Un’altra Milano Fashion Week è giunta al termine, questa volta con mezza giornata in più ma con un calendario sempre ricco e a volte concitato, che rende difficile seguire tutto e monitorare le nuove voci della moda italiana. Ma la stagione appena conclusasi, dedicata alle collezioni Donna Primavera Estate 2025, ha regalato momenti capaci di oscurare parzialmente i problemi del sistema e di esaltare la bellezza dell’arte del vestire, che alla fine è ciò che anima questo settore e fa superare le crisi finanziarie, perlomeno con l’immaginazione.
Milano Fashion Week PE25. Il power dressing “infantile” di Bottega Veneta
La bellezza dei vestiti, ad esempio, può risiedere nella meraviglia. Aristotele riteneva che questa fosse il motore della conoscenza filosofica, e il direttore creativo di Bottega Veneta, Matthieu Blazy, potrebbe concordare. Tant’è che ha basato la collezione Primavera Estate 2025 del marchio sull’effetto “wow” provocato da abiti all’apparenza semplici ma in realtà complessi. “Da bambino, c’è l’avventura del quotidiano, la sensazione che tutto possa accadere, per quanto fantastico, e non siamo così vincolati da aspettative e convenzioni normali. La porta è aperta alla possibilità di realtà insolite e alla meraviglia, scenari impossibili che non ammettono la delusione. È il potere della sincerità su quello della strategia” ha commentato. Così il défilé evoca un nuovo tipo di power dressing, sproporzionato e goffo ma in chiave chic. Blazy ha disfatto l’allure e la raffinatezza convenzionali dell’adulto attraverso pantaloni che sono anche gonne, giacche sgualcite, T-shirt infantili e dettagli esuberanti che rendono i vestiti una costante scoperta.
Milano Fashion Week PE25. La passione per la danza di Ferragamo
In casa Ferragamo, invece, si dà voce alla passione per la danza. “Ho sempre incorporato diverse epoche storiche nel mio lavoro – epoche in cui posso riconoscere me stesso e il mio Heritage. Ho cercato di scoprire le somiglianze con Ferragamo, e la cosa bella di questo marchio è che ci sono tante storie diverse con cui ci si può mettere in relazione. A partire dalle scarpe, perché ogni scarpa ha un suo significato e ha una storia” dice il direttore creativo Maximilian Davis, che per la collezione Primavera Estate 2025 riflette su uno stile urban proveniente direttamente dagli anni 80, decennio in cui i ballerini Rudolf Nureyev e Katherine Dunham si rivolgevano a Ferragamo per le proprie ballerine (le scarpe). Tutto infatti ricorda l’abbigliamento delle sala prove tra body, leggings, cardigan e scarpe con nastri da legare intorno alla caviglia. È una moda che unisce sportività e garbo.
Milano Fashion Week PE25. Madonna-mania per Dolce&Gabbana
Dagli Anni Ottanta si passa ai Novanta con la collezione Donna Primavera Estate 2025 di Dolce&Gabbana, che è un tributo alla bellezza italiana e anche a Madonna, musa dei due direttori creativi e fondatori del marchio. Ci sono i corsetti, i completi giacca e pantaloni gessati, e i coni sferici da sempre associati alla cantante pop per eccellenza che ridefiniscono il seno ed esaltano il corpo femminile. Nella loro visione in bianco e nero della moda, ma anche in una delicata tonalità di rosa, sono altrettanto immancabili le parrucche bionde che le modelle hanno indossato mentre scendevano sui tacchi le scalinate allestite per lo show, che ha celebrato i codici di una figura mitologica come Madonna, seduta in prima fila con un velo in pizzo nero che ricorda le sue esibizioni anni 90.
Milano Fashion Week PE25. I marchi di cui non si parla abbastanza
Ai grandi nomi che animano i discorsi sulla Milano Fashion Week PE25, si aggiungono marchi di cui vale la pena parlare per lo stupefacente operato dei loro direttori creativi. Bally si è distinto per la ridefinizione delle silhouette ormai da troppo tempo piegate all’oversize, quindi a linee eccessivamente morbide e spesso deformi. Lo stilista Simone Bellotti ha immaginato per il brand svizzero giacche che si stringono sui fianchi, cappotti e gonne che si gonfiano a palloncino, capispalla che sfiorano il bacino, e cardigan in abbondanza. Tod’s, diretto dal fashion designer Matteo Tamburini, valorizza l’artigianato e gli abiti ben fatti: essenziali ma anche sensazionali quando serve, accompagnando per mano la donna nella vita vera. Qualcosa di simile fa Ferrari dove lo stilista Rocco Iannone raggiunge l’obiettivo di trasmettere una precisa idea di stile, che non ha più bisogno di appoggiarsi ai simboli della casa automobilistica perché si sta costruendo una solida identità fatta di abiti eleganti, denim in quantità, tessuti leggeri e accessori altamente desiderabili. Poi c’è Sunnei che fa qualcosa di curioso: manda in passerella, o meglio nella propria “stanza del tempo” allestita alla Milano Fashion Week, modelle e modelli anziani su cui le trasparenze e le scollature profonde, così come abiti morbidi e altri spumeggianti sul petto, stanno bene. Veramente bene. E si incomincia a parlare di vestiti per tutti, soprattutto in un Paese in cui i giovani sono sempre meno e faticano ad essere indipendenti economicamente.
Milano Fashion Week PE25. Gli stilisti indipendenti italiani da conoscere
Ultimi ma primi per priorità in quanto il sistema moda italiano necessità di un cambio generazionale, a partire dai brand, sono gli stilisti indipendenti italiani. Marco Rambaldi conferma il proprio spirito libero con una moda che non guarda in faccia a taglie e convenzioni, cambiando le regole del gioco come le pare. Federico Cina lavora costantemente sulla ridefinizione della sofisticatezza del vestire e porta in pista un elemento ormai noto: la borsa Tortellino, must che dà soddisfazioni allo stilista e al suo marchio. ANDREĀDAMO ritorna dopo aver saltato il consueto fashion show a febbraio e riporta a Milano una certa dose di sensualità. E Avavav mette in dubbio la serietà che si è respirata in questi giorni tra un appuntamento e l’altro, ironizzando sul sistema con una sfilata in cui i modelli mimano la corsa degli atleti e risultano goffi mentre indossano una volta tute in collaborazione con adidas e un’altra abiti sfrangiati sul fondo. La proposta è varia come le donne che abitano la società.
Giulio Solfrizzi
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