Moda e comunità: muse, atelier e clan che hanno fatto la storia

Dalle muse che circondando gli stilisti, ai brand a conduzione familiare. La moda, al di là del genio individuale, è fatta di comunità creative. Tanto che, in alcuni casi si potrebbe parlare di “clan” e in altri di atelier invisibili…

Spesso, nelle recensioni delle sfilate, la narrazione giornalistica celebra il genio individuale, trasformando i direttori creativi in figure mitiche: re Armani, Kaiser Karl, la Signora Prada. Eppure alcuni brand hanno costruito la loro identità su un senso di appartenenza condivisa, tanto che la stampa li definisce col termine clan. Un richiamo che evoca non solo legami di sangue e dinastie creative, ma anche codici estetici riconoscibili, proprio come i tartan scozzesi identificano le antiche famiglie delle Highlands.

Il designer solitario e le sue muse

Per quanto l’immaginario giornalistico ritragga i fashion designer come artisti isolati, la creatività si nutre di relazioni. Un emblema su tutti è lo stilista Yves Saint Laurent, genio solitario ma circondato dalla cerchia di amiche come Paloma Picasso, Catherine Deneuve e Marisa Berenson. Poi, chiuse le porte dello studio-atelier parigino di Avenue Marceau numero 5, poteva fare affidamento sulle sue muse Loulou de la Falaise e Betty Catroux. Compagne che trascendevano la semplice ispirazione: erano confidenti, collaboratrici e interpreti viventi del suo linguaggio. Invece, negli anni Settanta, Halston creò attorno a sé la comunità delle “Halstonettes”, donne come Pat Cleveland, Anjelica Huston e Elsa Peretti che non erano solo modelle, ma ambasciatrici del suo stile di vita, trasformando ogni apparizione allo Studio 54 di New York in un manifesto estetico.

Comunità creative moda, Ottavio e Rosita Missoni con Angela, Luca, Vittorio, Tania e con i nipoti Francesco, Margherita, Marco, Ottavio jr, Giacomo e Teresa, scatto originale catalogo pe 1993 ph: Alfa Castaldi
Comunità creative moda, Ottavio e Rosita Missoni con Angela, Luca, Vittorio, Tania e con i nipoti Francesco, Margherita, Marco, Ottavio jr, Giacomo e Teresa, scatto originale catalogo 1993, ph: Alfa Castaldi

L’atelier invisibile: la comunità dietro la creazione

Se esiste un luogo in cui la comunità si manifesta in modo concreto, è l’atelier di alta moda. Qui, dietro il nome dello stilista, si cela un collettivo di mani esperte, sarte e première d’atelier che trasformano le idee in realtà. Di recente, alcuni direttori creativi hanno reso visibile questo microcosmo nascosto. Pierpaolo Piccioli, durante il suo mandato da solista alla guida di Valentino (2016-2024), era solito condividere il palcoscenico con il suo team di atelier nei saluti finali delle sfilate, un gesto simbolico che riconosceva il lavoro collettivo dietro ogni collezione. Il documentario Dior and I (2014) di Frédéric Tcheng, invece, racconta l’arrivo di Raf Simons alla guida della maison francese (2012-2015), svelando il ruolo essenziale delle première d’atelier, alcune delle quali vi lavoravano da decenni, tramandando saperi e tecniche. Le scene delle sarte che cuciono perline fino all’alba del giorno della sfilata dimostrano che, dietro ogni abito da sogno, c’è una comunità resiliente. 

Comunità creative moda, Ottavio Missoni, Studio 1974
Comunità creative moda, Ottavio Missoni, Studio 1974

I clan della moda italiana: delle autentiche comunità creative

Un ambito in cui la moda si struttura come i clan scozzesi, è quello delle maison a conduzione familiare. Il prêt-à-porter italiano ha costruito la sua identità proprio su questo modello, dove il legame di sangue diventa un codice stilistico e un metodo produttivo. Tra i tanti nomi possibili, scegliamo due dinastie che hanno tramandato la propria visione attraverso le generazioni, distinguendosi per l’uso del colore e dei motivi grafici. Il primo è Etro, marchio fondato da Girolamo Etro nel 1968, diventato noto per l’uso del motivo paisley, una fantasia scoperta nei viaggi in India e traslata in un’estetica sofisticata e dandy. Chiudiamo con un omaggio a Rosita Missoni, scomparsa di recente, che con il marito Ottavio fondò nel 1953 il marchio reso celebre dai caleidoscopici motivi a zig-zag su maglia. Per i Missoni la famiglia è il fulcro di tutto e le loro vecchie campagne pubblicitarie, che spesso ritraevano figli e nipoti, raccontano la sfera più intima della moda, offerta come gioiosa chiave di lettura del mondo.

Alessandro Masetti

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Alessandro Masetti

Alessandro Masetti

Architetto. Dal 2016 al 2022 è stato curatore delle collezioni di arte e design della Fondazione Giovanni Michelucci, presso la casa studio dell’architetto a Fiesole. Ha curato mostre, pubblicazioni e iniziative culturali sull’opera di Michelucci e il patrimonio architettonico moderno…

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