall’altra. L’intenzione di Saillard è sempre stata un’altra: “Alle fashion week che si susseguono con frenesia, ho preferito contrapporre in due giornate qualche ora di performance dove viene celebrato l’indumento e non la moda, emancipato da qualsiasi carattere commerciale e consumista, libero da ogni prospettiva economica”.
Aldo Premoli
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