Arte e moda. Un paso doble che non smette di convincere e coinvolgere 

Ormai è appurato: quando si parla di moda, si parla di arte nelle sue infinite declinazioni, in un passo a due che negli anni è cresciuto e si è consolidato dando adito, oltre che a magnifiche mostre e suggestive sfilate, ad una sana progettualità. Ecco le ultime novità... 

Il binomio tra arte e moda è una realtà vincente e consolidata, oggi protagonista della scena culturale internazionale con progetti interdisciplinari di ampio respiro, in grado di coinvolgere e appassionare il pubblico. Ma, oltre alle mostre e alle sfilate che trasformano le sale dei musei più prestigiosi del mondo in palcoscenici che celebrano la creatività come espressione di cultura, la moda entra nei musei anche per sostenerli concretamente con diverse iniziative. 

Burberry sostiene il V&A di Londra 

il marchio d’abbigliamento Burberry inizierà a sostenere il Victoria and Albert Museum di Londra. A partire dal 4 maggio 2025, infatti, la storica Fashion Gallery del museo subirà un’importante trasformazione per riaprire nella primavera del 2027 come The Burberry Gallery. Una testimonianza concreta di come la moda possa investire nel patrimonio culturale, valorizzando uno storico spazio dedicato alla moda stessa, dandole libero sfogo in esposizioni ed eventi. Tristram Hunt, direttore del V&A, ha commentato: “Fondati nello stesso decennio, il V&A e Burberry sono stati per oltre 150 anni punti di riferimento per la moda britannica. Con una visione globale ma un forte legame con l’arte e il design britannico, condividiamo l’obiettivo di ispirare le nuove generazioni di creativi. Grazie a questa partnership, potremo valorizzare ulteriormente le straordinarie collezioni del V&A e sostenere l’istruzione e l’artigianato in tutto il Regno Unito. Siamo onorati di poter associare il nome Burberry a una delle più importanti gallerie di moda al mondo”. 

Courtesy of Burberry
Courtesy of Burberry

A Parigi la moda in mostra al Louvre  

Invece, il curatore museale Olivier Gabet ha definito il Louvre come un libro-guida universale, un’istituzione culturale imprescindibile, che tutti, prima o poi, imparano a leggere. Non poteva esserci luogo più emblematico, dunque, per aprire le porte alla moda. Dalla fine del secolo scorso a oggi, un crescente numero di studi e monografie dedicati ai grandi protagonisti del fashion system ha arricchito il panorama della ricerca, contribuendo in modo significativo a plasmarne il linguaggio contemporaneo. Fino al 21 luglio 2025, in uno spazio espositivo di 9.000 metri quadrati, le collezioni di Chanel, Balenciaga e Givenchy, tra gli altri, metteranno in luce questo legame indissolubile. I 65 modelli, insieme a numerosi accessori, racconteranno lo stretto dialogo tra la moda e i capolavori del passato, da Bisanzio al Secondo Impero.  
Louvre Couture fa da apripista in una città che si è guadagnata il compito di fare il primo passo verso la grandezza, proprio come avvenne con la prima Exposition Universelle del 1889. Questa volta, però, sono oltre 20.000 oggetti – tra armature, ceramiche e gioielli ancestrali – ad accompagnare il sottile gioco di parallelismi e riferimenti. I collegamenti tra gli oggetti storici e le più recenti creazioni di moda diventano così immediati, pur manifestandosi in diversi gradi di ispirazione: a volte diretti e letterali, altre volte più sfumati e concettuali. L’obiettivo, però, resta invariato: celebrare la venerazione che i creativi hanno sempre nutrito per i musei, diventandone spesso ambasciatori. 

La moda è arte? A New York la risposta è “sì” 

Karl Lagerfeld ripeteva spesso che la moda non era arte, perché apparteneva alla strada, al corpo delle donne e degli uomini. Andrew Bolton, capo curatore del Costume Institute, racconta di aver sentito più volte il Kaiser affermare che la moda non fosse “cosa da museo”. Eppure, la storia recente racconta le contaminazioni surrealiste di Elsa Schiaparelli, quelle rinascimentali di Maria Grazia Chiuri per Dior e le influenze neoplasticiste di Yves Saint Laurent. Le maison Halston e Versace hanno attinto alla Pop Art di Andy Warhol, mentre Moschino, Viktor & Rolf, Jil Sander e Jacquemus all’arte di Picasso. Alexander McQueen ha studiato con passione gli arazzi rinascimentali, Vivienne Westwood l’arte medievale, mentre Christian Louboutin si è lasciato conquistare dalle ceramiche artigianali. C’è poi chi ha costruito un intero archivio ispirandosi all’architettura, come Prada, al cinema, come Valentino, all’iconografia religiosa, come Lacroix, o all’arte del fumetto, come Thierry Mugler. Questo dimostra che, quando si parla di moda contemporanea, si parla inevitabilmente di arte e delle sue infinite declinazioni. Ora che i tempi sono maturi e la democratizzazione ha spalancato le porte al grande pubblico, la moda ambisce a proclamare, dal gradino più alto del podio artistico, il suo ruolo di ponte eccellente tra generazioni e musei. Vuole dimostrare di saper raccontare sé stessa in modo accattivante e innovativo, nonostante sia ultracentenaria. 

La moda al museo supera i suoi tradizionali confini 

Il Costume Institute, il Victoria and Albert Museum, il Palais Galliera e il Museo Nazionale del Costume e della Moda sono solo alcune delle istituzioni culturali nate appositamente per conservare e promuovere la moda, attestandone il riconoscimento come elemento fondamentale del patrimonio artistico e culturale mondiale. Oggi, però, la moda supera i suoi tradizionali confini: comincia ad abitare mondi segreti, si arrampica su nuove mura, si adagia su teche trasparenti in cerca di occhi indiscreti ma curiosi. E soprattutto, si avvicina al senso comune, emancipandosi da chi l’ha sempre voluta elitaria, talvolta elitista. Vista come un mezzo di espressione personale e come una forma di linguaggio visivo, la moda può parlare a tutti, a prescindere dalla classe sociale o dall’età. Il suo inserimento nei luoghi dell’arte sottolinea che non è solo un mezzo per vestirsi, ma una forma d’arte rilevante – al pari della pittura, della scultura e della fotografia – capace di riflettere, interpretare e spesso anticipare i cambiamenti culturali e sociali. 

L'abito Mondrian dress di Yves Saint Laurent, 1965
L’abito Mondrian dress di Yves Saint Laurent, 1965

Arte e moda: una cooperazione virtuosa e foriera di numerosi vantaggi 

Ciò che possono fare arte e moda unendosi senza alcun rapporto gerarchico è straordinario. Insieme, possono stabilire nuove narrazioni visive, educare alla bellezza, conservare e tramandare storie alle nuove generazioni, trovare un linguaggio comune che spieghi la storia fino ad oggi. La loro contaminazione, priva di ogni ordine e grado, consente di abbattere le barriere tradizionali, creando un dialogo in cui entrambe le discipline si arricchiscono reciprocamente, sfidando e ampliando i limiti di ciò che è possibile. Alessandro Michele, direttore creativo di Valentino, scrive nel suo libro “La Vita delle Forme” che “la moda è la segreta arte dei ponti tra tempi e forme di umanità diverse, è lo spazio che permette a tutte e tutti di coesistere e di diventare, almeno per un attimo, contemporanei alla felicità”.  

I set delle sfilate nei musei (e non solo) 

La moda è arte. L’arte è moda. Entrambe si riconoscono nei pepli degli scultori greci, nei cappelli scultorei di Schiaparelli, nelle forme geometricamente metalliche di Paco Rabanne, nel ready-made Duchampiano di Antonio Marras, nella cromofobia di Martin Margiela, nel neo-pop ipercolorato di Van Beirendonck. In ogni slancio estetico e funzionale ci sono entrambe. Una condizione che non riguarda solo gli abiti e le collezioni, ma anche gli spazi in cui vengono presentati. Le location delle sfilate hanno avuto un ruolo cruciale nella definizione del messaggio che il brand intende trasmettere, diventando parte integrante della narrativa. La sfilata di Maison Alaïa all’interno del Guggenheim Museum di New York ne è un esempio. In occasione della sfilata Primavera/Estate 2025, il museo progettato da Frank Lloyd Wright ha ispirato il direttore creativo Mulier nello sviluppo della collezione. I capi, leggeri ed eterei, declinati in tonalità pastello, richiamavano la forma a spirale del Guggenheim. Il senso di libertà e luminosità trovava piena armonia con la grande vetrata centrale dell’edificio, che il creativo considerava un simbolo di innovazione. L’uso predominante del bianco, invece, evocava la purezza di una materia ancora da scolpire.  Lo stesso sposalizio tra moda e arte è stato interpretato da Chanel nel 2018, con una sfilata nell’area egizia del Metropolitan Museum di New York, celebrando l’eternità della moda attraverso un dialogo con le antiche civiltà.  
Analogamente, Louis Vuitton ha trasformato il Museo D’Orsay di Parigi nel suo palcoscenico nel 2022. Più recentemente, per la collezione Cruise 2025, Gucci ha scelto la Tate di Londra e Balenciaga il Museum of Art Pudong di Shanghai. In un élan vital generoso, moda e arte si rivelano potenti discipline estetiche, capaci di unire persone, culture e secoli, lasciando un’impronta nell’immaginario collettivo. 

Marta Melini

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Marta Melini

Marta Melini

Nata e cresciuta in provincia di Bologna, ma da sempre in viaggio per l’Italia. Dopo gli studi in Design e Ingegneria Industriale al Politecnico di Valencia, è tornata in Italia dove ha conseguito prima la laurea magistrale in Fashion Studies…

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