Lanciata nel 2008 da una ragazza lituana per sbarazzarsi di una centinaia di vestiti, Vinted oggi è diventata una società valutata più di 3,5 miliardi di euro. Un’app di riferimento per gli amanti della moda in cerca di affari che sta cambiando le abitudini di acquisto di molte persone offrendo una via alternativa e sostenibile allo shopping tradizionale.
Vinted: una nuova frontiera dello shopping
Nel vasto panorama dell’e-commerce, poche piattaforme hanno saputo coniugare successo commerciale e sostenibilità come Vinted. Nel giro di qualche anno quest’app è diventata virale, in concomitanza a un maggiore interesse dei consumatori per la moda second hand (ovvero, di seconda mano), non più considerata scadente bensì ricercata. Per gli appassionati di moda, quelli che si perdono tra i mercatini dell’usato o acquistano nelle boutique del vintage, è proprio uno strumento di ricerca. Non solo per ragioni economiche o di qualità dei prodotti in vendita. Su Vinted si possono fare veri e propri affari: ho comprato capi di alta moda al prezzo di un qualsiasi articolo di fast fashion. Oppure accessori e calzature di ottima fattura, dal design oggi introvabile, rimanenze di magazzino di vecchi negozi di famiglia ormai chiusi. Ma, soprattutto, l’offerta di prodotti è incredibilmente vasta, essendo possibile comprare e vendere in tutta Europa (e ciò implica più ricerca, quindi più tempo e sforzi da parte del cliente). Per chi ha buon occhio, l’esperienza d’acquisto su quest’app può rivelarsi una vera caccia al tesoro. Per altri, anche un modo di ripensare le proprie abitudini di acquisto. Oggi, infatti, l’applicazione è molto usata dai giovani, che da un lato si svincolano dalle proposte del fast fashion, trovando qui la possibilità di accedere a marchi più costosi, e dall’altro riescono a guadagnare qualcosa in autonomia vendendo tutto ciò che non utilizzano più. Vinted, che ha integrato anche la piattaforma di e-commerce Rebelle, è a tutti gli effetti l’app di moda second hand più conosciuta in Europa in questo momento. Ma non è esattamente una startup perché esiste da quasi 16 anni.
Com’è nato Vinted
Tutto nasce da un trasloco. Era il 2008 quando la giovane Milda Mitkute, allora ventiduenne, partecipa una sera ad una festa in casa di amici a Vilnius, capitale della Lituania. A quella festa rincontra un vecchio amico Justas Janauskas, informatico, a cui racconta di star cambiando casa e di dover ripulire il suo armadio, pieno di abiti a volte mai indossati. Milda Mitkute è una studentessa brillante che ama la moda e ha una certa ossessione per lo shopping. Insieme pensano, quindi, ad una soluzione al problema. In due settimane, l’amico crea un sito in cui poter vendere un centinaio di abiti che ha accumulato. Un progetto del tutto amatoriale, tanto che in un primo momento mancava addirittura il pulsante “compra”. In breve tempo, tutto viene venduto. La voce si sparge rapidamente, essendo la Lituania un paese piccolo, e molte persone cominciano a vendere e comprare. Nel 2011 la piattaforma attira i primi investitori e l’uomo d’affari lituano Mantas Mikuckas entra a far parte del gruppo. “Ha detto: ‘Ragazzi, avete capito cosa avete creato?’” racconta Milda in un’intervista al Guardian: “Abbiamo risposto: ‘Sì, una piattaforma dove le ragazze possono vendere i propri vestiti’ Lui ha detto ‘No. È molto più grande!”. Il boom di download ed il successo sono, però, arrivati nel 2020, durante la pandemia. Il numero di utenti cresce esponenzialmente, Vinted si espande in nuovi paesi, tra cui l’Italia, dove debutta proprio a fine 2020. Tutto grazie alla pulizia dei propri armadi, un classico comportamento durante i vari lockdown che ora è diventato un business, forse mettendo in dubbio il concetto di sostenibilità legato alla vendita di abiti usati, dato che i pacchi fanno giri immensi prima di arrivare a destinazione.
Vinted: un’app semplice e rivoluzionaria
Nato come un semplice sito web, oggi Vinted è diventata un’azienda valutata 3,5 miliardi di euro, in cui lavorano più di mille persone. Testimonianza che quello del second-hand è un business in crescita e rappresenta una nuova frontiera verso un sistema sostenibile. Da tempo esistono in realtà app per la compravendita di vestiti o più in generale oggetti di seconda mano come Ebay, la più famosa. Oppure Vestiaire Collective, specializzata in articoli di lusso e di alta moda usati. Ciò che però ha reso Vinted così attraente per milioni di utenti è stata la sua semplicità d’uso e il suo approccio comunitario. Contrariamente a eBay o Vestiaire, dove in genere si trovano venditori più professionali e i costi possono essere più elevati, su Vinted gli utenti vendono senza necessariamente cercare un profitto e senza doversi perdere in complicati giochi postali. La spedizione è semplicissima, grazie ad etichette create direttamente in-app per inviare articoli da uffici postali o edicole e non prevede ulteriori spese per i venditori. Agli acquirenti invece è addebitata una commissione compresa tra il 3% e l’8% del prezzo di un articolo, inferiore rispetto ad altre app, che comprende una protezione acquisti e un servizio di assistenza. Inoltre, da qualche periodo a questa parte è anche possibile usufruire di un servizio di autenticazione per l’acquisto di articoli griffati. Chi acquista ha comunque la possibilità di chiedere foto e altre informazioni, contrattare il prezzo, interagire velocemente con gli altri utenti. Ed è forse questo il lato più interessante di quest’app: ci troviamo di fronte a una piattaforma che ha trasceso il semplice concetto di e-commerce, diventando più una community. Storie di oggetti e di persone che si intrecciano, custodite poi nei nostri guardaroba. Perché ogni vestito o accessorio crea inevitabilmente un legame fra chi lo vende e chi lo compra.
Valerio Torre
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