Un mini museo itinerante dentro ad un baule. Per raccontare storie di emigrazione italiana

Il progetto Casciamericana parte dalla cittadina irpina di Aquilonia, coinvolgendo uno dei più completi musei etnografici d’Europa e gli studenti di design. Gli oggetti e i ricordi degli emigrati italiani viaggeranno all’interno di un baule per ricordare il valore delle connessioni a distanza

Un museo racchiuso in un baule. È l’idea dietro al progetto Casciamericana, che parte dall’Irpinia per portare in giro una testimonianza del patrimonio culturale delle comunità dell’Appennino meridionale attraverso l’esperienza degli emigrati italiani. Un’iniziativa fondata sul recupero della memoria collettiva di un tempo – a cavallo tra la fine dell’Ottocento e il primo dopoguerra – in cui tanti furono costretti o portati ad abbandonare l’Italia in cerca di un futuro migliore, intraprendendo lunghi viaggi alla volta delle Americhe (ma non solo), senza certezza di ciò che avrebbero trovato di là dall’oceano. 

Casciamericana
Casciamericana

Casciamericana: un museo itinerante per raccontare storie di emigrazione italiana

E il museo emigrante ideato dall’architetto e designer Enzo Tenore, direttore del MEdA-Museo Etnografico di Aquilonia (in provincia di Avellino), si prefigge di ricreare una connessione tra le comunità dell’entroterra italiano e quelle costituite in altri Paesi da chi è emigrato in tutto il mondo. Dunque il baule diventa veicolo privilegiato, ripensato come dispositivo espositivo capace di trasportare e raccontare storie e oggetti della tradizione rurale del Sud. In particolare ci si concentra sulle dinamiche di identificazione delle comunità satelliti del paese di Aquilonia – costituitesi negli Stati Uniti, in Argentina, Germania, Svizzera oltre che nell’hinterland torinese – con il paese di origine, proponendo però un modello facilmente applicabile ad altre situazioni analoghe. “Abbiamo progettato una sorta di macchina del tempo racchiusa in un baule” spiega TenoreFu la casa di moda Louis Vuitton a brevettare il primo baule corazzato per i viaggi transoceanici. I nostri emigranti partivano soprattutto per l’America, e quindi lo chiamavano ‘cascia americana’. Ora lo trasformiamo in un museo emigrante, con un concept di design innovativo che nasce ad Aquilonia ma potrà essere adottato come modello di comunicazione e riconnessione da altri paesi con storie di emigrazione”.

Il rendering della Casciamericana
Il rendering della Casciamericana

La cascia americana: il baule degli emigranti del Sud Italia

A partire da un’originale cascia americana esposta nel museo di Aquilonia, tra i più grandi e completi musei etnografici in Europa, il “museo itinerante” è stato allestito per trasportare ed esporre oggetti selezionati dalla collezione permanente del MEdA, integrato da supporti analogici e digitali contenenti storie e testimonianze di vita delle comunità coinvolte. La progettazione è stata affidata, sotto la supervisione di Tenore e della professoressa Katia Fabbricatti del DiARC dell’Università Federico II di Napoli, a 13 studenti dei corsi di Design per la Comunità e di Architettura dell’ateneo napoletano, che hanno direttamente interpellato la comunità aquiloniese.

Il design aiuta a riflettere sul tema delle migrazioni

La Casciamericana, per utilizzare le parole del professor Perriccioli, coordinatore del corso di Design per la Comunità, “deve diventare un agente politico: il progetto di design è un agente politico potente perché definisce nuove relazioni tra noi e il mondo. Il designer è un mediatore e si pone a servizio delle comunità, intervenendo in questo caso nel tema delle migrazioni che nel nostro tempo è anche origine di conflitti che chiedono risposte”.
Il progetto, già esposto alla Napoli Design Week del maggio 2024 e recentemente presentato presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, proseguirà ora con la costruzione del prototipo per la sua prima trasferta, nel New Jersey. Ad attendere il museo in baule sarà la comunità aquiloniese/statunitense del Club San Vito Martire di Montclair.
Si punta, però, su un orizzonte più ampio, a far evolvere l’iniziativa perché possa essere punto di partenza per approfondire le dinamiche dell’esperienza migratoria, fenomeno sociale che nel corso della storia ha spesso caratterizzato l’italianità. Mettendone in luce i motivi di arricchimento culturale, ma anche le sconfitte e le difficoltà.
Senza milioni di casce, fagotti, valigie di cartone, trolley partiti dal Meridione il mondo non sarebbe lo stesso” sottolinea l’antropologo Simone Valitutto, consulente del progetto “perché in quei bagagli c’è il futuro sognato e costruito partendo dalle radici, parola che trattiene la terra per impedirle di franare. Il museo emigrante fa di Aquilonia il gate per un viaggio di ritorno che potrebbe farci fare pace con i rimorsi dell’andare e del restare. E può insegnarci ad accogliere ciò che porta il diverso, perché comprendere chi siamo aiuta a non aver paura dei viaggi e dei sogni dell’altro”.

Livia Montagnoli

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