I suggerimenti (anche quelli di Google) sono causa di responsabilità
“To google” è diventato un verbo utilizzato per tradurre il ricercare un termine su un motore di ricerca. Ma mettere a disposizione di tutti i contenuti che soggetti terzi pubblicano sul web non è privo di conseguenze legali. Soprattutto quando la relazione e la interazione tra contenuti non è casuale.
Google Inc. è il creatore, titolare e gestore del più noto motore di ricerca del mondo. Per molti è il motore di ricerca privilegiato, principale e forse unico.
Il funzionamento alla base del motore di ricerca è semplice: Google memorizza informazioni di terzi, non proprie, e le restituisce in forma organizzata attraverso i suoi servizi. Per tale motivo si ritiene che non vi sia alcun obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che ritrasmette, né alcuna responsabilità su tali contenuti. Il presupposto necessario è però che il motore di ricerca non sia in alcun modo coinvolto nell’informazione trasmessa o che l’informazione non sia modificata.
Tuttavia, nel corso degli anni, sono stati realizzati una serie di miglioramenti nei motori di ricerca e soprattutto Google ha implementato i servizi offerti agli utenti, l’interfaccia di ricerca e le logiche di interpretazione delle chiavi di ricerca. Uno di questi miglioramenti di interfaccia è identificabile nella funzione di “autocompletamento” che rende più facile la ricerca attraverso “suggerimenti” di combinazioni di parole, frasi ecc. che l’utente potrebbe voler inserire prima che lo faccia lui stesso.
Due fondazioni benefiche hanno presentato reclamo al Tribunale di Milano nei confronti di Google proprio in relazione al servizio di “autocompletamento”, sostenendo che l’interfaccia di ricerca è contenuto di provenienza di Google, non di terzi, e pertanto a tale società imputabili. Poiché il completamento automatico “suggeriva” la ricerca del nome delle fondazioni benefiche assieme a termini offensivi (quale ad esempio “setta”), i ricorrenti domandavano la dichiarazione di responsabilità di Google e il risarcimento dei relativi danni.
Secondo il Tribunale di Milano il contenuto del servizio non è solo materiale creato e proveniente da terzi, presentato senza alterazioni, ma anzi l’algoritmo della funzione di “autocompletamento” è modellato sulla base di precise scelte (segrete, arbitrarie e comunque non verificabili) di Google.
Dunque, con particolare riguardo alle funzioni “Autocomplete” e “Ricerche correlate”, Google non opera come mero intermediario (Internet Service Provider passivo), ma come Internet Service Provider attivo, con la conseguenza che la responsabilità in relazione a tali funzioni è riconducibile alla società che gestisce tali servizi (Google, appunto) sulla base delle normali norme in materia di responsabilità extracontrattuale.
Il meccanismo di operatività del software messo a punto da Google determina il risultato rappresentato dagli abbinamenti che costituiscono previsioni o percorsi possibili di ricerca e che appaiono all’utente che inizia la ricerca digitando le parole chiave. La scelta a monte e l’utilizzo di tale sistema e dei suoi particolari meccanismi di operatività determina (a valle) l’addebitabilità a Google dei risultati che il meccanismo così ideato produce; con la sua conseguente responsabilità extracontrattuale per i risultati eventualmente lesivi determinati dal meccanismo di funzionamento di questo particolare sistema di ricerca.
Estrapolando il principio contenuto nella sentenza, tutti i gestori di siti internet che forniscono meccanismi di ricerca correlata, che accostano informazioni in modo automatico o per chiavi di ricerca sono responsabili per i possibili danni all’immagine e alla reputazione che possano derivare da “accostamenti” sbagliati.
Claudia Balocchini
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