I dazi di Trump spaventano la moda europea. E pure il Made in Italy ha da temere

Ce ne ha parlato in esclusiva la direttrice di un importante magazine di moda statunitense, dando anche delle alternative pratiche ai dazi del presidente americano. Che farebbero tutto tranne valorizzare la moda made in Usa

La moda di lusso europea, e più nello specifico tutti i prodotti del segmento lussuoso, sono a rischio. Sin dal suo insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump minaccia di tassare anche ciò che proviene dal Vecchio Continente perché, testuali parole, “prendiamo da loro e non prendono da noi”. Il presidente degli Stati Uniti si riferiva soprattutto a medicinali e automobili; e infatti dal 2 aprile 2025 dovrebbe essere introdotto un dazio del 10% sulle importazioni di auto dall’estero, Italia compresa. Ma è il fashion system a temere più di tutti la volontà scellerata di praticare un vecchio nuovo modo di stare al mondo, visto che l’Unione Europea tende a esportare oltreoceano piuttosto che a importare.

La moda italiana: un “lusso” per il Paese?

Nel caso specifico della moda femminile italiana, durante i primi dieci mesi del 2024, l’Ufficio Studi Economici di Confindustria Moda ha registrato una crescita del +2,4% in termini di export, raggiungendo un valore complessivo di 10,2 miliardi di euro. Senza contare la moda uomo e bambino, di cui non si hanno ancora i dati. In testa alla classifica dei Paesi che acquistano abbigliamento Made in Italy c’è la Francia, seguita a pari merito da Germania e Stati Uniti. Quest’ultimi sono tra i principali clienti del lusso a tutto tondo, come testimonia l’importante spinta da parte degli americani nelle vendite di abbigliamento e accessori firmati dopo la crisi economica in Cina, che ha avuto una ricaduta anche sul fashion.

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Sfilata Uomo Gucci Autunno Inverno 24-25, via YouTube

I dazi di Trump: un pericolo per la moda europea?

Per questo l’attuale conservatorismo trumpiano spaventa i big brand europei. E mentre l’UE alza i toni, affermando di voler rispondere con la stessa moneta, gli amministratori delegati ambiscono a nuovi mercati (come l’India) dando priorità alle regioni ad alto potenziale del sud globale. “Se i dazi colpiscono i prodotti di moda europei, non c’è dubbio che i prezzi aumenterebbero nel mercato statunitense. Ma parliamo chiaro: l’America è un attore enorme nella moda di lusso, probabilmente il più grande. Si prevede che i beni di lusso personali da soli porteranno circa 83,3 miliardi di dollari di entrate nel 2025 (Statista lo conferma)”, afferma la direttrice di 10 Magazine USA, Dora Fung. “I brand più forti come Hermès, Chanel, Louis Vuitton, ecc. probabilmente staranno bene. La loro desiderabilità è così alta che gli aumenti dei prezzi non fermeranno necessariamente i loro clienti dall’acquisto; hanno già aumentato i loro prezzi ogni anno in modo costante, e i loro fan continuano a spendere”.

L’alternativa della moda ai dazi di Trump

L’alternativa a una lotta senza armi nel sistema? “Raddoppiare su ciò che rende grande la moda americana”, dice Fung, “lavorando di più con i loro partner mediatici sulla narrazione, sull’innovazione e sull’influenza culturale. I brand statunitensi stanno guidando in sostenibilità, inclusività e moda tecnologica. Piuttosto che misure protezionistiche, una strategia migliore sarebbe quella di spingere per collaborazioni internazionali, diplomazia della moda e iniziative sostenute dal governo per mettere in mostra il talento degli Stati Uniti sulla scena mondiale”.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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