Alessandro Michele presenta a Parigi la sua attesissima prima collezione per Valentino

Il debutto dello stilista era l'evento più atteso nel mondo della moda. L'attesa ha alzato le aspettative che Michele ha ampiamente rispettato. Ecco il racconto della sfilata

Il debutto di Alessandro Michele da Valentino è come la rottura del vetro o le percussioni su un tamburo, ovvero i rumori che hanno accompagnato la sfilata primavera estate 2025 della maison durante la Paris Fashion Week, trasformandosi in suoni nel mondo parallelo costruito dallo stilista. Perché “bisogna gioire… è un sogno la vita”, canta una voce melodiosa che interpreta il brano Passacaglia della vita, presente nella colonna sonora del film Favolacce, mentre i look si susseguono e tutto assume un senso. Anche la rottura, dei vetri del suggestivo pavimento – installazione di Alfredo Pirri – e dell’ordine stabilito per anni negli atelier della casa di moda romana d’origine e parigina per adozione, che è fonte di gioia. Questa prima collezione di Michele però non rompe veramente, piuttosto ricalibra lo stile e riporta indietro nel tempo, attingendo in chiave personale dagli Anni Sessanta e Ottanta. È violento il risultato visivo per chi conosce ciò che è stato nel passato recente, ma è delicato e romantico il pensiero.

Il nuovo Valentino di Alessandro Michele

Già la collezione Resort, spuntata fuori come un cimelio antico tra la fine delle sfilate milanesi e l’inizio di quelle maschili, aveva chiarito le intenzioni di Alessandro Michele. Ciò che voleva fare per Valentino era evidente, e forse prevedibile: il neo direttore creativo avrebbe ricoperto il ruolo di archeologo della moda, colmando un vuoto nel sistema dopo il suo ritiro da Gucci. Scavare in profondità, negli archivi e anche nella storia del costume, non è un mestiere per tutti. E non lo è neanche attualizzare le mode di un periodo storico noto per i fasti dell’abbigliamento, qualcosa che sembra anacronistico dopo la collezione total black dello stesso Valentino, l’ultima di Piccioli come creative director. Ma è possibile, anzi necessaria, un’alternativa alla semplicità assoluta in favore della finanza e quindi delle vendite milionarie. Lo stesso Michele intraprese un viaggio simile con il marchio fiorentino, rendendolo una scommessa (per giunta vinta) con un sistema che l’ha appoggiato prima e imitato poi.

La collezione Pavillon des Follies di Valentino

La scommessa è di nuovo sul tavolo del fashion system. Questa volta assume il nome di Pavillon des Follies, perciò di padiglione delle follie. E sarà forse una “follia” l’operato di Michele oggi, in un mercato diverso e in un momento in cui si parla sempre più di denaro e meno di creatività? Potrebbe, per chi conosce solo l’aspetto più essenziale della maison fondata da Garavani, e per chi crede che l’arte del vestire debba essere una cosa sola, vicina quanto bassa alla semplicità del “lusso tranquillo”. Non lo è però per gli anarchici della moda, coloro che rifiutano le regole credendo che non esista un solo modo di vedere il mondo, un programma condiviso e assunto dogmaticamente.

La prima sfilata di Valentino firmata da Alessandro Michele

È ormai evidente che Alessandro Michele legga il presente diversamente dagli altri. Questo denota il genio chiamato tante, troppe volte ‘folle’. Una definizione che si usa e di cui si abusa quando non si comprende ciò che si ha davanti. E stavolta saranno ritenuti folli i pizzi, i fiocchi, le perle, le paillettes, gli ampi colletti, i copricapi e tutti gli espedienti che lo stilista ha usato nel suo meticoloso lavoro di styling. Le creazioni sono pensate in funzione dell’insieme: esistono gli abiti e gli accessori singolarmente, ma il loro significato completo è evidente quando si uniscono gli uni con gli altri. È una ricca celebrazione degli Anni Sessanta e Ottanta, a volte anche Settanta, della maison che ha definito nei decenni il mutevole concetto di eleganza. Adesso è giunto il momento di trasformare “ciò che è stato” in “ciò che è”, materializzando il senso comune e generazionale di nostalgia, custodito anche negli smoking, nella trama a pois, nei cappelli a falda larga e in tutti gli elementi che gridano: “Alessandro Michele è tornato, signori e signore”.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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