I look visti al Festival di Venezia 2024 ci vogliono dire qualcosa sullo stato della moda

Il red carpet veneziano è ormai una cartina tornasole della haute couture, tra abiti lunghi o scollati, vintage o attuali. Le letture sono tante e rivelano lo stato di salute del sistema

La Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, anche per il 2024, è giunta al termine. Sembra essere tornata più viva e frenetica che mai dopo il Covid e il grande sciopero che l’anno scorso ha travolto Hollywood, incidendo inevitabilmente sull’affluenza della kermesse. Che rimane un evento pensato e organizzato per il cinema, quindi per promuovere i film, ma che si è evoluto anche sul fronte moda, diventando la succursale della fashion week, che il caso vuole inizino a breve tra Milano e Parigi. Sfilate a parte, il tappeto rosso è da sempre l’habitat naturale di attori e attrici. Ce n’è uno ovunque, dalle prime agli eventi di settore, e a Venezia non può mancare, altrimenti che Festival sarebbe? Non di certo quello del cinema. 

NICOLE KIDMAN WEARS BOTTEGA VENETA AT THE 81ST VENICE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL
NICOLE KIDMAN WEARS BOTTEGA VENETA AT THE 81ST VENICE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL

Il nuovo significato della moda sul red carpet di Venezia 

Red carpet chiama abiti, gioielli preziosi, capigliature studiate e trucchi curati. Si sa, sono le dinamiche di chi lavora con la propria immagine. Nel tempo, però, è mutato il valore attribuito agli abiti così come all’aspetto. Prima i dibattiti si concentravano su bello o brutto, giusto o sbagliato, tradizionale od oltraggioso. Oggi, invece, si parla di fluidità, ridefinizione di maschile e femminile, empowerment, inclusione. Altri tempi, altro modo di esprimersi e di comunicare, si auspica in meglio. Eppure quella di cogliere il significato di certe scelte, e di compiere piccole battaglie tramite i gesti e i messaggi subliminali, è una positiva controtendenza se il mezzo di cui ci si serve è sì il red carpet del Festival di Venezia ma anche l’effetto megafono dei media. 

Vittoria Schisano in Roberto Cavalli
Vittoria Schisano in Roberto Cavalli

I social come arma a doppio taglio 

Soprattutto dei social, sui cui si accendono e spengono fenomeni più o meno rilevanti, e tutti diventano esperti di costume. Come testimoniano le centinaia di migliaia di commenti pubblicati sulle varie piattaforme, che riprendono le categorie di prima e le sommano a tante altre secondo il proprio gusto, assolutamente non universale e potenzialmente contestabile. Insomma, forse non c’è neanche il bisogno di scriverlo, ma i social tendono verso due poli opposti, l’informazione approfondita e lo sfogo superficiale, e la moda si serve di entrambe per creare un dialogo tra sé e il pubblico. Soprattutto con quella parte di persone che non potrà permettersi l’abito o il gioiello, ma che ne riconoscerà il valore e che investirà su altro in un futuro prossimo.

I migliori look della Mostra del Cinema di Venezia 2024

Di conseguenza, il tappeto rosso del Festival di Venezia rivela lo stato di salute della moda. Ed è un evento importante per i brand d’abbigliamento, come lo possono essere gli Oscar, perché apre i confini del fashion system e libera gli abiti dall’esclusività di passerelle e boutique, mettendo in piazza il proprio prodotto creativo. Diventa quindi una questione di rappresentanza e di trasmissione dei propri valori. Gucci ha raccontato il ritorno del direttore creativo Sabato De Sarno ad una sensualità elegante e minimalista, che si fa beffa dello spettatore coprendo il davanti e scoprendo la schiena di Kasia Smutniak. Bottega Veneta ha ribadito la sua essenza classica ma con un twist in più, come il look di Nicole Kidman per l’arrivo alla laguna: chic come le attrici di Hollywood anni 50, ma contemporanea. Chanel, che non ha più una direttrice creativa, si mantiene saldo ad un concetto di sensualità familiare all’attrice Tilda Swinton, che guarda indietro proiettandosi in avanti grazie a pantaloni liquidi e giacca finemente lavorata. Molto Coco. Poi Giorgio Armani ha confermato il suo status di più amato da attori e attrici che frequentano il tappeto rosso di Venezia. Loewe ha fatto capolino insieme ad Alaïa in un ambiente che necessita di stravolgimenti, ogni tanto, come la blusa metallizzata sotto giacca e sopra pantaloni sartoriali, scelta da Omar Apollo. Dior ha ricordato un abito di Haute Couture creato da Monsieur Christian nel 1950, modernizzato per Harley Quinn aka Lady Gaga. 

Lo stato di salute della moda secondo il Festival di Venezia 

Ma i look sono stati una caterva. Nominarli tutti forse è impossibile. Emerge, però, una fotografia della moda sempre più nitida: le tendenze totalizzanti non esistono più, e anche le regole per come vestirsi in determinate occasioni. Ci si può affidare ad un abito dal retrogusto vintage o ad un ex completo all’ominile, ora detto genderless. Tutto vale, e non perché i vip fanno spettacolo e si servono della propria immagine, ma perché gli autori della moda attuale colgono le infinite sfumature del genere umano. E anche di chi un genere non lo riconosce. Ciò non toglie che una fetta della società possa non essere pronta ad una rappresentazione libera, ma l’obiettivo dei brand è trovare la propria community di persone con cui dialogare, mantenendo «i piedi in due scarpe» per non escludere (i conti correnti di) nessuno. Dunque, se ci si chiede quale sia lo stato di salute della moda, in che direzione stia andando, cosa voglia comunicare a coloro che non la frequentano o seguono, il red carpet del Festival di Venezia 2024 può fornire molteplici risposte. Nonostante si tratti di un evento elitario, perché la moda lussuosa non è da scambiare con quella quotidiana e non le si può richiedere di diventare tale. Piuttosto è la cartina tornasole di cosa siamo, o saremo, e di ciò che faranno sia le catene fast fashion sia i brand di medio livello. Quindi, degli abiti che diventeranno strumento di comunicazione e rappresentanza.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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