Gli ultimi mesi del 2014 saranno ricordati nell’ambiente videoludico (e non solo) come il periodo in cui è scoppiato quel gigantesco fenomeno ribollente di veleni che risponde al nome di Gamergate. Al centro delle discussioni più violente c’è stato il dibattito sul ruolo sempre più influente delle donne nell’industria dei videogiochi, una questione nata già a partire dai primi Anni Novanta con il cyberfemminismo e cresciuta di pari passo con l’affermazione delle figure femminili in questa comunità.
Rhizome, importante organizzazione e piattaforma online dedicata allo studio e alla preservazione di opere digitali, ha lanciato in quei mesi di dilanianti flame wars una campagna su Kickstarter per conservare e riscoprire il lavoro di una delle figure più eclettiche degli Anni Novanta.
Theresa Duncan, regista, critica e programmatrice di videogiochi scomparsa in circostanze misteriose nel 2007, sviluppò tra il 1995 e il 1998 Chop Suey, Smarty e Zero Zero, titoli sperimentali che prendevano le distanze da quelli che erano i luoghi comuni di un’industria che già in quel periodo tendeva a uniformare le proprie proposte. Questi tre giochi, ormai divenuti introvabili, si rivolgevano soprattutto alle bambine, un target quasi sempre ignorato dall’intera scena videoludica: le meccaniche di gioco erano stimolanti, incentrate sull’esplorazione e la sperimentazione, senza imporre limitazioni costrittive.
Rhizome ha presentato alla comunità di Kickstarter un progetto per rendere questi giochi disponibili gratuitamente online, un’iniziativa che si sarebbe sviluppata nei mesi successivi con un evento pubblico al New Museum di New York e una mostra online dedicata interamente alla sviluppatrice statunitense. La proposta è stata accolta con molto entusiasmo: nell’arco di poche settimane sono stati raccolti i 20mila dollari necessari per avviare l’intero programma, dimostrando come i temi affrontati dalla Duncan siano cocenti anche a distanza di vent’anni.
Filippo Lorenzin
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #24
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