Tutto il Surrealismo nella moda di Elsa Schiaparelli, l’artista che creava abiti 

Ha collaborato con artisti come Dalí e segnato la moda unendola all’arte. Non era una semplice stilista ma una creativa che ha rivoluzionato il sistema per sempre

La moda, spesso fraintesa come una corsa all’ultimo trend, rappresenta una forma d’arte a tutti gli effetti. E proprio tra estro artistico e alta sartoria si staglia la figura di Elsa Schiaparelli, la stilista italiana che ha rivoluzionato il panorama novecentesco con la sua immaginazione visionaria grazie all’influenza di numerosi artisti, tra cui Salvador Dalì.

Schiaparelli e l’unione tra moda e arte

Elsa Schiaparelli è un nome iconico nel panorama della moda della metà degli Anni Trenta; la sua arte è stata un connubio indissolubile con il Surrealismo, movimento che permeava le sue creazioni come un sogno ad occhi aperti. Collaborazioni con artisti del calibro di Jean Cocteau, Salvador Dalí e Man Ray hanno dato vita a collezioni fuori dagli schemi, in cui gli abiti diventavano opere d’arte. Schiaparelli non cuciva tessuti ma plasmava idee, trasformava l’ordinario in straordinario, l’arte in moda e la moda in arte. Grazie all’ispirazione con numerosi esponenti dell’avanguardia surrealista, la moda di Schiaparelli era un manifesto di libertà creativa, un invito a sovvertire le regole e abbracciare l’unicità. I suoi capi, spesso ironici e provocatori, erano sculture indossabili, capaci di raccontare storie e suscitare emozioni.

Elsa Schiaparelli: una vita controcorrente

Nata a Roma nel 1890, Elsa Schiaparelli si distinse fin da giovane per il suo spirito ribelle e creativo, spesso in contrasto con l’ambiente aristocratico e intellettuale in cui era cresciuta. Il punto di rottura arrivò nel 1911 con la pubblicazione di una raccolta di poesie considerate troppo audaci dalla sua famiglia, che la relegò in un convento svizzero. Determinata a riconquistare la sua libertà, Elsa intraprese uno sciopero della fame che la portò al permesso di trasferirsi a Londra. Nella capitale inglese trovò l’indipendenza desiderata e, nel 1914, sposò il conte William de Wendt de Kerlor, osteggiato dalla sua famiglia. La coppia visse tra la Francia e New York, dove Elsa conobbe Gabrielle Picabia, moglie dell’artista Francis Picabia. È grazie a lei che Elsa entrò in contatto con esponenti di spicco del panorama dadaista e surrealista, tra cui Marcel Duchamp e Man Ray. Profondamente affascinata dall’arte e dalle Avanguardie, Elsa portò con sé questa passione al suo ritorno in Europa nel 1922. Era pronta a rivoluzionare il mondo della moda con la sua visione innovativa e anticonformista

L’ascesa a Parigi e l’apice del successo 

Parigi fu la fucina in cui Elsa iniziò a sperimentare le sue creazioni. La frequentazione dello stilista Paul Poiret aprì un mondo nuovo per lei, e l’haute couture divenne la sua musa ispiratrice.  Nel 1927, aprì il suo primo atelier in Rue de la Paix, e nello stesso anno diede vita alla sua prima creazione: un maglione nero trompe-l’oeil che conquistò il mondo della moda, arrivando persino sulle pagine di Vogue. L’innovazione di Schiaparelli era chiara: fu la prima a utilizzare le zip a vista sugli abiti, a lanciare collezioni a tema e a creare una linea di intimo. Ma la creazione più iconica fu nel 1936, con l’invenzione del “rosa shocking”, colore che diverrà distintivo della sua Maison. L’estro e la creatività della stilista italiana la portarono alla ribalta. I suoi capi attirarono l’attenzione di Marlene Dietrich, Greta Garbo, Mae West e Katharine Hepburn. Tra Londra e New York, vennero aperti uffici e negozi, consacrando il suo successo internazionale. Nel 1934, un altro importante riconoscimento coronò la sua carriera: la copertina di Time, che per la prima volta omaggiava una stilista donna. 

Le collaborazioni tra Elsa Schiaparelli e gli artisti

Grazie alle numerose collaborazioni con esponenti delle avanguardie dadaiste e surrealiste, la stilista abbraccia la dimensione onirica e l’irrazionale, ponendo in discussione le convenzioni sociali e aprendo nuove frontiere espressive all’interno del panorama sartoriale. Tra le prime collaborazioni, troviamo quella con Jean Cocteau nel 1937. Le porte degli atelier Schiaparelli si aprono all’estro del cineasta surrealista francese. Per la collezione Haute Couture Autunno-Inverno della maison Schiaparelli, Cocteau disegna due cappotti; entrambi i capi sono impreziositi da ricamati trompe-l’oeil, vere e proprie illusioni ottiche che catturano l’occhio e invitano a riflettere sulla natura effimera della percezione. Il cappotto presenta un disegno sulla parte posteriore, con profili di due volti femminili che si intrecciano, suggerendo la forma di un vaso colmo di rose. Le rose, realizzate in nastro di seta di diverse gradazioni di rosa, sono intervallate da foglie verde pallide in filo di seta satinato. L’intera composizione poggia su una colonna greca, creando un gioco di contrasti e allusioni che evoca un senso di mistero e bellezza surreale. Questo modello di cappotto cattura l’attenzione di Daniel Roseberry, direttore creativo di Schiaparelli a partire dal 2019, che reinterpreta il capo nella collezione Haute Couture Autunno-Inverno 2021.

Una modella che indossa un abito di Elsa Schiaparelli
Una modella che indossa un abito di Elsa Schiaparelli

L’incontro di Schiaparelli con Dalí: l’inizio della moda surrealista

Siamo a Parigi a metà degli Anni Trenta; proprio in questo contesto che Elsa Schiaparelli e Salvador Dalí, entrambi già all’apice del loro successo, hanno il loro primo incontro. Tutto ebbe inizio nel 1935, con un portacipria circolare, illusione del disco rotante di un telefono, ma è nel 1937 che il sodalizio con Salvador Dalí raggiunse il suo apice con la creazione dell’Abito Aragosta (Lobster dinner dress). Il primo esempio di Surrealismo sartoriale, scelto da Wallis Simpson come parte del corredo di luna di miele per le nozze con il Duca di Windsor. Il crostaceo, ricorrente nelle opere del pittore dai primi Anni Trenta, è simbolo di sensualità e desiderio, in linea con lo spirito anticonformista e provocatorio della stilista. La collaborazione tra Elsa Schiaparelli e Salvador Dalí proseguì negli anni successivi. Infatti, nel 1938, la collezione Le Cirque presentò al mondo lo Skeleton Dress, ispirato a bozzetti e disegni dell’artista spagnolo. Il lungo abito a tubino in crêpe nero era impreziosito da decorazioni che riproducevano la colonna vertebrale e alcune ossa dello scheletro. Un effetto macabro e audace che non mancò di suscitare scalpore e di dividere il pubblico. Indipendentemente dai giudizi, lo Skeleton Dress è da considerarsi l’opera manifesto del Surrealismo applicato alla moda. Un’esplosione di fantasia e di provocazione che sfidava le convenzioni e invitava a riflettere sulla fragilità e sulla caducità della vita, ispirando ancora generazioni di stilisti, come Alexander McQueen e Shaun Leane, che nel 1998 crearono il Spine Corset.

Gli abiti surrealisti di Schiaparelli e Dalí

Dalla stessa collezione Le Cirque del 1938 proviene un altro capolavoro surrealista: il Tears Dress. Un elegante abito da sera apparentemente sobrio e raffinato, ma che, osservando da vicino, genera un senso di inquietudine grazie alla stampa trompe-l’oeil realizzata da Salvador Dalí in persona. Sul bianco candido del tessuto campeggiano strappi e brandelli che sembrano lacerare la carne, richiamando alla mente le atmosfere oniriche e disturbanti tipiche dei dipinti surrealisti del maestro spagnolo. Il Tears Dress è un’opera d’arte indossabile, un invito a riflettere sulla fragilità del corpo umano, sulla dualità tra apparenza e realtà e sulla natura effimera della bellezza.  Altre opere del maestro surrealista divennero spesso fonte di ispirazione diretta per la stilista italiana, un esempio è il completo Bureau-Desk Suits, nato nel 1937. Ispirata dal quadro The Anthropomorphic Cabinet di Dalí, realizzato un anno prima, Schiaparelli diede vita a un abito audace e ironico, dove le tasche assumevano la forma di cassetti, riproducendo fedelmente quelli dipinti dal maestro spagnolo. Un’altra creazione iconica nacque da una semplice foto: un ritratto di Dalí con una scarpa della moglie Gala in testa. L’immagine colpì Schiaparelli, che la trasformò nello Shoe Hat, un copricapo in feltro e velluto che divenne un must-have della collezione Autunno-Inverno 1937-38. Così lo stile massimalista ed eccessivo degli ultimi anni della Maison Schiaparelli è stato fonte di ispirazione per diversi brand e stili  – come Desigual, Comme des Garçons, Balenciaga, Christian Lacroix e Loewe per citarne alcuni

Lara Gastaldi

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Lara Gastaldi

Lara Gastaldi

Laureata in Comunicazione, Media e Pubblicità, ha proseguito i suoi studi in Svizzera, presso l’Università di Berna, specializzandosi in Sociolinguistica e World Literature. Parla inglese, tedesco, francese. Ama viaggiare e immergersi nelle usanze dei luoghi, soprattutto nei paesi di frontiera,…

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