Chi decide di farlo non torna più indietro: le pratiche sostenibili, non ancora abbastanza diffuse nel mondo della moda, richiedono costanza, sostenute da opportunità di business che oggi spingono nella stessa direzione. Per chi lavora su una ricerca innovativa in grado di fornire risultati concreti, a debita distanza dagli specchietti del greenwashing e del greenhushing, ci sono, quindi, buone previsioni di successo. Come dimostrano gli ultimi fatti salienti sul rapporto tra moda e sostenibilità. Vediamoli.
I corsi post-laurea su moda e sostenibilità di International Luxury Academy
A metà luglio, durante il suo Open Day Virtuale, l’International Luxury Academy ha presentato il suo programma di corsi post-laurea in moda. L’Accademia in modalità blended, fondata e diretta da Ivana Conte, già ex creative e academic director di Istituto Marangoni Firenze, si pone l’obiettivo di riconfigurare il concetto di moda e di lusso per favorire un impatto positivo e colmare il divario di competenze tra l’ambito educativo e quello professionale.
Un nuovo approccio olistico e umanistico, coadiuvato dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, consente agli studenti di personalizzare il proprio percorso formativo attraverso programmi che includono lezioni virtuali con gli esperti del settore, mentorship in presenza e internship con brand di prestigio. Cambiando l’approccio al design e riaccendendo la passione per l’artigianato, i corsi promuovono pratiche responsabili e sostenibili, al passo con le innovazioni tecnologiche. Al centro l’impegno ad affiancare a lungo termine gli studenti e i clienti aziendali, per promuovere una comunità globale di talenti e fornire una rete che sostiene la creatività e l’imprenditorialità, favorendo l’emergere di idee innovative.
In Italia si ritorna a coltivare il cotone in un’azienda biologica pugliese
La coltivazione di cotone, abbandonata da tempo sul territorio nazionale, è ripresa in Puglia grazie a Pietro Gentile e Michele Steduto, che a partire dal 2020, con la collaborazione di imprese agricole locali, hanno dato vita a GEST, reintroducendo una tradizione centenaria sul territorio pugliese. E oggi si possono apprezzare i risultati di una coltivazione di cotone biologico made in Italy in cui tutto il processo produttivo, dalla coltivazione stessa alla raccolta, dal filato ai tessuti, è curato nei dettagli evitando sprechi e utilizzando fonti di energia rinnovabile.
Parte tutto da un’attenta selezione del seme, piantato a pochi chilometri dall’azienda per monitorare costantemente l’intero processo di crescita. La nuova varietà di cotone seminata è a fibra lunga, indicatore di alta qualità nel mondo del tessile: i semi vengono creati ad hoc per GEST e sono il risultato di più tipologie messe insieme per creare le condizioni migliori per la crescita della pianta in base al clima del territorio pugliese. Viene anche praticata la Armonicoltura: le piante sono quindi costantemente coccolate diffondendo musiche con frequenze benefiche di 432Hz sui campi. A partire dal mese di luglio, l’azienda ha inoltre avviato un dialogo con nuovi partner con l’obiettivo di confezionare un’intera collezione (come già avvenuto con la camiceria) seguendo tutta la catena produttiva interamente in Italia, con i propri impianti di lavorazione e senza delegare nessun passaggio all’esterno, potendo controllare l’intera filiera in modo sostenibile per ambire alla certificazione GOTS (Global Organic Textile Standards) e tracciare il processo biologico dal campo di cotone fino al prodotto finale. A settembre 2024, in occasione del quinto raccolto, si terrà un evento per presentare la nuova campagna cotonifera e poter toccare con mano il cotone di origine italiana.
La tintura sostenibile di Christina Dörfler
Christina Dörfler è un’artista e ricercatrice austriaca, che insegna Arte e Fashion Design alla KMD-Herbststrasse di Vienna e dal 2018 fa parte del collettivo “Freundliche Mitte”. Attraverso il suo progetto artistico interdisciplinare, Excuse my Dust Series, sperimenta varie tecniche di tintura non ortodosse che coinvolgono materiali corrosivi naturali, pigmenti naturali e trattamenti sostenibili della superficie tessile. Il suo lavoro è una ricerca di forme alternative, raccolta collettiva, produzione e creazione sostenibile.
Attualmente, la sua ricerca è approdata sull’isola di Shikoku, a Tokushima, presso l’Aizome Studio di Kenta Watanabe, per approfondire l’Aizome, l’antica tecnica di tintura con cui viene realizzato l’indaco giapponese attraverso diverse applicazioni, dalle quali è possibile ricavare numerose gradazioni del colore. Tra gli altri, lo studio di Kenta Watanabe produce Sukumo, un indaco fermentato, gestendo tutte le fasi di lavorazione, dalla coltivazione alla raccolta, all’essiccazione e fermentazione dell’indaco, fino alla preparazione della soluzione colorante, della tintura e alla sua commercializzazione. Nella cultura giapponese, la tintura Aizome è anche considerata curativa per le sue proprietà antibatteriche: tradizionalmente si ritiene che più il colore entra in contatto con le mani di chi lo utilizza, più diventa unico. Christina Dörfler ha sperimentato queste tecniche tingendo Shibori sul lino tessuto a mano e nel mese di ottobre 2024 terrà corsi di riparazione con la tecnica del ricamo Sashiko al Repair Festival di Vienna.
Le ultime novità dall’E-shop del Museo del Tessuto di Prato
Una proposta dedicata al design, all’artigianato, alla sostenibilità e alla promozione del territorio, realizzata nell’ambito del progetto, ancora in corso, Horizon Europe – RECHARGE che si pone l’obiettivo di stimolare la ricerca sul ruolo dei musei all’interno delle proprie comunità nella creazione di valore condiviso, economico e non, attraverso lo sviluppo collaborativo di nuovi servizi. All’interno del progetto, l’obiettivo del Museo è stato quello di creare pratiche innovative e collaborative per fare dell’e-commerce museale uno strumento in grado di generare valore diffuso con e per alcune comunità professionali e per gli utenti stessi del museo. I prodotti proposti sono frutto di collaborazioni tra il museo e artigiani, designer e piccole imprese prevalentemente locali e sostenibili a cui si aggiungono prodotti di brand già ideati e selezionati dal museo. Le materie utilizzate sono naturali e circolari, pezzi unici e artigianali spesso ispirati al patrimonio del Museo stesso. Il tessuto è il protagonista della collezione ma si trovano anche altri oggetti tutti realizzati nel rispetto dell’ambiente e delle persone che li producono. Nel progetto sono stati coinvolti anche alcuni piccoli musei toscani, come il circuito dei Musei Diocesani, il Museo della Carta di Pescia e il Museo Paleontologico di Montevarchi, invitati a sperimentare lo strumento dello shop online per selezionare a loro volta artigiani, designer e piccole imprese votate alla sostenibilità nel loro territorio. Al momento, il Museo sta sviluppando progetti e collaborazioni con diverse scuole di design, tra cui Isia di Firenze, per inserire nuovi prodotti nell’e-shop dedicati alla fascia più giovane, con un occhio al design e uno al prezzo.
Il Fashion Transparency Index 2024 sulla transizione energetica nel mondo della moda
Quest’anno il Fashion Transparency Index proporrà un’edizione speciale dal titolo What Fuels Fashion?. La ricerca avviata da Fashion Revolution, che ha l’obiettivo di misurare la trasparenza dei brand della moda nel modo di comunicarsi, metterà dunque in relazione i dati di 250 dei più grandi marchi di moda del mondo relativamente al rispetto del clima e al risparmio di energia nelle proprie operazioni e catene di fornitura. Al centro dell’Index la decarbonizzazione e come finanziare la decarbonizzazione, dal momento che i combustibili fossili caratterizzano ogni fase della produzione di abbigliamento, dalle fibre agricole alla tintura dei tessuti, fino alle fabbriche di energia elettrica, essendo i nostri vestiti realizzati in regioni del mondo che ancora dipendono dai combustibili fossili e che ne subiscono l’impatto. Altri punti chiave sono: responsabilità, approvvigionamento energetico e transizione e tutela. L’industria della moda deve iniziare a investire nell’energia rinnovabile. E What Fuels Fashion? in uscita il primo agosto 2024 metterà in luce cosa stanno facendo i brand per fermare questa crisi.
I Circular Fashion Days a Torino
La prima edizione del Festival dedicato alla moda responsabile organizzato a Torino si è tenuta negli spazi di Green Pea, grazie all’iniziativa della startup a vocazione sociale Atelier Riforma. Quattro giorni di attività hanno arricchito la causa del consumo consapevole ispirando e coinvolgendo consumatrici e consumatori verso uno stile di vita sostenibile. Oltre a laboratori di block print, eco printing, rammendo, ricamo, creazione di toppe creative, e personalizzazione di capi deadstock, diverse sono state le mostre e le installazioni artistiche votate alla riflessione sui risvolti ambientali, sociali ed economici del settore e i talk sull’impatto dell’innovazione tecnologica per la sostenibilità della moda, accanto al market con espositori provenienti da tutta Italia e swap parties. Le sfilate in programma hanno presentato collezioni upcycled: una realizzata a partire da vestiti usati, con il contributo di una sartoria sociale, e l’altra a partire da capi deadstock. Mentre il Contest di Upcycling rivolto agli studenti di moda ha premiato Noemi Teruggi (Istituto di Moda Burgo Torino), Benedetta Cirilli (Istituto di Moda di Genova) ed Erica Joyce Tongol (Istituto Modartech di Pontedera (PI). I loro capi saranno messi in vendita nel Circular Factory, gli spazi di Green Pea dedicati alla moda circolare.
Margherita Cuccia
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