Vestire politico e stile personale: parla lo storico della moda Matteo Augello
“La decisione di usare il mio corpo per trasmettere un messaggio è stata naturale”, ha rivelato Augello in un colloquio uscito sul secondo numero del nostro Focus Moda. Qui l’intervista e le foto esclusive
Categorizzare la realtà attraverso schemi di matrice religiosa, sociale e politica ha aiutato l’essere umano a costruire un sistema comprensibile e funzionale alla cooperazione e alla sopravvivenza della specie; tuttavia, il progresso culturale e l’avanzamento economico modificano le esigenze collettive, rendendo necessario l’adattamento culturale. Il mondo della cultura, in quanto generatore di conoscenza e consapevolezza, deve favorire il progresso, accettando di abbandonare pesanti fardelli ideologici e polverosi stilemi con l’obiettivo di consegnare alla storia il passato e di procedere verso il futuro. In qualità di storico della moda e docente presso London College of Fashion e Regent’s University London, Matteo Augello veicola contenuti di valore teoretico usando un linguaggio assolutamente attuale, senza mai nascondere un amore spassionato per storia, arte e moda. La sua forza divulgativa non si trova tanto nei mezzi espressivi, di tipo anzi piuttosto istituzionale come il libro Curating Italian Fashion, ma risiede nel valore iconografico e politico di cui investe la sua stessa immagine. La ricerca di riferimenti da indossare, l’esplorazione della propria femminilità e la manifestazione identitaria attraverso l’abito spostano il discorso sull’espressione estetica a una dimensione contemporanea. Conosciamo, allora, Matteo Augello, individuo queer dall’incredibile potenza comunicativa e dalla grazia rivoluzionaria, capace di offrire una perfetta rappresentanza del tempo in cui vive all’ambiente culturale odierno.
Intervista a Matteo Augello
Il tuo libro Curating Italian Fashion racchiude riflessioni sul ruolo dell’eredità culturale nella moda italiana. Da dove sei partito?
L’idea nasce dal mio dottorato e dalla mia esperienza con i musei aziendali, soprattutto con la Fondazione Antonio Ratti, e risponde alla necessità di colmare lacune nella storia della curatela di moda. Della moda italiana trovo interessante il modo in cui costruisce il concetto di italianità e rispecchia l’eterogeneità della propria storia. Proprio per questo è difficile definirla.
Nel libro racconti gli intrecci tra musei e moda. Hai sempre amato questi due mondi?
Fin da piccolo ero affascinato dalla storia e dai musei. In tarda adolescenza, rimasi folgorato da una mostra sui balletti russi al Victoria and Albert Museum di Londra. Da allora, i costumi e l’espressione del corpo in movimento mi hanno sempre affascinato. Quello che apprezzo di più della moda è come permetta di esplorare, consciamente e inconsciamente, la propria identità attraverso l’abito.
Credi che la scelta di usare la tua immagine in copertina abbia contribuito a generare interesse?
La decisione di usare il mio corpo per trasmettere un messaggio è stata naturale. Quell’immagine è costruita come un ritratto rinascimentale, incorpora numerosi riferimenti al contenuto del libro, diventando una sorta di riassunto visivo della mia ricerca.
Il tuo stile è influenzato dalla tua ricerca storica?
Durante i miei viaggi mi piace girare tra i negozi vintage, ma onestamente non cerco molti vestiti, seguo di più aste di gioielli o arte. Spesso i miei abiti più belli non sono stati una mia scelta, mi sono stati regalati da amici: è bello confrontarsi con la visione che gli altri hanno di te e mi sono ritrovato ad amare anche pezzi che mai avrei comprato.
Come viene interpretata la femminilità nella moda odierna? E come la interpreti tu?
Diciamo che la divisione tra maschile e femminile è stata centrale nella storia, e che negli ultimi anni l’espressione di genere è stata messa in discussione nel dibattito pubblico in maniera inedita. Il genere è uno degli elementi che compongono la nostra identità e non sempre ha la priorità su ciò che comunichiamo. Per me, persona di sesso maschile, esplorare la femminilità e permettere che diventasse un aspetto caratterizzante della mia identità è stato un percorso complesso e voluto. Le mie scelte di stile quotidiane sono spontanee, ma quando partecipo a un evento in qualità di accademico il vestire diventa politico, un’occasione per portare consapevolmente una certa libertà espressiva in ambiti istituzionali.
Cosa vedi negli studenti che si avvicinano a questo settore?
C’è grande coscienza politica e questo mi riempie di speranza. Una studentessa un giorno mi disse: “Matteo, perché quando cerco online un costume femminile per Halloween, ottengo tra i risultati solo indumenti sexy? È perché le donne sensuali fanno paura agli uomini?” Allora ho pensato, il mio lavoro qui è compiuto, è pronta per il mondo!
Elena Canesso
Lo sguardo scelto per raccontare Matteo Augello è di Federica Cocciro
Fotografa milanese classe 1989. La sua impronta autoriale si esprime grazie a un dualismo tra immaginazione e realtà, il cui equilibrio sta alla base di progetti personali, reportage sociali e commissionati.
L’abito indossato da Matteo Augello è un Gianfranco Ferre, Autunno-Inverno 1992 custom made per Milva
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