Il fashion month è ufficialmente finito. Con la settimana della moda di Parigi si chiude un mese dedicato alle collezioni donna per la primavera estate 2025, partendo da New York per arrivare a Londra e poi a Milano. La capitale francese è nota per essere un laboratorio sperimentale a cielo aperto, in cui convivono marchi focalizzati sul prodotto ben fatto e realtà che nascono e crescono in funzione della sperimentazione. Gli abiti infatti qui sono come degli esperimenti, a volte poco pratici e non per questo inutili, perché si parla pur sempre di un’arte (del vestire). La differenza con Milano sta proprio nella capacità e possibilità di prendersi poco sul serio, distanziandosi dal bisogno borghese dell’ordine e dal gravoso problema della praticità.
Alla Paris Fashion Week il mondo dei poli opposti di Miu Miu
Miu Miu, il marchio fondato e diretto creativamente da Miuccia Prada, è abile nell’unire entrambi i bisogni del cliente. Perché quando si investe nella moda lussuosa non si cerca solo un capo d’abbigliamento, ma si acquista un mondo fatto di valori e ideali che l’individuo vorrebbe incarnare. Sulla passerella del marchio più forte dell’anno, come testimoniano i dati di Lyst, il Google della moda, è stata presentata la collezione primavera estate 2025, sia uomo sia donna. Tant’è che ha sfilato anche l’attore Willem Dafoe. La visione della Signora, chiamata così nel sistema, è divisa tra abiti tecnici e altri classici seppur freschi nel mondo in cui appaiono. Ma non chirurgicamente perché le gonne ampie vengono create con lo stesso tessuto della felpa con zip, le giacche coprono un busto coperto solo da un body simile a un costume da bagno, le sneakers si alternano ai tacchi con calzettone. È un mondo che unisce i poli opposti del guardaroba, quello di Miuccia Prada.
Paris Fashion Week. Chanel secondo l’ufficio stile
Chanel invece ha presentato la prima collezione senza la direttrice creativa Virginie Viard, che a giugno 2024 ha lasciato la maison. Perciò, la primavera estate 2025 è stata creata dall’ufficio stile del marchio dalle due C. Non sono mancati il tweed, i tailleur, le camicette, le trame simpatiche nella loro semplicità. È Chanel come lo conosciamo oggi, dotato dei suoi simboli facilmente comprensibili che lo rendono universale, ma senza una mente che arricchisca l’heritage con una narrazione. Arriverà, però. Si dice entro la fine dell’anno. E sarà la notizia che chiuderà in bellezza dodici mesi di grandi cambiamenti nel fashion system.
Paris Fashion Week. Il silenzio scenico di Loewe
Poi c’è Loewe che non pensa alla quotidianità ma riflette sul silenzio. In una location essenziale, il direttore creativo Jonathan Anderson ha mostrato la sua moda che non grida, bensì riscopre il grande potere del silenzio. Gli abiti sono un insieme di piccoli elementi da analizzare, come le magliette piumate che bisogna toccare con mano, o uno sfacciato utilizzo di determinati espedienti per creare effetti quasi scenici con abiti che sembrano svolazzare grazie a strutture su cui sono stati cuciti. Insomma, non di certo creazioni indossabili da tutti e in ogni momento della giornata, ma un valido esempio di cosa significhi arte del vestire.
Paris Fashion Week. Il caro vecchio power dressing di Saint Laurent
Alla visione di Anderson si contrappone quella di Vaccarello, nonché il genio dietro Saint Laurent, sinonimo ancora oggi di chicness alla vecchia maniera. Lo testimoniano i morbidi completi giacca e pantaloni, corredati di camicia bianca e cravatta, che vestivano le modelle durante la sfilata. Una perfetta rappresentazione del famoso power dressing, ovvero dell’abbigliamento femminile ispirato a quello maschile, che fece capolino negli Anni Ottanta. E allo stesso decennio sembrano strizzare l’occhio le ricche trame colorate che hanno dato brio alla collezione essenzialmente chic, nel rispetto di Yves Saint Laurent, colui che ha introdotto un certo tipo di vestiario nel guardaroba delle donne di tutto il mondo.
Paris Fashion Week. La Hollywood dark di Rick Owens e la satira di Balenciaga
Se invece un marchio guardasse Hollywood attraverso una lente dark, in tutti i sensi? Rick Owens l’ha fatto. Lui deve molto a Los Angeles, dove la sua carriera da stilista ha spiccato il volo, e ha trovato anche l’amore. Il risultato è una parata a tratti grottesca ma tanto simile a una performance che mette in scena una moda orfana di brand che la rappresentino. È in pratica un’alternativa alla compostezza del settore, a cui si ribella il Balenciaga di Demna a colpi di abiti sportivi attorcigliati e legati intorno al corpo. Perché, così come esistono più tipologie di esseri umani, esistono più modi di leggere il presente.
Giulio Solfrizzi
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