
Tra le vie di Brera, in una Milano che cambia pelle, resiste un luogo dove il tempo sembra essersi stratificato. Vintage Delirium è più di un negozio: è un archivio vivente, una wunderkammer della moda curata da Franco Jacassi, figura chiave e testimone della rinascita dello stile italiano dagli Anni di Piombo a oggi.
Vintage Delirium. La genesi di un archivio straordinario
Franco Jacassi (Milano, 1945) nasce come gallerista, ma negli Anni Settanta, in piena crisi energetica e sociale, inizia a collezionare capi, tessuti e accessori. Grazie a un incarico editoriale ricevuto da Loro Piana sulla storia della moda maschile, entra in contatto con figure come Gianni Versace, Karl Lagerfeld e Jean-Paul Gaultier, diventando presto una risorsa preziosa per stilisti e aziende. Le sue prime esperienze nascono dal rapporto con i tessutai di Biella, Torino e Prato, in un’Italia che iniziava a ribaltare l’egemonia francese in ambito tessile e creativo. Fu proprio in questi contesti che affinò la sua capacità di osservazione e selezione, ponendo le basi per l’archivio della moda vintage che oggi rappresenta una risorsa insostituibile per la ricerca.










Franco Jacassi, un punto di riferimento per la moda internazionale
Vintage Delirium, in Via Sacchi 3, non è solo una boutique. Al piano terra, capi firmati e pezzi unici si alternano a ricami e accessori storici. Al piano interrato, l’accesso è riservato a chi sa cosa cercare: qui si trovano tessuti mai usati, disegni per stampe, riviste rare e, soprattutto, bottoni. Circa 70.000, raccolti da mercerie dismesse e collezioni private, a partire da un gioco d’infanzia. Jacassi racconta infatti di una madrina sarta, presso cui da bambino iniziò a scoprirli. La sua collezione oggi è una delle più vaste e rare d’Europa: maison come Valentino, Fendi, Louis Vuitton, Dolce & Gabbana e Ralph Lauren si riforniscono regolarmente da Jacassi. Tra i clienti più curiosi, Tom Ford, che ha acquistato abiti di Mariano Fortuny del 1924 usati per ispirare una collezione. Ma non si tratta solo di acquisizioni: la relazione con gli stilisti è fatta di scambi, aneddoti, momenti di studio e ispirazione condivisa.
Franco Jacassi tra mostre, prestiti e collaborazioni iconiche
Oltre a vendere, Jacassi cura e presta i suoi pezzi per esposizioni in tutto il mondo. Tra le più recenti, una mostra su Gianni Versace in Cina e una retrospettiva su Cinzia Ruggeri in preparazione. Alcuni capi non sono in vendita, ma esposti con prezzi volutamente inaccessibili per preservarli.
Le mostre, dice, offrono visibilità e soddisfazione, anche se economicamente sono meno vantaggiose. Tra le sue esposizioni più ambiziose, c’è quella al Museo Mazzucchelli durata sei mesi, con un catalogo contenente oltre 1000 bottoni. Più che semplice fornitore, Jacassi è diventato negli anni una figura curatoriale, capace di interpretare e narrare la moda attraverso oggetti, texture, tagli. La sua è una pratica documentaria, che fonde competenze archivistiche e senso del racconto.












Jacassi, la ricerca e il culto della carta stampata
Si tratta di un personaggio che preferisce la carta stampata ai social network, che vorrebbe delegare al figlio, ma riconosce il ruolo delle nuove piattaforme nel rinnovare il linguaggio del vintage. Il negozio è oggi anche meta di content creator e appassionati internazionali che scoprono nell’archivio un materiale inedito. Tra le sue letture, non mancano saggi storici, volumi di arte, biografie e pubblicazioni fuori catalogo. “La carta non tradisce”, afferma, ribadendo l’importanza della fisicità anche nel sapere. Jacassi conserva riviste introvabili, figurini originali, disegni per tessuti mai andati in produzione: un universo di materiali che rappresenta la memoria viva della moda.
Il futuro del vintage tra sostenibilità e cultura della moda
Jacassi osserva con interesse il rinnovato entusiasmo dei giovani verso il vintage, legato a temi della sostenibilità e alla valorizzazione della storia della moda. Non è raro vedere studenti aggirarsi tra gli scaffali del suo negozio, alla ricerca di un dettaglio, di un taglio, di un tessuto che racconti il passato per ispirare il presente. A suo dire, il vintage è stato sdoganato anche grazie alla sensibilità americana degli Anni Trenta, quando le clienti erano invitate a tramandare i propri capi. Oggi è ecologia applicata alla moda, ma anche pedagogia visiva: studiare un capo d’archivio significa comprendere una tecnica, una visione, un contesto. Jacassi difende un approccio autoriale al collezionismo, dove ogni oggetto è parte di un racconto più ampio, mai riducibile a semplice estetica. Il futuro del suo archivio? Dipenderà dalla volontà dei figli e della nipote, già affascinata dall’universo moda. La speranza è che questa collezione possa trasformarsi in un museo o in una fondazione, rendendo accessibile a tutti una storia che appartiene al patrimonio culturale del Paese.
Alessia Caliendo
Curato da Alessia Caliendo
Foto di Matteo Galvanone
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