La sicurezza del ben vestire vince alla Milano Fashion Week mentre la finanza traballa
Si percepisce la crisi finanziaria e umanitaria alla Milano Fashion Week: tutto riconduce al ben vestire e alla sicurezza che ne deriva. Questa settimana della moda non s’ha da fare, avrebbe scritto Manzoni
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La moda è in crisi, ha paura. Da un lato l’Asia non traina più le vendite come una volta, dall’altro Trump annuncia dazi al 25% per l’Europa, che causerebbero perdite di due miliardi di euro per l’Italia. Non per altro, l’industria della moda italiana è quella che ne risentirebbe di più dato che esporta in grande quantità negli Stati Uniti, tra le poche mete ancora nel mirino del lusso per assicurare che i conti trimestrali di brand e grandi gruppi non calino a picco. La cornice della Milano Fashion Week è dunque questa. Dazi e follie imperialistiche a parte, la crisi economica era già ben evidente così come l’inflazione che ha divorato il potere d’acquisto di coloro che sono nel mezzo tra chi può permettersi tutto e chi niente. Come hanno reagito gli stilisti alle pressioni esterne quanto interne da parte di amministratori delegati che per lavoro fanno quadrare i conti e per diletto, spesso, cambiano direttori creativi credendo che la colpa sia sempre la loro?
La sicurezza come trend della moda vista alla Milano Fashion Week
Mantenendosi saldi a quelle poche certezze che generano, appunto, sicurezza. Se volessimo, è questo il vero trend della stagione autunno inverno 2025-2026, per Uomo e per Donna. Ad alcuni suonano più familiari i decori tipici del Barocco e lo stile punk – vedere alla voce Versace, che ha celebrato a tutti gli effetti Gianni – e ad altri possono sembrarlo gli abiti d’ispirazione sartoriale. Che siano esasperati nelle forme, come insegna Bally di Bellotti, o che siano moderni nel fit, come invece dimostrano Ferragamo, Gucci e Fendi. Possono anche essere classici senza sentire alcun bisogno di anticipare i tempi, e a ricordarlo è Ferrari che ha mandato in passerella completi simil-Yuppie (tra le tendenze “senza tempo” del momento, complice il remake annunciato di American Psycho by Luca Guadagnino).
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Il completo giacca e pantaloni: da Zelensky alla Milano Fashion Week
Il caso ha voluto che di completo giacca e pantaloni, e del suo aspetto più conservatore, parlassero implicitamente anche in politica. “Perché ti vesti così? Ce l’hai un abito?”, chiedono a Zelensky nello Studio Ovale della Casa Bianca, quando è andato negli Stati Uniti per parlare con il Presidente Donald Trump. Una domanda che ricorda quella dei bulli mentre ti giudicano per come ti veste e ti dicono come dovresti essere secondo loro. Il vero protagonista, però, è sempre lui da più di un secolo: l’abito elegante, formale, classico, tradizionale. Bastano una giacca e un paio di pantaloni, accompagnati da camicia e cravatta, per rassicurare i più conservatori e anche chi conservatore non si definirebbe. È il potere del ben vestire che non potrebbe mai scomparire dall’offerta dei marchi di lusso, ma che nelle ultime stagioni si è fatto sempre più strada tra le collezioni maschili e femminili perché potrebbe assicurare anche le vendite.
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Impressioni sulla Milano Fashion Week Donna
A Milano dunque si respira un’aria rarefatta. Gli scintillii sono pochi, le location si rimpiccioliscono, i party mastodontici diminuiscono, e le collezioni cedono il passo a ciò che ci aspetteremo da ciascun brand. Mentre la parola heritage rimbomba nelle sale che accolgono gli show, riducendo tutto alla storia delle case di moda. Questa Milano Fashion Week non s’ha da fare – avrebbe scritto Manzoni – e il risultato conferma che la moda è ancora affascinante quanto sognante, ma meno leggera. La praticità si è appropriata dello spazio un tempo appartenente alla sperimentazione più folle, di cui oggi si fanno portavoce i talenti della moda indipendente: dalla cinese Susan Fang supported by Dolce&Gabbana a Florania e Cavia, che riportano colore, gioia e sensibilità nel fashion system, quando fuori tutto sembra traballare, finanza inclusa.
Giulio Solfrizzi
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