In ricordo di Leigh Bowery, l’artista dimenticato dalla moda sperimentale

Una mostra al Fashion Textile Museum di Londra guida nella nightlife della Londra Anni ‘80, attraverso la storia del Club Taboo e del suo leggendario fondatore

A distanza di trent’anni, l’anniversario della morte di Leigh Bowery ci offre l’occasione di celebrare uno straordinario percorso creativo e una vita, la sua, dedicata all’arte. Performer, stilista, artista: difficile individuare un termine che definisca le sue mille facce e conseguenti ramificazioni del suo operato artistico, omaggiato anche da una mostra aperta fino a marzo al Fashion Textile Museum di Londra, Outlaws: Fashion Renegades of 80s London.

I “rinnegati” della moda nella mostra Outlaws a Londra

La mostra, curata da Martin Green, Duovision Arts e NJ Stevenson con la direzione artistica di David Cabaret, si concentra sul leggendario nightclub Taboo fondato da Bowery nel 1985, incastrato in un angolo buio di Leicester Square e successore dell’altrettanto iconico Blitz Club di Covent Garden, dove nacquero i movimenti di clubber New Romantics e Blitz Kids. Il percorso ripercorre l’epocale rivoluzione culturale che caratterizzò il momento storico facendo rivivere al visitatore l’energia anarchica che animava le notti londinesi, in tandem con creatività sperimentale che brillava durante il giorno. Sono esposti capi e accessori originali di Leigh Bowery e di oltre trenta stilisti, tra cui pezzi su misura provenienti da collezioni private e pezzi rari di stilisti come John Galliano, John Flett, Stephen Linard e Dean Bright, oltre a fotografie, film e opere d’arte.

L’eredità culturale e politica del club Taboo in una mostra a Londra

La mostra illustra anche l’incredibile impatto del Taboo, che ha influenzato la scena alternativa per decenni nonostante il suo brevissimo tempo di vita: soli 18 mesi. Il locale ha svolto la funzione di apripista per una comunità di creativi che gravitavano attorno al suo dancefloor come i fashion designer BodyMap, Rachel Auburn, John Crancher e Pam Hogg, il ballerino Michael Clark e pop star come Boy George. Un luogo che serviva da catalizzatore di uno stile di vita che inneggiava alla libertà di espressione, all’eccesso edonistico e all’identità fluida, il tutto consacrato da un’impronta di teatralità.

In quei neanche vent’anni il Taboo si distinse anche come spazio sicuro per le comunità relegate ai margini della società, o addirittura perseguitate, che qui potevano rivendicare ed esibire liberamente la propria identità. Il suo stesso nome delineava un confine tra ciò che era lecito e illecito al di fuori delle proprie mura, distanziandosi nettamente dai divieti che la società di quegli anni imponeva, cosa che lo rese un luogo fondamentale nell’eredità culturale queer e nella storia della comunità LGBTQ+.

La vita performativa di Leigh Bowery

Creativo multidisciplinare, Bowery incanalava la spinta artistica nei più svariati mezzi espressivi, avvicinando persino la propria quotidianità all’arte performativa. Dai locali notturni fino alle gallerie, la sua produzione non si esimeva dal passare per televisione, video e riviste, con una singolare visione di design e moda totalmente focalizzata sulla personalizzazione, che vedeva il prodotto come una celebrazione dell’individualità e non come un oggetto di consumo massivo.

La filosofia di pensiero di Leigh Bowery, abbracciata dall’intera community che frequentava il locale, poneva al centro l’unicità dello stile personale e l’individualità dell’espressione di sé attraverso il vestire, al pari di altri mezzi artistici. La moda era DIY, eccessiva, sperimentale e ribelle, un mezzo d’interpretazione concettuale come mai prima di quel momento. L’esplorazione dei propri confini artistici, sessuali, di genere, prese in quel momento vesti inedite, palesandosi attraverso enfatici make-up facciali, pettinature scultoree e mix estrosi di pezzi scovati al mercato di Camden, avvalorati dall’unicità della customizzazione. La morte precoce dell’artista durante la notte di capodanno del 1994, causata dall’AIDS, segnò la fine della materializzazione terrena della sua arte, ma rese immortale l’impronta creativa di Leigh Bowery liberando e ispirando decine di future generazioni a manifestare la propria singolarità.

Elena Canesso

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Elena Canesso

Elena Canesso

Nata e cresciuta in provincia di Padova, mossa dalla curiosità verso il mondo e le sue contraddizioni vola in Cina e vive tra Shanghai e Guangzhou dopo una laurea in Mediazione Linguistica e Culturale a Ca’ Foscari. Nel 2016 la…

Scopri di più